Ti dirò una scenetta che accadde
a mio fratello maggiore… morto anche lui! Me la narrava sovente, e come, nel
ricordarla, si rischiarava il suo viso!
Quando la avvenne, io era in
Francia, in collegio. Corrèvano tempi tristìssimi. Mio fratello faceva gli
studi nella paterna città presso una scuola di Barnabiti, se non eccellente,
buona. È vero che la malattìa rivoluzionaria l'avèa tanto quanto intaccata, ma
che poteva allora sfuggire a tal malattia? Era nell'aria. Infatti, i reverendi
sequestràvano spesso ai loro scolari imàgini sediziose, libri
guasta-cervelli, e allorché poi, a castigare, mettèvan mano
alla sferza, gli zuffettini pappagallàvano su certe ideone intorno alla dignità
umana, e che so io! Mio fratello però, uno tra i pochi, non avèa peranco
rizzata la cresta; tanto è ciò vero, che il padre reggitore la scuola, pel
quale era sempre la terza posata sulla nostra tovaglia, affermava ogni
dopo-pranzo a donna Francesca mia madre, che il suo
Carlomagnino avrebbe, senza alcun fallo, inscritto nel calendario la famiglia
Etelrèdi.
Senonché, un giorno, il nostro
futuro santuccio, tornato a casa da scuola… e quì, avverti… èrano le prime
volte che egli tornava da solo, avendo tocchi i venti anni…
Alberto: ne ho sette io, e vado attorno senza
nessuno, io.
La nonna: oggi s'è messo il vapore, si nasce con
uno sigaro in bocca; allora si maturava più tardi…
… dunque, tornato mio fratello da
scuola, e, come l'etichetta ponèa, recàtosi a baciare la mano alla contessa
mammina, parve straordinariamente rosso.
— Che avete? — ella chiese
con il suo sòlito imperio.
— Niente — egli rispose
turbato.
— Eppure — osservò mia
madre — siete di un tal colore sì acceso… Sembrate un villano!
— Io? — disse il contino
ancor più arrossendo.
Mia madre, che stava seduta,
cominciò a tripillare per l'impazienza un ginocchio, e a dire: so cosa
avete —
Don Carlomagno si spaurì.
— Voi — seguitò la contessa
nell'additarlo con l'indice — oggi… poco fà… udiste e forse avete anche
tenuto, discorsi, mi duole d'insudiciarmi le labbra… rivoluzionari. No? allora
leggeste qualcuno di que' lùridi fogli scritti da quei pieni-di-pulci
di repubblicani… gente che non usa le brache, e sen gloria!… canaglia…
— Ma no, signora mammina —
interruppe don Carlomagno.
— No? — ribattè la contessa,
studiàndolo con l'occhialetto — Bene, andate —
Don Carlomagno fe' un tondo
inchino, e rimase.
— Ho detto? — esclamò la
contessa.
— Vado — balbettò mio
fratello e si allontanò a ritroso.
Mia madre se la sentì fumare.
Balzò dalla sedia, e corse al contino. Quello, continuando a indietreggiare,
s'addossò contro il muro.
Oh il bel quadretto, Bertino! Là,
mio fratello, un traccagnotto, alto come un granatiere di Prussia, tutto
tremante, quà, rimpetto a lui, mia madre, donnettina dell'India, gli occhi fuor
dalla testa, soffiando come una gatta.
— Conte! — ella
esclamò — si vòlti! — e, senza dargli un momento, lo fe' girare sui
tacchi.
Orrore! Don Carlomagno s'era
tagliato il codino.
Imàgina la signora mia madre! Fu
come se le avèssero tolto un quarto di nobiltà; non riuscendo a parlare,
s'ajutò con le mani, e giù, una solenne guanciata al figliolo.
— Ho dunque in casa un
ribelle? — gridò, non appena potè rinviare la lingua — Ed io! sono io
che lo ha allattato! Cielo! che cosa ne avrebbe mai detto il vostro pòvero
padre? Disonore degli Etelrèdi! — e qui, sulla seconda gota di mio
fratello, poggiò un altro splèndido schiaffo, forse per simmetria.
Il ragazzone, còlto dalla paura,
non alzava nemmeno lo sguardo; si limitava a fregarsi, con le due palme, le
guancie.
— O dove il metteste? —
dimandò imperiosa mia madre.
Il poveretto aguzzò le labbra
quasi a impetrare pietà: l'ho in tasca — disse con un filo di voce.
— Quà — ordinò la contessa;
e, come don Carlomagno traeva timidamente fuori il codino, ella glielo strappò
dalle mani e gliel misurò sulla faccia.
— Ora — conchiuse — o
creatura ingratìssima, andate! e Pietro vi serri nel camerino. Vi resterete ad
aqua, pane e formaggio… no, non meritate il formaggio… a solo pane ed aqua
quìndici giorni. Obbedite! —
Quel pampalugo di un mio
fratello, se non più rosso e confuso, ben altro gonfio che non all'entrare,
uscì. Ch'egli ubbidisse, è certo: era abituato.
Quanto a mia madre, piangendo
rabbia e dolore, serrò sotto chiave il codino. E lo tirava poi oltre per
castigar Carlomagno.
— Ti piace?
Alberto: sì… ma nàrrane un'altra… seria —
La nonna: incontentàbile!
— Oh ne sai tante tu!
— Bene, alla seria!
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