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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 77 – CON L’AGNELLO DIVINO
      • 6. Verso una vita deiforme
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6. Verso una vita deiforme

 

Nel mese di dicembre 1824, proseguì l’anima a soffrire il suo martirio interno di abbandoni penosissimi, di desolazioni crudissime, di tenebre densissime.Solo provavo di tratto in tratto qualche interno soccorso, ma tanto intimo che l’anima appena lo poté distinguere.

Mentre mi pare che Dio stia facendo nell’anima mia un’opera, la quale non voglia manifestarla all’anima, sicché l’anima sente in sé l’opera del Signore, ma ne vive digiuna affatto.

L’opera per se stessa è molto dolorosa per lo spirito e per il corpo.Ciò nonostante, Dio si degna, per sua infinita bontà, di comunicare all’anima tanta fortezza, tanta compiacenza di adempire, di compiacere la sua santissima volontà, che lo stesso patire mi si converte in un gaudio di dolcezza; mentre le pene che soffro, interne ed esterne, non le cederei per tutto l’oro del mondo.

Conosco che questa è una sciocca comparanza: dico che le tengo tanto care, perché in queste pene trovo tutto il mio Dio. Dunque, felici pene, benedette pene, che mi unite al mio divino Signore!

L’opera che sta facendo Dio nella povera anima mia, se non sbaglio, mi pare che sia di mio grande profitto. Mentre Dio mi va spogliando di tutte le cose sensibili e intelligibili, immaginarie e ideabili, per lo ché in tutte le mie operazioni, esterne ed interne, mi pare di vivere secondo il divino beneplacito, non ricercando io alcun proprio utile, gusto e onore, ma l’unico compiacimento, interesse e gloria di Dio, al quale mi sono interamente tutta donata e consacrata, quindi mi pare che la bontà del Signore voglia ammettere la povera anima al passaggio di una vita deiforme.

Tutto soggetto con umile rispetto al savio consiglio di vostra paternità reverendissima, mentre non so se questo passaggio convenga ad un’anima tanto scellerata, tanto peccatrice come sono io.

Prego il mio Gesù crocifisso a dar lume a vostra riverenza, acciò possa conoscere e chiaramente distinguere se la povera anima mia vivesse mai ingannata da un falso spirito. Il tutto rimetto al dotto suo parere, dal quale dipende, per obbedienza dovutale, la mia quiete di spirito.

 

 




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