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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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69 – HO PERDUTO IL MIO DIO!
Dal dì 25 fino al dì 31 dicembre 1822, il mio spirito è stato godendo in questi sei giorni un bene molto grande, mentre l’anima, in questo altissimo monte, godeva la vicinanza di Dio, sempre fisso teneva il suo sguardo in Dio, per ogni dove mi volgevo, trovavo il mio amorosissimo Dio, era sempre presente a me in una maniera molto particolare. Oh cara mia sorte, oh degnazione ammirabile di un Dio amantissimo dell’anima mia! Trattenersi con me? trattenersi dentro di me! fuori di me, e di tutta circondarmi ed unirmi in qualche maniera alla sua immensità, che posso dire, senza alcun dubbio, che in questi sei giorni il mio spirito fu tutto assorto in Dio, senza capire le cose sensibili della terra, tanto era l’anima mia occupata e fissa in Dio, che i sentimenti del corpo erano tutti attratti in maniera che quel poco che agivo non era che per abito, sebbene in questi casi me la passo tutta la giornata e buona parte della notte, nel mio oratorio privato, senza farmi vedere, fuori di un caso di necessità e occorrenza della propria famiglia, secondo l’obbligo del mio stato. Passati i suddetti sei giorni, tutto ad un tratto mancò questa bella vista e tutto questo grande bene che godeva l’anima mia, e mi trovai in un momento tutta ricoperta di folte tenebre, senza più distinguere dove mai io fossi, dove mai io mi trovassi. Qual pena sentivo in me, più non vedevo il mio carissimo Dio, piangendo dirottamente, lo cercavo e non lo trovavo. «Oh mio Dio, quale inaspettato avvenimento è questo per me», dicevo, «quando meno me lo aspettavo, voi vi siete partito da me. Oh bel sole di giustizia, parevami al certo di essere tutta inabissata nel vostro divino splendore, e che mai potessi più perdervi di vista, speravo di avervi trovato per non perdervi mai più, mio Dio, e come mai in un tratto sono passata della luce inaccessibile alle più folte tenebre. In questo buio io niente vedo, niente distinguo, sento opprimermi il cuore, mio amorosissimo Dio, deh per pietà, datemi aiuto, soccorso per carità. Ma viepiù la pena a dismisura opprimeva il mio cuore e il santo amore faceva amoroso scempio di me. Andavo per sollevare la mente verso il mio Dio, e ne ero respinta; piangevo amaramente, riconoscendomi meritevole di questo castigo. Cresceva in me il desiderio di ritrovare il mio Dio, e viepiù si addensavano le folte tenebre, e così sempre più si faceva maggiore la mia pena; in questo stato così afflittivo ricorsi alle sante virtù della fede, della speranza, della carità, con molto fervore dicevo: «Oh sante virtù, voi additatemi il mio Gesù, io ho perduto il mio Dio, per mezzo vostro io lo voglio ritrovare; Gesù mio, voi mi avete meritato queste sante virtù con lo sborso del vostro preziosissimo sangue, dunque comandate a queste sante virtù che favoriscano la povera anima, non vedete in che stato deplorabile io sono ridotta? Gesù mio, spero certo da voi questa grazia».
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