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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 68 – IL PURGATORIO SI SPOPOLÒ
      • 5. Vi comando di pregare per i peccatori
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5. Vi comando di pregare per i peccatori

 

Detti ragguaglio al mio padre spirituale di quanto seguiva nel mio spirito, e la nuova situazione in cui aveva Dio, per sua bontà, posto l’anima mia; gli dissi ancora che trovandosi l’anima, in questo alto monte, tanto occupata per se stessa in Dio, non sentiva più quel forte impegno di prima per i peccatori, avendo in questo santo luogo perduto affatto la memoria di tutte le cose sensibili della terra, e di tutte le sue miserie spirituali e temporali.

Il mio padre spirituale, prudentemente, così mi rispose: «Non mi fa meraviglia che in questa situazione non vi ricordiate le miserie della terra, né le cose sensibili di essa, né le offese che si fanno a Dio, questo lo comprendo, e ne conosco la giusta cagione, ciò nonostante io vi comando che preghiate per i poveri peccatori. Ditelo a Gesù Cristo che questa è l’obbedienza che vi impone il vostro padre spirituale, ditegli che vi dia grazia di obbedire».

Io gli risposi: «Padre, questa preghiera porta con sé il sacrificio, perciò io, da miserabile quale sono, mi offrirò a patire per la conversione dei peccatori».

Mi rispose: «Non voglio assolutamente che voi vi offriate a patire volontariamente, la sola preghiera dovete fare, badate bene di non offrirvi a nessun patimento senza il mio permesso; dite a Gesù Cristo che voi non avete licenza di fare nessuna offerta di voi medesima».

Io gli risposi: «Farò quanto mi comanda vostra paternità».

Secondo il solito, mi ritirai nel mio oratorio e mi posi in orazioni. Stando in mezzo ad un interno raccoglimento, era il mio spirito tutto assorto in Dio, quando così presi a parlare con il mio Dio: «Mio Dio, mio Signore, assoluto padrone del cielo e della terra, mio Creatore, mio Redentore, in cui credo fermamente e spero dalla vostra infinita bontà il perdono di tutti i miei gravissimi peccati; ah Signor mio, Dio mio, degnatevi di perdonare ancora tutti i poveri peccatori, fratelli miei, vi raccomando la santa Chiesa».

Con questa, ed altre espressioni pregai per i bisogni di santa Chiesa e per i peccatori. Fatta la preghiera, l’anima mia si sopì in Dio. Stando in questo dolce riposo, mi furono presentati molti travagli, croci e tribolazioni e mi fu fatto intendere che se volevo ottener grazie per la santa madre Chiesa e per i peccatori dovevo assoggettarmi a patire.

L’anima ricordevole di quanto mi aveva detto il mio padre spirituale: «Mio Dio», dissi, «ben volentieri mi assoggetterei a qualunque patimento, ma voi lo sapete che l’obbedienza mi proibisce di offrirmi a patire».

Così intesi rispondermi: «Lo so che il tuo direttore te ne ha fatto il divieto, ma sappi però che questa obbedienza non ti assenta di fare la mia volontà, alla quale tu sei tanto unita e congiunta».

A queste parole l’anima mia si umiliò profondamente, e tutta si rassegnò alla divina volontà.

Riferii al mio padre spirituale quanto mi era accaduto nelle orazioni, il quale così mi rispose: «Non vi è dubbio che quanto io vi ho comandato non toglie che voi dobbiate adempiere la volontà di Dio, Lui sa perché vi ho fatto questo comando, io non mi oppongo, fate dunque la volontà di Dio, che sono contento».

Questa fu la determinazione del mio padre spirituale che prese sopra dell’anima mia di abbandonarla al divino beneplacito. Staremo a vedere cosa Dio determinerà, e a suo tempo ne darà riscontro.

 

 




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