2527. Progetto di un libro, dal
titolo «Goccie d'inchiostro» in cui il Dossi raccoglierebbe tutte sue briciole
letterarie, avanzategli dai grossi pasti delle opere. Molte di queste briciole
si trovano già sparse e nelle sue lettere, e nell'Alberto Pisani ecc. e
nella Palestra Letteraria ecc. come p. es. i bozzetti, intitolati Istinto —
Balocchi — La casetta di Gigio — Giudizi della giornata — La
fede — Un cas de conscience — Charitas — La corba — Le
caramelle — Una fanciulla che muore — Una visita al papa etc.
etc. — Tra i bozzetti potrebbe figurare anche uno dal titolo «I giochi».
«I Giochi» potrebbero stare anche nel L. VI. R. U. Eccone la traccia. -
«Sei già un ometto. Smetti di giocare che è ora» — così certi bravuomini di
babbi dicono ai loro figlioli quando hanno infilato la prima volta le brache.
Ma che dicono proprio, non sanno. — Anzitutto, che intendono mai per
giocare? Rispondono «giocare è un fare cosa non utile» - «E per utile? Ché, se utile
è ciò che soddisfa a un bisogno, anche il giocare è un bisogno, il massimo anzi
ai bambini; ma se diciamo bisogno soltanto il mangiare ed il bere, o
quante inutili cose! O quante son giochi. — E in verità chi proprio gioca
(che i nostri figli non ci odano!) siamo noi — noi i majuscoli
bimbi — Che fanno là tutte quelle genti, vestite dentro e fuori a un sol
modo, ubbidienti a un tamburo; il cui mestiere è l'omicidio etc.? avec
tutte quelle cose lucenti etc. etc.? Giocano — E quegli altri che vanno a
dormire su quelle belle poltrone celesti affine di completare il numero di que'
etc. che credono dirigere gli avvenimenti che camminano per proprio conto,
attorno a un balocco che costa 17 milioni all'anno, che fanno? giocano — E
quegli altri ancora, abbigliati di carta d'oro che fanno il mestiere di adorare
un Dio creato da loro a loro imagine e somiglianza, che fanno con tutte quelle
genuflessioni etc.? giocano — e quelli nelle academie che discutono in
lingua italiana, se la lingua italiana esista; oppure a pesar le parole etc.
che fanno? giocano — E giochi noi grandi uomini (grandi s'intende per la
cresciuta) ne abbiamo a bizzeffe — titoli, decorazioni, mistico
vaniloquio, cerimoniali etc. etc. Lasciamo dunque che i nostri bambini si
trastullino il più lungo tempo possibile coi loro pezzetti di legno etc. Que'
giochi non costano che pochi soldi — i nostri costano oro, sangue,
lagrime — Tra i giochi, le reliquie, i santi, le processioni, i sistemi
filosofici (encicli e recicli), la framassoneria — Illi a puero magnitudine
formaque corporum tantum differunt, quia serio ludunt. — I vecchi = due
volte bimbi. — I nostri orribili giochi.
2559. Temi. 1° Una fanciulla,
innamoratasi di un giovane, è sul morirne. I parenti di lei, vogliono sforzare
il giovane a sposarla — Il giovane, innamorato d'altra, rifiuta — Ma
la sua amante, saputa la cosa, unisce i generosi suoi sforzi a quelli dei
parenti della fanciulla morente. La quale, per riconoscenza, diviene amicissima
della generosa. Conclusione. Il giovane vive con tutte e due — e vive in
perfettissima armonia. - 2° Tale s'innamora fieramente di una, che non gli
corrisponde. Disperato, egli cerca dimenticarla, e dopo indicibili sforzi, ci
riesce, mercè un'altra. Ma allora, quasi a vendicarsi, Amore scende in colei
che negava, la quale, ricomponendo nella mente la figura del lontano giovane, a
poco a poco se ne innamora perdutamente. Ma è tardi.— 3° È la sera. Una
bellissima faccia di ragazza sta appoggiata alla vetrina di una bottega,
guardando verso la strada. Passa un giovane, pien di tristezza e d'amore. I
loro occhi s'incontrano: le loro labbra si aguzzano le une verso l'altre —
e i due giovani si baciano attraverso il cristallo. Donde un amore — 4°
Due fidanzati vanno dal notajo per l'atto nuziale. Si trattava di un matrimonio
fatto più tra i parenti che tra gli sposi. Il notajo è un bellissimo giovane.
La fidanzata se ne innamora. Rifiuta di sottoscrivere l'atto etc. — 5°
Racconto in cui ci siano due figli di madre nobile e di padre plebeo, che
trattano d'alto in basso il padre. Umiltà del padre in loro riguardo
etc. —
2571. Temi. (G. I.) l° Un
bimbo dà a un povero vecchio accattone un lucidissimo cinque quattrini statogli
regalato dal babbo. Il vecchio, ingannato dal suo luciore, lo piglia per un
marengo, e corre dietro al bimbo per restituirglielo, credendo di averlo avuto
in sbaglio. Dispiacere profondo del bimbo, perché la moneta è davvero un cinque
quattrini. — 2° Passo per una via. Un poveretto mi cava il cappello. Io credo
ch'ei mi saluti a gratis e gli rendo gentilmente il saluto. Mortificazione del
poveretto — 3° Molte buone azioni ci vengono in mente, quando appunto non
c'è più tempo di farle. Un povero straccione cade sotto di un omnibus. Non si
fa nulla di male. Vien rimbrottato dai passanti, cacciato a spintoni,
schernito. Io passo oltre. Strada facendo, penso quanto bene avrei fatto, a lui
ed a me a pagargli un bicchiere di vino, bevendo seco. — 4° Due
s'incontrano: credono raffigurarsi e fanno per portarsi la mano al cappello.
Conosciuto l'errore, si pigliano, invece dell'ala del cappello, il naso. —
3711. I villani. Nella stalla in
mezzo al fimo, suocera e nuora s'insolentiscono. Anche nelle società meno
sporche ci si odia, ma l'odio è almen vestito d'amore. Quì tutto è natura. La
suocera dice alla nuora «putana de voeuna, nissun v'ha volsuu, fin quand avii
trovaa on asnon come mè fioeu». — Nuora: s'cioppee, brutta porca
d'ona veggiassa! — Suocera: sont stava quindes dì amalava e s'hii
mai venuu a trovamm — Nuora: crepavev minga l'istess! — e così
via (dal vero). — Bizz. V. 3627 Catalogo etc. 42. I
contadini rifiutano il medico intelligente e si danno anima e corpo a certi
loro ciarlatani che si vantano di possedere la grazia miracolosa.
Costoro entrano nelle capanne a segnare il malato, (e se questo è una donna
anche a palpeggiarla) e gli borbottano su certe turchine preghiere da un libro
fratesco in cui si trovano scongiuri per ogni sorta di male o impedimento
maligno. — Bozzetto — Io e Mons.re Bignami in una
casipola, un dì, confondiamo e fughiamo uno di tali strion stobbiaroeu,
tirando fuori i soliti argomenti relat. alla buonafede, alla ignoranza, al
ciarlatanismo. — Poi usciamo. Strada facendo, il discorso passa allo spiritismo
e il Bignami mi parla con riverenza dei mediums etc. Concl. È una
ignoranza la nostra un po' più alta di quella dei contadini, ma è sempre
ignoranza.
4003. Della vita intellettuale e
della fisica. Sono al balcone — mi sento squilibratissimo. (!) Vedo in
giardino il Porro, aitante della persona, tutto salute ecc. Invidio alla sua
vita. Penso e confronto la vita infelice dei nervi e quella felice dei muscoli.
Entro, seguendo il mio destino, nello studio, sconfortato e piangendo. Mi metto
a leggere, poi a scrivere. A poco a poco mi si compone la cerebrale congestione
del genio, e l'entusiasmo conflagra. Capisco allora quanto le gioje
intellettuali vincano le altre, e dico, pensando al P.: egli non avrà mai
questa divina voluttà.
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