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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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2. Con la divina Madre nel coro dei Padri Trinitari
Il dì 8 dicembre 1815, nell’orazione subito levata, dopo essermi trattenuta due ore circa in profonda umiliazione, per conoscermi meritevole di mille inferni, per la mia scelleratezza, per la mia iniquità, piena di affannose lacrime deploravo le mie colpe, e, rivolta ai meriti di Gesù e di Maria, chiedevo perdono dei miei falli. Ero tanto profondata nel mio nulla, che non mi ritrovavo; quando ad un tratto fui sopraffatta da perfetta quiete; dalla quiete lo spirito passò ad un riposo dolcissimo. In questo tempo mi parve di essere trasportata nel coro dei Padri Trinitari; trovai quei buoni religiosi in orazione, stava il mio spirito in qualche timore, perché non mi pareva conveniente trattenermi qui, ma fui dal mio Angelo custode obbligata a rimanere, per vedere quanto era per seguire. Obbedì umilmente il mio spirito, in un angolo del coro dei religiosi trinitari si trattenne il mio spirito, quando improvvisamente vedo aprire una finestra del coro, volgo lo sguardo e vedo come aprirsi il cielo, e dalla sommità di esso vedo scendere molti Padri Trinitari, che per mezzo della suddetta finestra si introducevano nel loro coro. Vennero questi ad occupare i loro posti, oggi già vuoti; occupati che furono da questi i posti, vedo dall’alto dei cieli scendere altri Padri Trinitari, e con loro i santi patriarchi che, pieni di gaudio, conducevano la divina madre, Maria santissima, corteggiata da immenso stuolo di Angeli. L’eccelsa regina si fece vedere in mezzo al coro, piena di amore e di affetto verso i tre religiosi viventi; non sto qui a dire quale onore, quale omaggio le rendessero tutti quei santi religiosi, che erano scesi dal cielo, né il cortese ricevimento che le fecero i santi fondatori, compiacendosi di renderla padrona del loro santo Istituto. Le tributarono onore e gloria, qual celeste loro sovrana, tutti dunque le facevano applauso. I santi patriarchi si degnarono di presentare i tre religiosi viventi a questa sovrana signora; e lei, tutta amore, tutta carità verso i tre suddetti religiosi, li chiamò a sé; e, fattili a sé avvicinare, prese nelle mani un bellissimo vaso, lo accostò con somma modestia al suo petto verginale, ne trasse il prezioso suo latte; distesa poi la sua mano destra; ne dette a gustare ai tre religiosi suddetti, che, prostrati ai suoi piedi, se ne stavano tutti contenti. Nel somministrare loro la preziosa bevanda, diceva la divina Madre: «Prendete, miei cari figli, questa vi libererà dalla venefica infezione». Il mio spirito, nel vedere che quei buoni religiosi erano stati favoriti dalla divina Madre con tanta cortesia, anche io, animata da filiale speranza, desideravo ricevere grazia dall’eccelsa regina; a questo oggetto mi raccomandavo caldamente ai santi patriarchi, ma questi mi fecero intendere che quello non era né tempo né luogo. A questa notizia il mio spirito si umiliò profondamente; in questo tempo mi parve di vedere che quei religiosi, che erano scesi dal cielo, si mettessero in ordine di processione, e con torce accese nelle loro mani, condussero l’eccelsa regina nella loro chiesa. Allora i santi patriarchi mi dissero che questo era il tempo che potevo dalla divina Madre ottenere quanto bramavo. I santi gloriosi si degnarono di presentare al suo trono le mie suppliche, stava la divina Madre all’altare maggiore, scortata da moltitudine di Angeli, assisa se ne stava in ricco seggio, circondata da splendidissima luce. La povera anima mia, annientata nel suo nulla, trema qual foglia, che da impetuoso vento viene dibattuta; non osavo accostarmi, benché la divina Madre amorevolmente mi guardasse, e i santi patriarchi mi facessero coraggio; piangevo dirottamente, ricordandomi la mia infedeltà: «E come», dissi, «io potrò accostarmi alla divina Vergine, se mi trovo colpevole? Ah Madre santissima», esclamai, «lasciatemi partire! Troppo disonore faccio al vostro puro cuore!».
Piangendo dirottamente ero sul punto di partire, ma la pietosa Madre non mi permise di partire: «Figlia», mi disse, «non paventare; quello che perdesti per colpa, riacquistasti per grazia; vieni a me liberamente». Alle parole amorose ed insieme autorevoli di questa Vergine e Madre, la povera anima mia fu sopraffatta da viva speranza; invece di partire, mi prostrai ai suoi santissimi piedi, ma in lontano, senza avvicinarmi. La divina Madre, vedendo il mio timore, ordinò ai santi patriarchi che a lei mi conducessero. La povera anima mia non si oppose; ma, avvalorata da viva fiducia, mi presentai a lei umilmente e rispettosamente. Sentivo tanto amore verso di lei, che mi cagionava nello spirito un gaudio, una letizia che mi faceva esultare, porgevo dunque a lei i miei più cordiali ringraziamenti, e fra le altre espressioni che le faceva il mio povero cuore, una era questa: «Madre», le diceva, «Madre pietosa, Madre amorosa; tutti i giorni miei, cara Madre, a voi li devo». A questa espressione l’anima mia aveva cognizione particolare di tutte le grazie che questa divina Madre mi ha compartite in tutto il tempo della mia vita passata; l’anima mia a questa cognizione si accendeva di santo amore verso di lei, e dall’amore e dal gaudio non potevo più contenere me stessa: disciolta e liquefatta la povera anima si era alla sua presenza. La divina Madre si compiacque di vedermi così amante di lei: «Figlia», mi disse, «prendi questo mio latte, questo ti renderà forte nei travagli, costante nei pericoli, sicura nella morte». Lei stessa, con le sue santissime mani, per mezzo di ricchissimo vaso, mi fece gustare una dolcezza di paradiso. Dopo aver goduto un bene inarrabile, desiderai di far comune a tutti grazia così particolare, particolarmente quelle persone che mi usano della carità. La supplicai, dunque, di concedermi la grazia; la divina Madre, tutta amore, a me rivolta, mi disse: «Prendi nelle tue mani il vaso, ma avverti che nessun cuore immondo a questo si appressi». «Ah, Madre», io le dissi, piena di santo timore, «ritenete pure il vaso nelle vostre santissime mani, perché io non ho tanta cognizione di conoscere quali siano i cuori immondi di cui mi parlate. Ritenete, dunque, nelle vostre santissime mani il vaso, che io vi pregherò perché vi degniate di farne gustare a quelle anime che le professo tante obbligazioni». Pregai dunque per diverse persone, che credo bene di non nominare, e anche queste ebbero la bella sorte di gustare il prezioso suo latte; ma non a tutti quelli che raccomandai potei ottenere la suddetta grazia. La divina Madre non acconsentì che tutti gustassero di quel prezioso liquore, ma ciò nonostante si degnò di benedirli tutti, compartendo loro una particolare ispirazione, secondo il loro bisogno, per ravvedersi dei loro errori; poi si degnò di alzare la sua mano destra per benedire tutti, e disparve, lasciando nel mio cuore un paradiso di contento, che mi tenne tutto il resto della giornata, e buona parte della notte, assorta in Dio.
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