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Scena terza. Il marito e Clelia.
IL MARITO (tuttavia molto timido). Se sapessi quanto piacere m'ha fatto di rivederti dopo tanto tempo. Hai visto! È dal piacere che sono svenuto.
CLELIA. Sì! Poverino! Mi dispiace di averti fatto paura. Come sono fatte le cose umane. Chi t'avrebbe detto che avresti potuto aver paura di me?
IL MARITO (anche più spaventato). Hai da lagnarti di me? Io t'ho trattata sempre col massimo riguardo. Ed ora non ho paura.
CLELIA. Tu m'hai trattata sempre benissimo e non avresti alcuna ragione di aver paura. Mi pare però che tuttavia tremi. Vuoi che me ne vada? lo non sono mica venuta per farti soffrire.
IL MARITO. Qui è molto oscuro. Ti darebbe fastidio se accendessi qualche altra fiamma?
IL MARITO (eseguisce). Così tu non sei come quegli altri spiriti che spariscono alla luce? Ciò mi piace. Noi di famiglia siamo stati sempre sinceri e amanti della luce. Mi pare di sentirmi meglio. (Sempre balbettando dalla paura.) Anelavamo tanto di rivederci e… finalmente… ci rivediamo.
CLELIA (impaziente). Il tempo corre! Presto devo andarmene.
IL MARITO. Davvero sei finalmente occupata? (Clelia ride.) Ridi? Dunque non c'è da aver paura (Veramente rinfrancato.)
CLELIA (sorridendo). Mi ricorda il nostro primo incontro. Anche allora tremavi.
IL MARITO. Sì. Lo ricordo anch'io.
CLELIA. Poi ti rinfrancasti. In ultimo divenisti un po' imperioso. Parlasti anche di menagère così che quando te ne andasti dovetti ricorrere al vocabolario.
IL MARITO. Sai! Voialtre donne ci fate un po' di paura quando dobbiamo sposarvi. Con te non ci sarebbe stato bisogno di tante raccomandazioni, ma io allora non ti conoscevo.
CLELIA (guardandolo con curiosità). Curioso che dovetti morire per essere giudicata così da te.
IL MARITO. No! Io sempre pensai così di te. Se non te lo dissi è che speravo sempre di renderti migliore. Non si è mai contenti del bene e se tu non fossi morta tanto prematuramente chissà quanto buona saresti divenuta.
CLELIA. Pare insomma che dopo la mia morte tu hai fatto delle tristi esperienze.
IL MARITO (esitante). Già! (Lieve pausa.) Devo dirlo però. In complesso si spende meno. Molto, ma molto meno.
CLELIA. Stimo io. C’è anche una persona di meno.
IL MARITO. Magari si spendesse il doppio e tu fossi qui con me. Ma si spende tanto di meno come se dalla casa fossero sparite molte ma molte persone.
IL MARITO. Vuoi vedere i conti? Li ho chiusi iersera.
CLELIA. No! No! Grazie! Ma spendendo di meno starai anche peggio.
IL MARITO. Certo! Si mangia male! Si spende poco ed io tuttavia ho la convinzione di essere derubato. Non ci baderei se ti avessi accanto. Così, invece, m'adiro.
CLELIA. Vedi che non c'è modo di contentarti. Io sospetto che quella povera Giovanna che dirige la casa non sappia fare i conti e ti regali del suo. Quasi, quasi le apparirei per avvertirla.
IL MARITO (del tutto rinfrancato). Fammi il piacere di non ingerirti in cose che più non ti riguardano.
CLELIA (offesa). Sto già ingerendomi di cose che più non mi riguardano. (S'avvia.)
IL MARITO. No! Te ne prego Clelia. Perdonami. Non volevo offenderti. Sai, sono tuttavia agitato all'idea di parlare con uno spettro e forse perciò non uso le parole adatte.
CLELIA. M'indirizzasti una parola che mi ricordò molto il modo come venivo trattata quando ancora non ero uno spettro.
IL MARITO. Se sempre ti adorai!
CLELIA (rabbonita). Sì! sì! Le cose piccole sono dimenticate. In complesso quasi sempre ebbi tutto quello che volli.
IL MARITO. E i miei rari rifiuti erano fatti a fine di bene.
CLELIA. Non ne ebbi un grande vantaggio.
IL MARITO. Già, come tutte le donne, tu giudichi dal risultato. Ma figurati che, come sarebbe stato giusto perché sono più vecchio di te, fossi morto io pel primo e ti avessi lasciata vedova! Non ti sarebbero state bene le mie lezioni di economia?
CLELIA. Erano alquanto rudi quelle lezioni.
IL MARITO (avvilito). Capisco che m'hai amato poco. Io, invece, vado ogni giorno al cimitero per ricordarti sempre, sempre.
CLELIA. Lo so! Sei molto gentile! Ma io come potrei dimostrarti il mio affetto? Potrei augurarti la morte per essere subito riunita a te!
IL MARITO (come respingendo uno scongiuro). No! No!
CLELIA. Vedi ch'è meglio io sia alquanto indifferente.
IL MARITO (ipocrita). Non è mica per me, sai! La vita di un uomo è molto più importante che quella di una donna! Se io morissi ne risulterebbe la rovina di tutti coloro che vivono e lavorano intorno a me. Sarebbe un disastro, te l'assicuro. Un vero, un grande disastro che mi fa rabbrividire. Certo per me sarebbe un grande piacere di venire con te. Ma che ne direbbero gli altri? Tu non sai quale sviluppo abbiano preso i miei affari. Sono il maggiore importatore di caffè del Regno.
IL MARITO (con importanza). In questa città vi sono pochissime case che facciano dei bilanci come il mio. Naturalmente… acqua in bocca. L'agente delle imposte non ne sa nulla.
CLELIA. Ed io ne so solo ora che sono morta. Quando morii la mia anima correva traverso lo spazio e m'imbattei nei pensieri che tu avesti nei pochi giorni in cui durò la mia malattia.
IL MARITO. Come? I miei pensieri giacciono così aperti nello spazio? Quale indiscrezione!
CLELIA. Sì! Ma non temere! Nessuno li guarda e, inosservati, poi dileguano. Il dottore ti aveva detto: Pericolo non credo ci sia, ma ne avremo per alcuni mesi. Sarà un affare lunghissimo. Tu subito pensasti: La piccola bestiola… (Il marito protesta.) Proprio così: La piccola bestiola ammalata per tanto tempo! Vorrà avere ogni giorno un letto nuovo e quello alla ultima moda.
IL MARITO. Non essere ingiusta, Clelia. Non ricordi come poi ti ho assistita?
CLELIA. Sì! Anche quell'asino di dottore quando ritornò dovette accorgersi che il cuore della bestiola era troppo debole e non poteva reggere a tanto affanno. Te lo disse ed è vero che allora avresti pagati diversi letti pur di non perdermi.
IL MARITO. E trovasti nello spazio anche tutta la mia disperazione.
CLELIA. Sì! La via ne era addirittura ingombra.
IL MARITO. E posso credere che almeno in vita m'amavi o almeno amavi solo me.
IL MARITO (scandendo le sillabe). Sai, dalla tua morte mi derivarono due dolori: Il mio e quello di quel mio grande amico.
CLELIA. M'hai chiamata qui per offendermi?
IL MARITO. Quell'uomo lì ha un contegno stranissimo. Sembrerebbe che la moglie l'abbia perduta lui. T'invocava con le braccia aperte come s'invoca una moglie o una amante.
CLELIA. Io non lo sentii. Accorsi solo alla tua chiamata. Rimasi stupita di trovarlo qui.
IL MARITO. Queste sue manifestazioni mi stupirono. Pareva che tu non lo avessi amato molto. Dicevi che ti faceva schifo.
CLELIA. È vero! Me ne pento, però! Il poverino ch'era tanto affezionato a noi due si sarebbe meritato un trattamento migliore da parte mia.
IL MARITO. E perché mette ora il lutto? Dice ch'è per quel suo lontano parente. Dove s'è visto piangere così un lontano parente che gli lasciò pochissimi denari? Chissà se poi questo lontano parente sia mai esistito!
CLELIA. Di questo puoi essere sicuro. Lo vidi io… dall'altra parte.
IL MARITO. M'aveva inquietato anche il fatto che dacché tu sei morta, egli che m'aveva dimostrato tanto attaccamento finché c'eri tu, bruscamente non si fece più vivo. Dovetti pregarlo per farlo intervenire a questa seduta spiritistica e ci venne a malincuore.
CLELIA. Si capisce che in questa casa tenuta con tanta economia nessuno venga volentieri. Dovresti sposarti e vedresti come ritornerebbe a te. Mi duole di vederti in lizza col tuo miglior amico. Quello che al di là non si perdona è di seminare zizzania. Ecco che senza mia colpa voi litigate causa mia e di ciò mi si serba rancore.
IL MARITO. Davvero? Io non lo sapevo. Se avessi saputo che i miei litigi ti danneggiavano io mai avrei litigato. Povera bestiola mia! Causa mia non avrai da soffrire mai più. Io corro ad abbracciarlo.
CLELIA (tendendogli la mano). Addio! Io me ne vado.
IL MARITO. Un momento, te ne prego; un solo momento. Adesso che a te mi sono abituato… Che cosa fai tutto il santo giorno? Adesso non hai più né pelle né unghie da nettare. Dici che sei occupata. Dirigi il mondo, tu?
IL MARITO. E guardando tu vedi tutto, tutto?
CLELIA (con tristezza). Molto, molto!
IL MARITO. Senti, Clelia. Hai visto con quale prontezza io mi sia deciso di accondiscendere alla tua domanda e di fare la pace con quel mio grande amico perché tu non ne abbia danno. Non mi costa mica poco! È uno sforzo che non posso fare che per amore tuo. Non ti pare che io meriti un premio?
CLELIA. Certo! Di tempo in tempo verrò a trovarti.
IL MARITO. Grazie! Mille grazie! Ma giusto oggi mi sarebbe di un'utilità enorme un'altra cosa. A te non costerebbe nulla mentre a me potrebbe mutare addirittura la vita. Sai se avremo a subire un ulteriore aumento del caffè?
CLELIA. Aumento? Ce n'è già più di prima?
IL MARITO (iroso). Neppure dopo morta non capisci niente di affari? Sei davvero un bello spettro tu! Lascia che ti spieghi e poi ti sarà facile di prendere delle informazioni. Devi sapere che la valorizzazione del caffè dipende esclusivamente…
CLELIA (dolcemente). Lasciami andare!
IL MARITO. Ma sei testarda! Cerca d'intendermi. Hai conservato quel caratteraccio che finché fosti viva formò la mia infelicità. Il prezzo del caffè è un fatto che dipende dal valore di pochi… (A Clelia che s'avvia.) Stammi a sentire! Da te dipende ora la fortuna di tutta la nostra famiglia.
CLELIA. Famiglia costituita da un individuo solo!
IL MARITO. E non mi consigliasti tu stessa di prendere moglie? (Clelia esce ridendo clamorosamente; il suo riso echeggia lungamente e sparisce per la lontananza.)