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Scena dodicesima. Ignazio e detta.
IGNAZIO. Sai, che per quanto non sembri, tuo fratello è un buon diavolo? Mi manda di qua. Io vengo a malincuore credendo di trovare il notaio, ed invece trovo il mio bocconcino. (Le prende le mani e la fa sedere.)
CARLA. Mio fratello è molto adirato con te.
IGNAZIO. Oh, via! Non parliamo noi due di affari d'interesse! Non ci mancherebbe altro! È già molto che lo sposo vi sia costretto.
CARLA. Tu non mi vuoi tanto bene quanto dici. (Egli la bacia.) No, perché se me ne volessi tanto lascieresti correre e non ti ostineresti tanto su di una questione d'interesse.
IGNAZIO. Ah, carissima la mia sposina! Grandiosi possono essere quelli che hanno il padre che li costringa, poveretti, a tutelare il loro interesse. Ma io, anzi noi due, perché non è solo per me che parlo, dobbiamo vederci dentro da noi. Non possiamo assumere l'aria di eroi da romanzo, che a voi ragazze piace tanto. Non vi è nessuno che pensi per noi al futuro. Mio zio per non essere seccato non vede l'ora di firmare il contratto.
CARLA. Ma a me non importa nulla!
IGNAZIO. Vedi, dunque, che sono il solo che ancora si occupi di queste bazzecole. Adesso non te ne importa; ma vorrei vedere il tuo viso nel giorno in cui a casa non ci fosse da mangiare!
CARLA (offesa). Oh, ma come parli! Io non ti riconosco più. Qui non c'è nessuno che ti voglia derubare! Mio fratello per pagare la dote vuole una dilazione di sei mesi. Mi pare che gliela puoi accordare.
IGNAZIO. Se avessi a rimanere celibe, per far piacere ad un cognato, gli abbandonerei, non diecimila, ma il doppio, per sempre… Ma adesso si tratta di te, si tratta di una famiglia a cui ho da pensare.
CARLA. Temi che Carlo non te li restituisca?
IGNAZIO. Questo precisamente no. Ma bisogna che tu consideri che, se tuo fratello, una delle prime ditte della città, si trova in difficoltà per sborsare diecimila franchi, a me, piccolo mercantuzzo è impossibile sborsare quella somma.
CARLA. E come facevi prima?
IGNAZIO. M'ingegnavo come potevo, ma avevo sempre sul capo la spada di Damocle. Allora potevo arrischiarmi di starci sotto, ma ora una disgrazia sarebbe la morte, perché prima di veder te in miseria mi ucciderei.
CARLA. Ti uccideresti per me?
IGNAZIO (abbracciandola). Che domanda!