Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 68 – IL PURGATORIO SI SPOPOLÒ
      • 1. Mi fece arbitra delle sue misericordie
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

68 – IL PURGATORIO SI SPOPOLÒ

 

1. Mi fece arbitra delle sue misericordie

 

Prendo a raccontare il fatto, lasciando per un momento il mio spirito in quella situazione poc’anzi detta, mentre questo fatto che sono per raccontare seguì immediatamente dopo il surriferito favore.

Quasi come a Dio non bastasse la dimostrazione della sua grande carità verso la povera anima mia, gliene volle dare un’altra prova, per sempre più confonderla ed umiliarla.

Ecco che in mezzo a quella luce inaccessibile vedo un masso d’oro e d’argento, quanto mai bello, tutto lavorato con intagli e lavori finissimi, conoscevo benissimo esser questa opera del divino artefice; una cosa così bella che io non so descrivere, il mio spirito restò estatico e pieno di stupore nel vedere cosa così sorprendente e bella.

Questo bellissimo masso d’oro e d’argento finissimo e lucidissimo, era ancora intarsiato di pietre preziosissime, questo masso d’oro era fatto a forma di altare triangolare, ma non so se altare possa denominarsi, non so spiegarmi altrimenti, non so dire di più. Questo non aveva alcun ornamento né di fiori, né di candelieri, ciò nonostante era in tutto così maestoso e bello che non si può spiegare, rendeva devozione, rispetto, venerazione e stima.

Nel tempo che il mio spirito stava tutto ossequioso, umiliandosi profondamente avanti al suo Dio, ecco, in questo tempo, tre principi della corte celeste, con tre incensieri, che vennero ad incensare con profondo rispetto quel sacro altare.

Il loro incenso tramandò tanto odore soave, che l’anima mia, dalla grande fragranza del celestiale odore, mancò e cadde in amoroso deliquio. Mi sentivo in questo tempo stemperare il cuore di puro e santo amore, mi rivolgevo verso il mio Dio, e con dolci espressioni gli mostravo il mio amore.

Quando rinvenni da questo amoroso e santo deliquio, senza avvedermene senza mia volontà, sopra quell’altare mi trovai, tutta circondata da quel fumo di incenso di soavità ripieno. La povera anima mia, in mezzo a questa magnificenza, sentiva viepiù accrescere in me stessa il lume di propria cognizione, sicché mi umiliavo viepiù, e dolcemente mi lamentavo, con l’amato mio bene, che tanta confusione mi facesse provare col tanto innalzarmi senza alcun merito, quasi come se ne trovasse offesa.

A questi sentimenti dell’anima, Dio corrispondeva con somma compiacenza, e la tirava a sé con tanta forza e violenza, questo seguiva per mezzo di una luce inaccessibile e tanto penetrante che ad un tratto tutta mi assorbiva e intimamente a sé mi univa, e così veniva l’anima mia a perdersi in Dio, perdendo la sua proprietà.

Terminata questa divina unione tornai alquanto in me stessa, senza perdere il grande bene che godevo ancora nell’anima; in quel momento ricordai che si dava principio in quella santa giornata all’ottavario dei fedeli defunti, mi rivolsi con somma premura ed impegno verso il mio Dio e lo pregai con fervente preghiera e con calde lacrime ad usare misericordia con le anime defunte. «Mio Dio», gli dissi, «degnatevi di darmi la chiave di quell’orrido carcere, come altre volte vi siete degnato darmi, perché io sento un desiderio grande di scarcerare dal purgatorio quelle anime sante, vi supplico di questa grazia per gli infiniti meriti della vostra passione e morte».

Questa offerta bastò per ottenere la grazia, per essere di valore infinito. All’istante il mio Dio, per sua infinita bontà, si degnò concedermi quanto bramavo, mi fece arbitra delle sue misericordie; ma l’anima, in luogo di approfittarsi liberamente della grazia, domandava al suo Dio, con umile sentimento, cosa doveva fare, e non ardiva neppure alzare gli occhi della mente, ma mi trattenevo genuflessa avanti al suo divino cospetto, trovandami ancora sopra del detto altare, il quale altare, se non erro, mi pare che sia denotato il dono dell’orazione.

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

IntraText® (V89) Copyright 1996-2007 EuloTech SRL