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SETTIMO CIELO
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Ho molto amato,
vero? fors'anche, in amore, ipotecài l'avvenire, ti pare? non rèstami, dunque,
màrgine o via per amare di nuovo o di più, credi? Dillo pur francamente. Io
stesso, or fà qualche tempo, credevo così, ma non oggi.
Oggi, il sèttimo
cielo si è aperto anche a mè, quel tolemàico cielo che avvolge, terzùltima
buccia, i sei altri, e, nel mezzo di tutti, il nòcciuolo della terra. Colèi che
era il sospiro ineffàbile delle profondità dell'ànima mia è finalmente apparsa
e mi vide.
O geniale! Tutti
i mièi amori passati ritòrnano, si rinfrèscano, si riassùmon nel tuo.
In tè riconosco
la mia regina di cuori, ma il cuor rosseggiante or sussulta nel petto di lei e
con esso il mio. In tè ravviso Ricciarda staccàtasi dalla sua tela e uscita di
pinacoteca; e la lèttera, che io ho tanto e tanti anni aspettata, è infine
giunta.
Tu sei l'èdera
che arràmpica sino al pertugio del càrcere mio recàndomi verde speranza; tu
l'orologio che segna le ùniche ore della mia felicità, e quelle son della tua;
tu la pianta, la Tilia grandìflora, rinverdita e rivestita di fronde, nella cui
ombra proteggitrice riposo la fatica del vìvere e sul tronco di cui ho per
sempre intagliato, col tuo, il mio nome.
Per tè, Amelia,
l'eroina del mio romanzo è trovata. Se il roseto dell'intelletto più non mi
dava che spine, oggi il sole dell'amor tuo vi fà germogliare e sbocciare altre
foglie, altri fiori. Che il mondo or mi spregi e derida, non m'importa! Mia
gloria è il tuo sorriso.
Tu, la mùsica.
La cortina del quarto cielo si risolleva dinanzi a tè. L'ànima addolorata e
innamorata di Elvira pàlpita e freme nelle minugie del tuo violino e s'innalza
gemendo dai melòdici abissi del tuo òrgano. Tutte le note musicali, pellegrine
nell'àere, vòlano a tè, cingèndoti di una divina atmosfera.
Dolci presensi,
soavi melanconìe, sbigottimenti, accensioni, àgitansi in mè, solo a sfiorarti
la punta del mìgnolo. Le giovinette che mi baciàron bambino o mi accarezzàrono
adolescente, in tè respìrano. Delle mie compagne di viaggio, care
misteriosamente, so oggi il nome ed è il tuo, mentre il libro d'amore che sui
nostri ginocchi or sfogliamo, ha pàgine senza fine. Ed io discendo con tè
lentamente, rinnovellata mia Èster, che mi fai lume, le scale dell'esistenza,
e, ancor prima di uscire alle stelle, le miro negli occhi tuòi. Posa la fina e
pulsante mano di Lisa — la tua — nella mia, né mai se ne staccherà. E la
cristallina lastra, framezzo a noi, cade, dinanzi alle nostre labbra infocate
che si cèrcano.
Sulle rive di un
lago poètico sono venuto a cercarti, nuova Adele, ma non ti ho condotta a un
amico. Nella cameretta del cuore mio sei bene entrata, ma fu per mè — né mai ne
uscirài.
Antonietta non
giace più nella bara virginea. Ella siede sul tùmulo, or mutato in giardino, e
mi guarda cogli occhi buoni e tuòi. Finché io ti abbia vicino, su questa riva
di cui sei fiore e serenità, non mi getterò, stà sicura, nei gorghi, per
raggiùngere la riva opposta.
O Diana càndida,
che la fronte m'illùmini ed èvochi in mè la marèa del sentimento, quanto
soavemente lagrimài nel tuo raggio! Pur tu m'abbreviasti il cammino dei sècoli.
Una futura lontana lettrice era ne' voti mièi. Come poss'io desiderarla ancora
ed attenderla, or che mi leggi?
Tutte infine le
imàgini di gentilezza e di generosità che ho sognato, le ritrovài, al mio
risveglio, vedèndoti. Il sogno tu sei, fatto corpo. Né alcuno ti potrà sciorre
da mè, non tu stessa — perocché sei la mia inspiratrice Celeste, ànima dell'ànima
mia.
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