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Scena settima. Bice e Federico, poi Augusto.
BICE (di fuori). Vengo! Vengo! (Entra.) Quanta insolita premura!
FEDERICO (improvvisamente molto abbattuto; evita di guardarla negli occhi). Siedi! Te ne prego! Ho da parlarti! (Le porge una sedia e ne prende una evidentemente per guadagnare tempo.) Ascoltami, Bice. (Con sforzo e guardando altrove.) Io ho da dirti una cosa molto importante per me e per te. Ho forse torto di fare così, ma così ho deciso. La fiducia nella sincerità umana non mi ha mai abbandonato. Io dunque m'appello a te, direttamente a te e a nessun altro. Ecco di che si tratta! (Cerca parole che non trova e poi, sempre esitante, trae dalla tasca le due lettere.) Anzi facciamo così! Tu hai qui queste lettere. Guardale! Io, nel frattempo, guarderò te! (Bice prende le lettere e le guarda con grande freddezza.) Non son tue? Io ne dubitavo, sai! Non possono essere tue. (Sollevato.) Ma chi può aver avuto un vantaggio a danneggiarti e falsificare tali lettere?
BICE. Non sono falsificate! Perché ritenevi fossero falsificate?
FEDERICO (stupito). Son tue dunque? (Nella massima collera.) Son tue e lo confessi!
BICE Perché no? Dacché son mie non posso mica attribuirle ad altri!
FEDERICO. E perché le scrivesti?
BICE. Ah! di ciò non credo di dover renderti ragione.
FEDERICO (stringendosi la testa fra le mani). Non capisco più. Vediamo! Se non è un giuoco della mia fantasia tu hai detto: Di ciò non credo di dover renderti ragione. (Pausa.) Ma hai visto di quali lettere si tratti? Guardale meglio! Tu credi, forse, sieno lettere innocenti dirette a qualche amico… o che so io…
BICE. Le ho viste! Sono dirette ad un uomo.
FEDERICO (fuori di sé, urla). Ma intendi tu quello ch'io dico o son io che son pazzo e non capisco?
BICE (calma va a chiudere la porta di fondo). Non urlare; si può anche uccidere facendo meno rumore.
FEDERICO (tenta di calmarsi). È la sorpresa, la prima, la prima sorpresa. Poi sarà più facile… (Ironico.) Vengo da quel buon figliuolo che sono a domandarti se queste lettere sieno tue. Sono anticipatamente convinto che non lo sono. Tu mi potevi dire: No, non sono mie. Io le avrei stracciate e non se ne sarebbe parlato più. Volevo darti questo segno della più assoluta fiducia.
BICE. E indifferenza!
FEDERICO. No! Così non si può chiamare il mio stato d'animo! Rammento d'essere stato già un'altra volta nel corso della mia vita altrettanto indifferente. La mia indifferenza fece correre sangue! (Calmandosi e con mestizia.) Poi seguirono anni di lutto e di tristezza.
BICE. Durante i quali noi due ci sposammo. (Con amarezza.)
FEDERICO (rizzandosi). Dunque al fatto. Bisogna pur rendersi ragione delle cose. Queste lettere sono tue. Bisogna pur rassegnarsi a crederlo: La sorella di Alfredo Reali ha scritte queste lettere!
BICE (scattando). E perché no? Ma credevi davvero che avrei acconsentito di lasciar seppellire in tale tristo modo la mia giovinezza? Avevo bisogno di vita, di amore, io e me lo sono procurato… (Un gesto di gravissima minaccia da parte di Federico la spaventa; parla perciò più celermente) fino al punto in cui un marito quale sei tu non possa trovarci offesa!
FEDERICO (per quanto celata traspare una certa soddisfazione di vederla spaventata). Aha! Adesso neghi! Finalmente neghi! Sta bene! Fino al punto in cui un marito quale son io non possa trovarci offesa? Io indagherò quale offesa mi sia stata fatta ed io giudicherò.
BICE. Se anche mi trovassi colpevole non mi uccideresti!
FEDERICO (terribile). Bada! Bada, oh, Bice! Tu scherzi col fuoco! Ma non sai che sentendoti parlare così mi passano dinanzi agli occhi dei bagliori rossi e che vorrei correre all'azione?
FEDERICO (ghigna lungamente). Non posso! Non posso! Ma perché non potrei? Nessuno più di me ha dimostrato di poterlo. Ah! non posso! Dice che non posso! (Ghigna ancora.) Io potrò quando saprò, quando non avrò più dubbi.
BICE. Perché mi uccideresti? Per l'onore del tuo nome! Via! Uccidere per un nome! Il nostro sangue ha importanza e corre nelle vene del più miserabile fra noi, ma il nostro nome? Fra pochi anni, più o meno bruttato che sia, sarà stato lavato dall'oblio.
FEDERICO (ridendo ironicamente). Continua! Continua! Queste teorie, del tutto nuove per me, altamente m'interessano. Chissà che tu non abbia a convincermi? Intanto mi sorprendono e ciò è già divertente.
BICE. Io so perché ti sorprendono!
FEDERICO (c.s.) E posso saperlo anch'io questo perché?
BICE. Oh! Sì! (Un po' esitante.) Va da sé che con Clara le cose procedettero altrimenti. L'amavi ed essa lo sapeva. Io, invece… so il contrario.
FEDERICO (serio). Amore a te, a te che proclami altamente il tuo diritto di trascinare il mio nome nel fango. Odio, il più intenso, come per un animale sozzo che morde.
BICE. Le ragioni per amare o non amare non mancano mai. Amavi Clara ad onta… (Augusto si mostra sulla soglia e fa segno di preghiera a Bice che non vede.)
FEDERICO. Non nominare Clara, tu.
BICE. Amavi Clara e l'ami ad onta che…
FEDERICO (urlando). Non nominarla, ti dico!
BICE (con ira). Ma è dunque divenuta una santa la donna che uccidesti?
FEDERICO (resta stupito, poi infuriato). Oltre a tutto ti diletti dunque di torturarmi? (Va per lanciarsi su lei.)
BICE (vedendo Augusto). To'. Il signor Augusto! Che cosa fa qui il signor Augusto?
FEDERICO (guarda Augusto e rimane interdetto per un istante) Ebbene! l'ho chiamato io! Che m'importa della pubblicità a me? Non ho mai temuto quella, io. L'ho chiamato perché non mi bastavano più i miei occhi, le mie orecchie. Volevo che altri mi sapesse confermare l'esattezza delle mie conclusioni.
BICE (ridendo). Ah! dunque io ho più di un giudice alla volta. Se avrò da essere uccisa lo sarà con la collaborazione di più persone. Una ti diede le lettere, un'altra ti aiuta nel giudizio. Spero che mi farai l'onore d'uccidermi con le tue stesse mani.
FEDERICO (mordendosi le mani). Già quest'ironia meriterebbe la più dura punizione.
AUGUSTO (interponendosi). Signor Federico!
BICE. Ma a me questa pubblicità non piace e intendo di evitarla. Me ne vado, ma non temere; non mi allontano di troppo. Mi reco nella mia stanza… a tua disposizione. Non hai che da chiamarmi quando vorrai esaminarmi da solo. (Via.)