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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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2. Lo sdegno di Dio
Riprendo il filo, e dico che dal 14 gennaio 1820, dopo fatta la suddetta offerta, molti sono stati i patimenti interni ed esterni che ho sofferto in questi tre mesi di febbraio, marzo e aprile, ma con la grazia di Dio tutto ho superato con pazienza e rassegnazione. In questo tempo mi sono esercitata nella santa virtù della mortificazione, silenzio, ritiro, raccoglimento e frequenti orazioni, e penitenze, per quanto mi si permettevano dal prudente mio direttore, che vedendomi indebolita di forze e inferma nel corpo, che questi tre mesi suddetti, per molti incomodi non sono che tre volte sortita da casa, e per molti giorni ho guardato il letto, tanto era il male che soffrivo, con tutto questo male mai ho lasciato di fare la santa Comunione. La mattina mi alzavo e andavo nella mia cappella, sentendo la santa Messa. Facevo ogni giorno la santa Comunione. Il più delle volte mi favoriva il mio padre spirituale a celebrare la santa Messa. Il giorno di san Giuseppe, il dì 19 marzo 1820, dopo la santa Comunione, che ricevetti nella mia cappella dalle mani del mio padre spirituale, che celebrò la santa Messa, fu sopraffatto il mio spirito da uno straordinario favore. Dio mi trasse dai propri sensi lo spirito, fui alienata dai sensi e il mio corpo restò qual cadavere immobile, senza quasi respirare e senza che i polsi dessero segni di vita. Questo seguì per lo spazio di circa nove ore. Dopo il suddetto tempo rinvenni un poco e per buoni tre giorni il mio spirito restò sopito, senza distinguere le cose sensibili della terra. In questo tempo fu al mio spirito, per mezzo di intellettuale cognizione, mostrato il grande castigo che Dio è per mandare sopra la terra, per le grandi iniquità che si commettono dalla maggior parte degli uomini. Oh quale spavento, oh quale orrore ne ebbe il povero mio spirito! Mi fu mostrato il braccio onnipotente di Dio che armato stava di forte e pesante flagello, per momentaneamente scaricarlo sopra di noi, miseri mortali. In questa afflittiva situazione vedevo l’umanità santissima di Gesù Cristo, che impediva al suo divino Padre di scaricare il funestissimo colpo, dove quasi tutti gli uomini sarebbero periti sotto sì spietato flagello. La povera anima mia, per il grande spavento di vedere lo sdegno di Dio, piena di santo timore, era tutta profondata in me stessa ed umiliata fino all’intimo del mio nulla, dal profondo del quale, con abbondanti lacrime ed infuocati sospiri chiedevo misericordia, offrendo di tutto cuore il sangue preziosissimo di Gesù e gli infiniti suoi meriti all’eterno divin Padre, acciò si degnasse di palcare il suo giustissimo sdegno, irritato contro di noi, infelici peccatori.
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