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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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1. Vidi la Chiesa tutta in soqquadro
La maggior mia pena fu di vedere la Chiesa di dio tutta in soqquadro, tutta sbaragliata e dispersa, per l’infedeltà dei sacri ministri, che dovrebbero sostenerla a costo del proprio sangue, ed invece la tradiscono col sostenere le false massime del mondo, col lasciarsi guidare dalla politica mondana. Sdegnato Dio di questa loro infedeltà, aveva decretato di traslare altronde la cattedra infallibile della verità di Chiesa santa. Sdegnato mi si fece vedere il grande apostolo san Pietro, zelatore dell’onore di Dio, e Paolo santo quale guerriero unito alle milizie angeliche traslatar voleva dalla inefanda città di Roma la cattedra di san Pietro. E come potrò mai ridire quale pena, e quale afflizione mai recasse al povero mio spirito determinazione così tragica e sì luttuosa per il cristianesimo? Piena di mestizia e di dolore, appena potevo sostenere l’afflitto mio corpo e l’abbattuto mio spirito per l’accaduto fatto, che mi portai dal mio padre spirituale, e piena di lacrime gli comunicai quanto nelle orazioni mi era accaduto. Sentendo il notato padre tutto il racconto per estensum, fattomi varie interrogazioni, mi fece coraggio e mi disse che stessi quieta, mentre credeva che questa fosse una illustrazione del Signore alla quale io dovevo corrispondere con fedeltà, perciò mi comandò di pregare caldamente e con tutto il fervore l’altissimo Dio, acciò si degnasse, per mezzo della umanità santissima di Gesù Cristo, di lasciarmi la libertà di pregare per la santa Chiesa, acciò non fosse dispersa così, e che non avesse permesso di traslatarla, ma che avesse dato luogo alla sua misericordia, e non avesse privato questa povera città di Roma, benché immeritevole, di possedere tesoro sì santo, qual è la cattedra di san Pietro. Avvalorata la povera anima mia dall’obbedienza del mio padre spirituale, mi presentai all’orazione, con sommo rispetto e riverenza mi misi alla presenza di Dio, umiliandomi profondamente e annientandomi in me stessa, così presi a parlare con l’eterno mio Dio: «Amorosissimo mio Signore, padrone assoluto del cielo e della terra, ecco prostrata ai vostri piedi santissimi la creatura più vile che abita la terra, riconoscendomi affatto indegna delle eterne vostre misericordie, mi conosco meritevole di mille inferni, per i miei gravi peccati ed enormi ingratitudini che ho commesso contro di voi, sommo mio bene, ciò nonostante questa grande verità, che io confesso di avervi offeso e strapazzato, mio amorosissimo Dio, supplichevole mi presento al vostro augusto trono, e col cuore tremante e con la bocca sulla polvere mi prostro d’innanzi alla vostra divina maestà, e benché conosca che sono terribili i vostri eterni giudizi, ciò nonostante mi fo coraggio di pregarvi, benché voi, mio Dio, mi abbiate manifestato di sdegnare questa preghiera.Perdonate dunque il mio ardire, e per gli infiniti meriti nel vostro santissimo Figliolo, permettetemi di pregarvi, mentre voi sapete l’obbedienza che mi ha imposto il vostro ministro, mio padre spirituale.Per l’amore che voi portate a questa santa virtù, degnatevi di esaudirmi, mio Dio, non sdegnate di esaudire la povera mia preghiera mentre intendo di unirla alla preghiera del vostro santissimo Figliolo, quando dall’albero della croce vi pregò per i suoi crocifissori: Pater, dimitte illis non enim sciunt quid faciunt, parola degna dell’infinita carità del vostro eterno amore. Affidata dunque a queste parole dell’eterna Sapienza, io mi rivolgo a voi, eterno mio Dio, e piena di fiducia, mi faccio ardita di pregarvi per i bisogni di santa Chiesa e per tutti i poveri peccatori, ed in discolpa di questi miserabili, che non sanno quello che si fanno, offendendo la vostra divina maestà. Io, da miserabile peccatrice qual sono, vi presento la povera mia preghiera in unione di quella preghiera che vi fece il vostro santissimo Figliolo. Sì, eterno mio Dio, non sdegnate di esaudirmi, ché io, qual vittima di espiazione e di riconciliazione, mi offro di patire ogni sorta di patimenti, unitamente agli affanni gravosissimi che ha sofferto il vostro santissimo Figliolo».Con molte lacrime, gemiti e sospiri, ripetevo con fervore eccessivo e con ardente amore la medesima preghiera.
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