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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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3. Tu sei per me spada, scettro e corona
Fatta la suddetta preghiera, dette queste ultime parole, con viva fede, speranza e amore ardente, con profluvio di lacrime che a larga copia dagli occhi versavo, parte per il grave timore di vedermi perseguitata dalla divina giustizia, parte per il grande amore che sentivo verso Dio, compiacendomi di essere ancora da lui perseguitata, per dargli piacere, e così soddisfare pienamente la sua santissima volontà. Piangevo ancora per vedermi assicurata nel cuore amorosissimo di Gesù Cristo, in questa piaga santissima l’anima mia si abbandonò, godendo una perfetta calma si sopì tutta in Dio, e dolcemente riposò nella speranza, nella fiducia che le comunicava il medesimo Dio. Dopo essermi così dolcemente riposata ed insieme ricreata nell’amor santo di Dio, se ne stava il mio spirito in una perfetta tranquillità, godendo un intimo raccoglimento di tutte e tre le potenze dell’anima le quali stavano in perfetto silenzio tutte riposate ed intimamente unite in Dio; mentre stavo in questo perfetto e dolce riposo, così mi parlò Dio, a mia confusione ben grande, ecco le sue parole che per obbedienza le scrivo, profondata nel proprio mio nulla. «Figlia», mi disse, «diletta mia, amica mia, sposa mia, riposa in pace, non temere il furor dei tuoi nemici, chi ti potrà nuocere, chi ti potrà sovrastare, se io sono con te? Tu sei spada al mio fianco, sei scettro nella mia mano, sei corona nel mio capo...» A queste misteriose parole, si destò il mio spirito, senza però alterare la pace e la tranquillità che godeva, più col sentimento del cuore e con l’affetto dell’anima andavo nella mia mente considerando e contemplando le suddette misteriose parole.
«Mio Dio», diceva, «verità infallibile, come? io spada al vostro fianco, io scettro nella vostra mano, io corona nel vostro santissimo capo?». E con lacrime abbondantissime, mi umiliavo profondamente: «Mio Dio, io che sono la più indegna peccatrice che abita la terra e non merito che dal vostro augusto trono gettiate neppure un’occhiata sopra di me?». E piangendo dirottamente, mi trovai molto umiliata e mortificata, perché non distinguevo il senso delle suddette misteriose parole; ma un raggio di eterna luce rischiarò la mia mente e mi fece bene intendere il significato delle misteriose parole; e così tutta mi consolai ed ecco il sentimento che ne ebbi: «Le parole che udisti non tendono che alla mia gloria, mia diletta figlia, non ti rammaricare in te stessa, tu dubiti di troppo inoltrarti, hai ragione, l’umile tuo sentimento mi dà piacere, ma il tuo soverchio timore nasce perché non sai interpretare il giusto senso delle mie parole, ma riflettile bene, perché per mezzo della mia grazia, nel giusto senso le comprenderai». E difatti così fu. Conobbi chiaramente che la spada a nulla vale per se stessa, se non quando è impugnata da una mano guerriera, che la sappia adoperare; uno scettro a cosa serve? solo si stima in mano di un potente sovrano; cos’è per se stessa una corona, nobilitata viene allor quando il sovrano lascia che cinga il suo capo regio o imperiale; sicché vengono questi ornamenti medesimi a nobilitarsi, ad ingrandirsi, per la nobiltà del personaggio che si degna di usarli. Persuasa di questa verità, mi compiacqui altamente in Dio e nella medesima sua grandezza, compiacendomi e sprofondandomi nella mia bassezza, confessando con straordinario giubilo di essere un nulla dinanzi al cospetto di Dio, come ancora al cospetto del cielo e della terra, e di tutti gli uomini. Qual consolazione rechi alla povera anima mia la cognizione di questa verità, non mi è certo possibile poterlo spiegare, perché l’anima allora si trova nella vera sua proprietà e vera cognizione quando con giustizia conosce e confessa essere un vero nulla, e così viene a rendere tutto l’onore e la gloria all’immenso, all’incomprensibile Dio, per il quale la povera anima mia si strugge d’amore in lacrime per la compiacenza di conoscere il bene sommo che è Dio e in Dio.
Dal giorno 8 dicembre 1821 fino al giorno 23 del medesimo mese, il mio povero spirito l’ha passati in gravi patimenti ed affannose pene; ma queste medesime pene erano alleggerite dai conforti che mi venivano, di tratto in tratto, somministrati dalla grazia del Signore, specialmente nella quotidiana santa Comunione, assicurandomi Dio della sua speciale protezione e del suo aiuto, in tutti i miei travagli ad afflizioni di spirito di cui ne andava ricolmo. Così restava consolato e fortificato il mio spirito in tante e sì acerbe pene.
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