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AMELIA (di fuori). Si può?
BICE (va ad incontrare Amelia). T'aspettiamo da un pezzo.
AMELIA. Ma io non potevo venire prima. Ho dovuto aspettare il dottore. Avevo pregato Paolo di attendere anche lui ma lui… (Accennando l'indifferenza del marito.)
PAOLO. Io sono corso qui per un affare della massima premura.
FEDERICO (stupito). Per un affare?
PAOLO. Te ne parlerò dopo; è fatto in un momento.
AMELIA. L’affare ha potuto attendere fino adesso e fino adesso potevi attendere anche tu.
PAOLO. Ma io avevo due affari; questo e un altro che ho già liquidato.
AMELIA (brontola). E se non bastassero due ne inventeresti tre.
PAOLO. E che cosa disse di Guido il dottore?
AMELIA. Che non ha nulla e che lo si porti all'aria. (Subito decisa.) Perciò verrà con noi a Villa Luisa.
PAOLO. Capisco che il tono non ammette replica. Io però se fossi in te ci penserei prima di rischiare un tanto. Abbiamo potuto capire tutt'e due che questa notte il bambino aveva la febbre; non fidiamoci della parola di un dottore cui non duole la testa. E se gli ritorna la febbre? (Bice e Federico ridono.)
AMELIA (adirata). Già si capisce; tu non puoi soffrire che ti stia accanto.
BICE. Oh! venga, venga con noi! Per me il divertimento ne è raddoppiato. Quando un bambino mi saltella dinanzi, io capisco meglio il verde, i fiori, gli alberi, tutte le cose dei poeti.
PAOLO. Andiamo allora. Giacché le due signore sono convinte che la salute di Guido non corre alcun pericolo, non ho nulla più da obbiettare. Tu, Federico, ci raggiungi, nevvero?
PAOLO. E allora moviamoci. E vostro fratello? È forse già ripartito?