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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 68 – IL PURGATORIO SI SPOPOLÒ
      • 4. Sopra un altissimo monte
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4. Sopra un altissimo monte

 

Portato il mio spirito da queste riflessioni, venivo a patire un male tanto eccedente, che mi faceva patire l’anima e il corpo, che credevo di finire la vita, per l’interna angustia non potevo più reggermi in piedi, se non a grave stento e fatica; passavo le ore intere nel mio oratorio, semiviva e posso dire quasi morta, avevo fatto il viso cadaverico, che faceva pena a chi mi guardava, conoscevo benissimo che non potevo più reggere; ma, come a Dio piacque, per sua bontà, per non vedermi perire in siffatta angustia, trasportò il mio spirito in un altro monte più eminente e molto più separato da questo mondo sensibile, che il mio spirito trasportato che fu in questo luogo, al momento ne perdette affatto l’idea funesta, questo mi seguì la notte del Santo Natale 25 dicembre 1822.

Questo monte altissimo, dove si trova il povero mio spirito, come già dissi, per averlo condotto Dio di propria mano, questo monte dunque, lontano dai rumori del mondo, e per la sua eminenza l’anima si trova vicina a Dio, si trova spogliata affatto di ogni sua proprietà, unita perfettamente alla volontà divina, che in questa sola volontà del suo Dio trova tutta la sua compiacenza, tutto il suo gaudio, tutta la sua felicità e in questa dolcemente riposa.

In questo santo monte 1’anima non soffre né tentazioni, né concepisce alcun desiderio, ma solo tiene il suo sguardo fisso in Dio, pascendosi, deliziandosi nella sua santissima volontà.

In questo santo monte la povera anima mia era illuminata, confortata e favorita da Dio con particolari favori; ma tutto questo grande bene seguiva in me con grave patimento di spirito, e con grande detrimento della mia salute temporale, perché questa sorta di orazione, per essere soprannaturale, l’anima mia tanto si assottiglia per la celeste penetrazione, che Dio le comparte, che lo spirito, portato dalla divina intelligenza, penetra fuori di ogni idea naturale e così viene a patire moralmente e fisicamente l’anima e il corpo; ma questo patire è di tanto gaudio e di tanta consolazione all’anima e al corpo, che altamente me ne compiaccio e ne rendo le dovute grazie al mio Signore.

Pativo con straordinario giubilo, trovandosi così occupato il mio spirito con il suo Dio, non avevo più quella sollecitudine di pregare per i peccatori.

 




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