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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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4. Vedo una città bella e magnifica
Erano passati quaranta e più giorni che l’anima mia si trovava ancora in quel sopraddetto recinto dove Dio l’aveva posta, un giorno, all’improvviso, vedo uno splendore che mi sollecitò a fissare lo sguardo alla sommità del cielo. Quanto vedo, con sommo mio stupore, una città quanto mai bella e magnifica. L’atrio, ossia lo spiazzo vastissimo, che conduceva a quella santa città, era di tersissimo cristallo. Le mura erano altissime, alla sommità delle quali vedevo tre lucidissimi cristalli in forma di tre occhi, i quali avevano la loro corrispondenza nell’interno, nella gloriosa magione, dove la povera anima mia sempre fisso teneva il suo sguardo, aspirando e sospirando con infuocati sospiri al possesso di quella beata patria da dove, di tempo in tempo, vedevo cose molto meravigliose e belle. Una volta, dall’occhio di mezzo, mi si fece vedere il mio Dio tutto raggiante di luce, che veramente mi rapì il cuore, tanta era la sua bellezza, che non ho termini di poterlo spiegare.A questa vista si accrebbe a dismisura il mio amore verso il mio Dio, gli affetti dell’anima non potevo più contenere, per la cognizione che mi veniva comunicata dalla divina grazia. Il veemente desiderio di possederlo, formava un dolce ma penoso martirio nell’anima mia, che ogni poco credeva di morire. Per abbreviare lo scritto non dico di più.
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