Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

L’AVVENTURA DI MARIA (Commedia in tre atti).

ATTO SECONDO.

Scena decima. Giulia e detti.

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Scena decima. Giulia e detti.

 

GIULIA  (molto seria). Senti, Maria. Giorgio mi ha detto che tu hai l'intenzione di abbandonare la mia casa prima dell'epoca stabilita. Perché?

TARELLI.  Mia nipote l'ha detto soltanto, perché oggi abbiamo ricevuto un dispaccio che c'invitava di recarci a Genova. Ella non sapeva ancora che avevo già rifiutato.

GIULIA.  Ah, così! (A Maria.) Sai che finché resti in questa città, hai il dovere di approfittare di questa casa. Non siamo forse vecchie amiche? Una parola detta in fretta si dimentica facilmente. Io l'ho già dimenticata… (Freddamente.) E tu?

MARIA  (freddamente). Anch'io. (S'avvicina a Giulia.) Rimango, dunque. (Le porge la mano, poi si pente non vedendo subito pronta quella di Giulia, la quale ritira pure la sua.)

GIULIA.  Grazie. Vado ancora a dare alcune disposizioni per il pranzo. (Via.)

TARELLI.  Qui sarebbe stato a posto un piccolo segno affettuoso che avrebbe fatto più bene di tutte le spiegazioni. Perché non le hai stretto la mano?

MARIA.  Aveva già ritirato la sua. Oh, se crede ch'io abbia un tale bisogno di venir perdonata, s'inganna! Del resto si vede che non saprebbe perdonarmi. (Contenta.) L'ho toccata in un punto debole. Giulia si contiene così, per quel grande rispetto che tutte le donne borghesi portano alle convenienze. L'avrei amata di più, se mi avesse graffiata.

TARELLI.  Vedi, Maria, comincio anch'io a desiderare che si parta al più presto. Non sono più tranquillo.

MARIA.  Non capisco io, adesso.

TARELLI.  Oh, vorrei che non mi comprendessi! Se avessi la certezza che non puoi comprendermi, sarei subito tranquillo di nuovo. Come vuoi che non dubiti di te, vedendo che hai provato il bisogno di vantarti della corte che ti ha fatto quel signor Alberto e che ancora adesso ti compiaci di aver offesa, ferita la tua amica d'infanzia? Non dirmi nulla; non negare, non scusarti. Non sono mica un ragazzo da non capire che la più sciocca azione che si possa fare in tali frangenti si è di seccare, di far parlare continuamente il malato della propria malattia. Non una parola sull'argomento. Andrò ora dalla signora Giulia per cercare di disporla un po' meglio in tuo favore, e nei pochi che rimarremo ancora qui, non si parli più di questa avventura. (Si avvia. Poi.) Sono stato da Valzini. Daremo anche il secondo concerto. Ma ho perduto del tutto la speranza che il pubblico ti diventi favorevole. Basta comprendere ciò che ne pensa Valzini; non che abbia chiesto dei consigli a quell'imbecille, ma la sua opinione mi una chiara idea dell'opinione prevalente in paese. Figurati che sono andato da lui per fargli i miei ringraziamenti con tutta serietà, quasi gli fossi realmente debitore di riconoscenza, e mi attendevo di sorprenderlo, di confonderlo; invece, invece i miei ringraziamenti furono accolti con la medesima serietà con cui furon fatti, con la differenza che la serietà di Valzini non era simulata. Ritiene assolutamente di meritare gratitudine, e di aver scritto di te molto, ma molto meglio di quanto meriti.

MARIA  (che non è stata ad ascoltare). E… se vedo il signor Alberto, devo informarlo della indiscrezione commessa con Giulia?

TARELLI  (in tono di rimprovero). Ah, sei ancora col pensiero?

MARIA  (confusa). Che mi dicevi?

TARELLI.  Niente, niente… Se vedi il signor Alberto, comportati come se nulla di nuovo fosse avvenuto. Come hai detto tu stessa, lasciamoli sbrigare i loro affari da soli. Per liberarti da quella inquietudine che ti vedo ancora in volto, vado dalla signora Giulia, e cercherò di farvi fare la pace oggi stesso. Attendimi qui. (Via.)

 

 


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