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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
50 – VITTIMA DI RICONCILIAZIONE
Dal dì 8 novembre, giorno del mio ritorno da Albano a Roma, tutto il dì 24 gennaio 1820, giorno nel quale, per ordine del mio padre spirituale, per mezzo della santa obbedienza offrii all’eterno divin Padre, unitamente agli infiniti meriti del suo santissimo Figliolo Gesù Cristo, che si degnasse ricevermi qual vittima di riconciliazione, per bene della santa Chiesa e dei poveri peccatori, offrendomi di patire qualunque pena, qualunque travaglio per ottenere la grazia della riconciliazione di Dio con gli uomini, mentre chiaramente si vede che Dio è fortemente sdegnato con noi, per i tanti peccati che si commettono, che è un puro miracolo dell’infinita sua bontà, che non subissi ogni momento tutto il mondo per i gravi delitti e grandissime indegnazioni, che in essi si commettono dalla maggior parte degli uomini. Per mezzo dunque della santa obbedienza mi offrii. Fatto questo sacrificio di tutta me stessa, mi pareva di vedermi d’intorno balenare la divina giustizia, e quasi con fulmini del suo giusto rigore volesse incenerirmi. Mi pareva che mi si aprisse la terra sotto i piedi per ingoiarmi; mi mareva ad ogni momento che lo sdegno di Dio volesse vendicare contro di me il suo giusto furore. In questa angusta situazione, piena di timore e di afflizione ricorrevo alle sante orazioni, ora offrendo il sangue prezioso di Gesù crocifisso, ora gli infiniti suoi meriti. Mi nascondevo nelle piaghe amorose di Gesù Cristo, per non patire il rigore della divina giustizia, che cercava da me soddisfazione per l’offerta che avevo fatto. In stato così afflittivo, domandai al mio padre spirituale se questa offerta, che mi aveva fatto fare, fosse stata da lui raccomandata prima al Signore. Il suddetto mi rispose che stessi pur quieta che quanto mi aveva comandato lo aveva fatto per puro impulso di Dio, dopo maturo consiglio e molte orazioni. Questa notizia mi servì di un grande conforto. Il suddetto mio padre spirituale mi diede molto coraggio e mi assicurò essere questo mio povero sacrificio molto grato a Dio. Fu molto sensibile questo improvviso cambiamento alla povera anima mia, mentre erano passati quasi tre mesi che, per la grandissima quiete di spirito che godeva, alle volte non sapevo se più abitassi la terra o il cielo. La continua presenza di Dio, la familiarità che godevo con lui, i suoi frequenti favori, le sue amorosose visite, i suoi castissimi abbracciamenti, per mezzo delle sante unioni, i rapimenti di spirito che il più delle volte per la forte violenza della grazia con cui Dio toccava la povera anima mia, faceva prova di lasciare il corpo per andare rapidamente al suo Dio, che si degnava così fortemente chiamarmi, per mezzo della sua santa grazia, il corpo faceva prova di andare appresso allo spirito, e alle volte mi trovavo, quando tornavo nei sensi, che il mio corpo si posava in terra e mi avvedevo che in quel tempo si era sollevato da terra. Fu al certo molto sensibile l’improvviso cambiamento, per l’offerta fatta il dì 24 gennaio 1820, come già dissi di sopra. Assicurata che fui dal mio padre spirituale, che la povera mia offerta era stata molto gradita dall’eterno divin Padre, per sua infinita bontà, si degnò Dio di accertarne anche la povera anima.
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