Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

UN MARITO (Commedia in tre atti).

ATTO PRIMO.

Scena quarta. Federico e detti.

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Scena quarta. Federico e detti.

 

FEDERICO  (uomo di media età dall'aspetto un po' più vecchio di quanto la sua età comporterebbe). Mi avete aspettato!

PAOLO.  Finalmente! Non lodo il vento che ti porta perché mi son fatto tener compagnia dalla tua signora.

FEDERICO.  Scusatemi entrambi. Avevo fino adesso le mani legate.

PAOLO.  Stavo spiegando alla signora Bice le mie teorie pedagogiche. A guisa di penitenza starai ad ascoltarle anche tu.

FEDERICO  (s'inchina). Permettetemi soltanto. (Ad Augusto.) Ella cercava qualche cosa?

AUGUSTO.  L'ho trovata. La ricevuta di Verri C. L'hanno mandata a prendere stamane.

FEDERICO.  Altro di nuovo?

AUGUSTO.  È stata qui la signora Arianna. (A bassa voce.)

FEDERICO  (contrariato). E vuole?

AUGUSTO.  Ritornerà a mezzodì.

FEDERICO  (c.s.) A mezzodì! (Augusto, inchinatosi, esce.)

BICE.  Che cosa ci hai a mezzogiorno? È l'ora del convegno per andare a Villa Luisa.

FEDERICO.  Lo so, lo so. Vuol dire che mi scuserai. Per quest'ora un mio cliente s'è fatto annunciare e devo rimanere ai suoi ordini.

BICE  (guardando altrove). Non potresti sacrificarci il cliente?

FEDERICO  (sempre inquieto). No, no, impossibile. Del resto ti trovi con Paolo e con la sua signora. Subito, non appena posso, io prendo una vettura e vi raggiungo.

BICE  (dopo una lieve esitazione, s'avvicina a Federico, a bassa voce alterata da emozione). Federico! Avrei da domandarti un favore.

FEDERICO  (sorpreso la guarda). Un favore? Parla!

PAOLO.  Se disturbo me ne vado! (Nessuno gli bada ed egli s'avvicina alla porta con l'intenzione di non uscire.)

BICE  (supplichevole). Vieni con noi.

FEDERICO.  Perché?

BICE.  Non ricevere quella donna che ti vuol male.

FEDERICO.  Ah! sai anche tu? (Ridendo con sforzo ad alta voce.) Ma non è mica per essa ch'io resto nello studio. Quella è una visita che non ha importanza. Se essa verrà la riceverò. Non vedi che Paolo sta per andarsene?

PAOLO  (molto seccato). Stimo io! Mi pare di essere di troppo.

FEDERICO.  Quale idea! Resta! Non disturbi nessuno. O anzi non avete da andare a prendere la signora Amelia?

PAOLO.  No! l'appuntamento l'abbiamo qui. Evidentemente ti secchiamo tanto che se non ci fosse di mezzo la tua signora t'offrirei d'attendere in anticamera.

BICE.  Vuoi che la proposta del signor Paolo e che andiamo ad attendere Amelia in anticamera?

FEDERICO.  Ma che idea! Se vi dico che non mi seccate niente affatto! Anzi attendo con impazienza che Paolo mi spieghi le sue teorie pedagogiche che ho interrotte con la mia venuta. (Siede al suo tavolo.)

PAOLO.  Dove eravamo rimasti?

BICE.  Mi spiegava quel sistema d'educazione che lo lascia così comodamente dormire quando Amelia veglia per il bambino.

PAOLO.  Ah! sì! Vede, signora, tutti gli educatori moderni hanno la grulla idea di abituare i fanciulli alla giustizia, di far credere loro che le più grandi soddisfazioni stanno nel compiere il proprio dovere. A questo modo il fanciullo che vien fuori dalle sante mani entra nella vita come in un tribunale dove le opere cattive si puniscono e le buone si premiano. Appena poi l'allievo ha compiuto qualche cosa di buono e non trova premio eccolo abbattuto dallo sconforto subito disilluso, sfibrato ed eccovi le imprecazioni dei cattivi poeti e i suicidi dei giovinetti cui la donna amata ha detto di no. Il mio Guido invece è abituato alla più rigorosa ingiustizia. Quando fa bene trovo sempre di punirlo per motivi insignificanti, quando fa male anche ma non sempre. Lo lodo soltanto quando io mi sento molto bene fisicamente e moralmente. Egli ha già capito con ciò di non poter disporre del suo destino, ma di doversi sottomettere a un capriccioso e irragionevole caso.

BICE.  Povero figliuolo!

PAOLO.  Tuttavia, finora, egli è sempre attonito di vedersi maltrattato mentre le rare altrettanto ingiuste carezze sono accettate da lui senza dubbi o esitazioni, ciò che mi irrita non poco perché non dimostra in lui molta ragionevolezza. Dovreste vedere quando lo maltratto! Par quasi dubitare ch'io faccia sul serio; ma quando una volta se ne è convinto bisogna vedere come si dispera! Non è di me che gl'importi, non me ne lusingo, ma si dispera alla visione improvvisa di un mondo fosco annebbiato dalla severità e dall'ingiustizia. Di qui a qualche anno avrà perdute gran parte delle illusioni congenite.

BICE.  Io credo che lei ha torto. Per un'illusione che ammazziamo ce ne nascono cento e verrà il giorno in cui Ella potrà avere il rimorso d'aver amareggiata la più bella parte dell'esistenza di suo figlio.

PAOLO.  E tu, Federico, che ne pensi?

FEDERICO.  Io? Oh! quelli sono anni che neppure la tua pedagogia può guastare.

PAOLO.  Ve ne prego! Non toccate quest'argomento dinanzi a mia moglie. Essa s'è rassegnata ai miei sistemi ma non vuole che ne venga parlato fuori di casa, come essa dice.

 

 


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