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L’AVVENTURA DI MARIA (Commedia in tre atti). ATTO PRIMO. Scena quarta. Amelia e detti. Poi Maineri, Tarelli e Maria. |
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Scena quarta. Amelia e detti. Poi Maineri, Tarelli e Maria.
AMELIA. Sono qui, ma in tre.
ALBERTO. In tre? Vanno aumentando continuamente.
AMELIA. Una signora e due signori. Sono giù dinanzi alla porta di casa.
CUPPI. Vuole che li vada a chiamare io?
MARIA (entra seguita da Maineri e Tarelli). Ne parleremo più tardi… E Giulia? Come stai? (La bacia affettuosamente.) Uh, che pezzo di donna! Hai il volume che in passato avevamo in due. Sei cambiata, molto cambiata. Sempre una bella persona, ma non sei più quella. Che peccato! Io che sperava di ritrovare in te quella mia antica dolce amica cui mi piaceva tanto di fare del male per vedere fin dove arrivasse la sua indulgenza. Certo hai perduto quell'indulgenza. Chissà quanto cattiva sarai divenuta invecchiando!
GIULIA. Tu sei sempre la stessa coi tuoi occhi seri e dolci. (Presentando.) Mio marito…
ALBERTO (con lieve sorpresa). Signorina!…
MARIA (ridendo dopo un istante di sorpresa). Ooh… Una vecchia conoscenza!
ALBERTO. Infatti abbiamo fatto una parte di viaggio insieme. Da Bologna a Firenze.
ALBERTO. In Ancona non sono stato questa volta. (Un po' confuso.)
ALBERTO (a Giulia). L'altr'ieri siamo stati insieme… Da Bologna a Firenze.
MARIA (molto sorpresa). L'altr'ieri?
GIULIA. E non vi siete conosciuti?
MARIA. Non ve n'è stata l'occasione.
ALBERTO (cortesemente a Maria). Ha fatto buon viaggio?
MARIA (freddamente). Sì, grazie.
GIORGIO (a mezza voce, fra sé). Strano! Ella è stata con lui in Ancona; egli, invece, non si rammenta che di essere stato a Firenze.
GIULIA (presentando). Mio fratello Giorgio, professore di Liceo…
GIORGIO. Ho tanto piacere di fare la sua conoscenza! Ne chieda a mia sorella. Contavo i giorni che mancavano al suo arrivo qui, perché per me è una vera fortuna che la casa di mia sorella divenga un po' artistica.
MARIA. Grazie del complimento, ma non posso accettarlo. Non rendo mica artistici i luoghi che tocco!
GIULIA (a Maria). Bisogna sapere che mio fratello, oltre che professore, è artista e dotto. Si occupa di storia patria.
MARIA. Anche questo paese ha una storia?
TARELLI (intervenendo). Ma che dici, Maria? Offendi i signori, e poi ti sbagli. Questo paese? Non è per di qua che sono passati i Romani?
GIORGIO. Questa è una colonia romana.
TARELLI. Naturalmente, Maria, ti sei dimenticata di presentarmi
MARIA. Mi pareva non occorresse. Mio zio, Giulio Tarelli.
TARELLI (stringendo la mano a Giulia)… il quale accetta con gratitudine l'ospitalità che gli è stata tanto gentilmente offerta. (Poi ridendo ad Alberto). Veramente, peccato che a Bologna nessuno ci abbia presentati. Avremmo fatto molto più gradevolmente il tratto fra Bologna e Firenze, poiché quello è il tratto che abbiamo percorso insieme.
MAINERI. Signorina, io debbo andarmene. Io sono legato alle mie lezioni…
MARIA. Incatenato, mi pare, addirittura. Rimanga soltanto un istante ancora che la presenti ai padroni di casa, poiché lei dovrà venire qui spesso per causa mia. Il professor Maineri che gentilmente si è offerto di accompagnarmi al piano nei due concerti che ho da dare qui.… Ha avuto la gentilezza di venirmi a ricevere alla stazione.
GIULIA. Ci sarei venuta anch'io, se mio marito non fosse stato ancora molto stanco del viaggio.
MARIA (abbracciandola). Oh, non avevo mica l'intenzione di farti un rimprovero! Perché ridi?
GIULIA. Perché hai conservato quel tuo ooh maschile che in collegio ci piaceva tanto.
MARIA. Delle cattive qualità non ne ho perduta nessuna.
MAINERI. Col suo permesso io ritornerò qui domattina.
MARIA. E la ringrazio. Mi piace tanto di trovare al mio arrivo in una città, alla stazione, dei volti amici.
MAINERI. Non ha di che ringraziare. Due mesi fa ho assistito ad un suo concerto a Milano, e mi è nato in cuore il desiderio di sedere io una volta al pianoforte e accompagnare quel suo violino che da sé solo è una vera orchestra. Quasi quasi compio un voto. A domattina!
TARELLI. Scusi, signor professore Giorgio, (subito amichevolmente) Ella, quale professore di belle lettere, se bene ho udito, dovrebbe pur conoscere qualche critico musicale in questa città.
GIORGIO. No, affatto. Vivo a scuola e in casa, e con giornalisti non ebbi finora nulla da fare. È gente che a me non piace.
TARELLI. Peccato! Di solito sono i critici che vengono a cercare di noi, ma capisco che qui toccherà a noi di cercare loro. Le faccio del resto i miei complimenti se non conosce dei giornalisti. Anch'io, se potessi, farei a meno di loro. Canaglie! Però dico «peccato» per il caso nostro. Non conosce neppure nessuno che pratichi dei giornalisti? Eh! Già. Capisco. Non volendo aver che fare con giornalisti è bene tenersi lontano da chi li pratica.
CUPPI. Son qua io! È proprio il momento di presentarmi. Critici musicali? Ma io li conosco tutti. Uno cioè, che però è l'unico. Valzini. Vado a chiamarlo.
ALBERTO (ridendo). Ce n'eravamo dimenticati. Il signor Cuppi, amico degli artisti…
CUPPI. La presentazione è completa. Non c'è più nulla da dire sul mio conto. Amico degli artisti! Dalla Ristori alla grande riformatrice del teatro moderno, la Mara, di tutti… di tutte sono stato o sono amico.
TARELLI. Ha nominato solo gli artisti drammatici. Si dedicherà poi col medesimo zelo ai musicisti?
CUPPI. Solo ai violinisti. Ho una passione speciale io pel violino, per il re degli istrumenti! Non amo i sonatori di piano e neppure il nostro pubblico li ama, a quanto ho potuto osservare. Ho già conquistato dei titoli di benemerenza per i violinisti. Il celebre Janson ch'è stato qui due mesi fa, mangiò, alloggiò e quasi quasi anche suonò col mio aiuto.
TARELLI. E quale successo si ebbe? (Piccola pausa.)
CUPPI. Perché celarlo? Enorme. Molto grande. Per otto giorni la città non si occupò che di lui; il teatro era pieno zeppo e vi erano rappresentate tutte le classi sociali… o quasi. Janson era un ospite ricercato da tutte le famiglie della città. I poeti gl'indirizzavano versi, i giornalisti articoli di fondo. Partendo mi disse che avrebbe voluto essere nostro concittadino, naturalmente… se non fosse stato svedese.
TARELLI. Allora, poveri noi, nevvero?
CUPPI. Oh, no. Al contrario, onorando Janson la città dimostrò quanto apprezzava il vero merito e saprà dimostrarlo anche per la signorina.
TARELLI. Valzini è molto reputato in città?
CUPPI. Moltissimo. Si racconta che autori principali, come Verdi e Wagner, (pronunzia Wagner all'italiana) quel tedesco, leggano sempre le sue critiche…
TARELLI (a mezza voce, con gesto espressivo). Scusi, in confidenza,… bisogna ungere?…
CUPPI. Ah, no. Da noi non ne troverà di questo stampo. Valzini è ricco, ossia ha tutto il denaro di cui abbisogna. È gentile però ed una parola mia servirà a sufficienza. Ma denaro… denaro… ohibò!
TARELLI. Ho chiesto per la buona regola. Naturalmente che s'è ricco e stimato da Wagner (imita Cuppi) non si lascerà pagare.
CUPPI. A rivederci. In mezz'ora o poco più ritorno con Valzini.
GIORGIO (congedandosi). Signorina, interverrò anch'io, se permette, alle prove di domani, quantunque io non sia molto musicale. Anzi, io, e con me parecchi scrittori moderni, siamo contrari alla musica. Tuttavia me ne interesso.
MARIA. Con tali premesse, certo, io non ci tengo molto ad essere onorata della sua presenza. Ad ogni modo, se verrà, suonerò lo stesso. (Giorgio via.)
GIULIA. Perché lo tratti così? Egli ti tratta con una deferenza che non puoi apprezzare, perché non sai com'egli tratti gli altri.
MARIA (abbracciandola con effusione). Oh, se sapessi, quanto felice mi renda il sapermi trattata bene da te! Se lo vuoi, farò dei complimenti anche a tuo fratello, quantunque le persone antimusicali non mi piacciano.
GIULIA. Sai pure che non bisogna tener conto di tutto ciò che dicono i dotti.
TARELLI. Lasciamo qui queste valigie?
GIULIA. No. Le farò trasportare nella stanza a Lei destinata. Amelia!
TARELLI. Non si scomodi! Le posso portare io stesso. Dov'è la stanza?
GIULIA. Di qua. In fondo a questo corridoio. (Via.)
TARELLI. Mi dispiace incomodarla (La segue.)