Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

IL LADRO IN CASA (Scene della vita borghese).

ATTO PRIMO.

Scena undicesima. Carla e Carlo.

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Scena undicesima. Carla e Carlo.

 

CARLA.  Siete d'accordo?

CARLO.  Ah, che d'accordo! Senti, credi, nevvero, che il signor Ignazio ti voglia sposare per amore? Ebbene, t'inganni. È per interesse.

CARLA.  Perché mi dici questo?

CARLO.  Tu sapessi con quale impudenza… come parlava francamente quasi si trattasse di un semplice affare! Se tu fossi stata dietro quella porta, non lo sposeresti più.

CARLA.  Ma cosa ha detto?

CARLO  (abbracciandola). Tu mi vuoi bene, nevvero? Devi ora salvarmi la vita. Tu sai che non sono ricco. Mi vedi talvolta addirittura affranto dai pensieri e mi hai udito raccontare a Fortunata quanto mi costi mantenere con decoro la mia famiglia e far fronte a tutti i miei impegni. Ho ventimila franchi tuoi, ma almeno pel momento non li posso dare tutti.

CARLA.  E come farai?

CARLO.  Io ho fatto tanto per te che ti domando questo favore senza timore che me lo neghi, perché alla fin dei conti è tuo dovere il farlo. Carla, tu sei giovane. Quei piccoli litigi che hai avuto con noi perché sono recenti, ti fanno più impressione dei benefici che hai da noi ricevuto. Quand'eri ancora ragazzina, orfana ti presi con me e ti fui padre. Io non fui mai giovanotto causa tua, perché a diciotto anni io dovevo già pensare ad una famiglia. Eri tu. Poi, naturalmente, ebbi anch'io un'altra famiglia, ma non per questo diminuì l'affetto che sempre ti portai. Ti vidi talvolta vendicativa, astiosa. Dal primo momento in cui Fortunata entrò in questa casa, tu non avesti per essa un segno di affetto. Pensai, naturalmente, che tu non mi volessi più bene

CARLA.  Oh, a te ho sempre voluto bene.

CARLO.  Ma non me lo hai dimostrato. Un giorno ti trovai sulle scale con Lonelli. Invece di dirgli come una ragazza per bene: Va, rivolgiti al mio tutore, tu facevi all'amore come usa la gente bassa. Era come un segno di diffidenza verso di me; era come se tu avessi detto: La felicità mia devo cercarla io.

CARLA.  Oh!

CARLO.  Non protestare! Un giorno me lo dicesti che io non avevo tempo di pensare a te.

CARLA.  Non mi rivolgevi da un mese la parola.

CARLO.  Perché avevi con Fortunata. Ma vedi come ti eri ingannata sul mio conto. Io chiesi informazioni su questo giovane e non l'ebbi cattive. Dicevano ch'era di famiglia onesta, che lavorava tutto il giorno e che solo alla sera faceva un po' il discolo. Ma tutti a quell'età lo fanno, meno io per tuo riguardo. Lo invitai in casa. Invitai poi anche lo zio per giungere presto alla conclusione. Ebbene, a mio credere questa conclusione è impossibile.

CARLA.  Ma perché?

CARLO.  Io ho sposato Fortunata povera senza ricevere un centesimo dai suoi parenti. Il signor Lonelli non vuole soltanto la dote, ma la vuole subito.

CARLA.  Ah!

CARLO.  In buona fede gli proposi di lasciare da me il capitale, e gli avrei pagato un grosso interesse. Non volle.

CARLA.  Ma ti disse la ragione?

CARLO.  No, semplicemente non vuole. A te, Carla, non mancheranno buoni partiti, migliori di questo. In nome dei nostri genitori lascia ch'io rompa questa relazione. Non può apportarti che del male. Io potrei comandare in nome dei nostri genitori, ma voglio lasciarti libera la volontà. Guarda, è presto fatto. Tu ti ritiri ed io vado a congedare quei signori. (Si avvia e si ferma presso la porta.) Sì?

CARLA.  No no, te ne prego! Cosa disse, quando gli proponesti di trattenere il denaro per qualche mese?

CARLO.  … che non può.

CARLA.  E null'altro?

CARLO  (asciugandosi la fronte). È difficile convincere una ragazza incapricciata! Te, poi, che sei stata sempre tanto ostinata, impossibile! (Voltandosi in fondo, freddamente.) Fa quello che vuoi.

CARLA.  Invece di arrabbiarsi pensiamo assieme come si potrebbe fare…

CARLO.  Cosa fare?

CARLA.  Ho un'idea. Lascia ch'io parli con Lonelli.

CARLO  (irritato). Così sei fermamente decisa di sposare quest'individuo!…

CARLA.  Lascia ch'io parli con Ignazio! Vedrai ch'io farò in modo che sarai contento.

CARLO.  Io sarei contento, se tu non parlassi più affatto col signor Lonelli.

CARLA.  A questo non pensare

CARLO.  Eh, tu lo sai, che fra pochi mesi, diventando maggiorenne, ti potrai togliere a questa mia insopportabile tirannia

CARLA.  Vedrai che Ignazio non è cattivo quanto a te sembra.

CARLO.  Vedremo. E tu vuoi indurlo a rinunciare a parte della dote per sei mesi?

CARLA.  Sì, e credo basti una mia sola parola.

CARLO.  Allora, vedremo. (Via. Poco dopo entra Ignazio.)

 


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