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Le cose si trovàvano appunto in
questi tèrmini — e così avrèbbero potuto forse continuare fino al dì del
giudizio — allorché un nuovo personaggio, sbucando dai maestosi abeti che
si rizzàvano dietro di Emma, improvvisamente apparve.
Era egli un bambino di press'a
poco cinque anni, paffuto, bianco e rosso come una mela appiuola, dagli occhi
di un celestino sbiadito, dai capelli ricci e colore di stoppa, con nudi i
piedi, e tanto làcero, che qua e là dagli stracci del vestito di lui sorrideva
il roseo della sua pelle. Era dunque uno di que' montanarini de' quali v'ha un
formicolajo in Isvìzzera e che tra loro si rassomìgliano come passerotti; di
quelli che, al fermarsi di una diligenza, a mezza strada dinanzi un albergo nel
mentre voi sorsate la tazza alta di birra che la pienotta figlia dell'oste
apporta sur un tondo di stagno, vi si avvicìnano e lèvano verso di voi le loro
manine stringendo in esse qualche punta di cristallo, qualche frammento di
pìrite — oppure — quando la vostra carrozza sale adagio il
monte — abbandònano le loro mandre, sàltan giù dai dirupi, ràmpicano sulla
via, quindi vi tròttano di pari e nell'offrirvi con insistenza o una ciocca di
lamponi grondante ancora di pioggia, o qualche gagliardo e peloso fiore
dell'alpe, chièdonvi d'un tuono quèrulo une p'tite pièce, mo-ossieu…
Il nostro piccino, però, fra i
mercantuzzi del taglio suo non occupava l'ùltimo luogo. — Inquantoché egli
possedeva nientemeno che una scatoletta di cartone in cui stàvano in mostra
bianchi ciòttoli con isquamuzze d'oro, acuti e diàfani quarzi, pallottoline a
làmine di un grigio-ferro lucente, più una fotografìa da
stereoscopio, un po' ingiallita, è vero, ma che, in compenso, rappresentava,
indovinate? Il Louvre. — Il nostro piccino aveva poi, dal nascondiglio ove
i genitori lo ponèvano ogni mattina, da qualche tempo adocchiata la nòbile
coppia, l'aveva attesa e, naturalmente, vìstosela a tiro, apparve.
Ma, avanti di dar l'avviatura a'
suòi affari, ei si rattenne vicino all'àlbero da cui era uscito e stette, con
un ditino alle labbra, come per istudiare il terreno delle sue pròssime
operazioni di commercio… Certo, se a conti fatti, decise di principiare dalla
signora, lo spingeva a lei quella simpatìa d'istinto che lega il fanciullo alla
donna.
Egli adunque discese, saltò il
rigàgnolo e, famigliarmente appoggiàtosi al tronco di abete sul quale Emma
siedeva, diede a costèi l'opportunità… meglio… il piacere di esaminare tutte le
di lui ricchezze.
Emma aveva levata la testa.
Guardò lentamente il bambino con quell'aria che dice: sei arrivato in mal
punto — e al suolo riabbassò le pupille.
Ma il ragazzino non se lo tenne
per detto; sapeva dall'esperienza che chi dura la vince.
Quindi, al diniego della
contessa, ben in contrario di andàrsene, scelse nel botteghino uno fra i
ciòttoli, a parer suo il più bello, e sulla palma lo presentò con importanza
alla dama quasi dicendo: osserva un po' questo e dimmi di no, se lo puòi.
Emma fissollo di nuovo. Davvero
che le pietruzze non la solleticàvano. E infatti colla sua già stava per
allontanare la ostinata mano del bimbo… quando una nuova idèa le balenò.
Cambiando allora il primo moto di repulsione in uno attrattivo, tirò a sé
dolcemente il piccino, gli fe' una carezza, ed indicàndogli il conte, o meglio,
il dorso di quello, con molti gesti e molti sorrisi lo eccitò a portare la sua
mercanziuola al mossieu.
Il bimbo assaporava il muto
discorso della contessa. Figuratevi poi se egli che, di sòlito, cacciato
brutalmente da que' di destra delle vetture, usava passare a manca, ritornando
alla càrica, e così di séguito, figuràtevi, dico, se non doveva arrèndersi
all'affàbile invito della giòvine donna! Perlocché, appena egli ebbe compreso
quanto si desiderava da lui, pigliò le mosse alla volta del conte e…
Ma a mezza via sostò.
Ah! i galantuòmini son proprio
case di vetro. Hanno bel celare le loro passioni: esse trapèlano più che il
sudore dalla lor pelle. E in verità; il dorso di Alberto, curvo, dal capo in
iscorcio, dal collo mezzo nascosto pei sollevàtisi òmeri, dava a capire più che
un SI-FÀ-NOTO in majùscole, come al didentro fosse gonfia
marina — tanto gonfia che il nostro morsello di uomo, fin lui! l'audace
tra gli audaci, l'abituato ai musi in broncio ed alle frustate, si volse
interrogando incerto col viso la nòbile donna.
Ma essa lo inanimì. Con gli
occhi, con la mano, perfino con un… baciuzzo.
Or, ditemi, amici, dopo un
siffatto incoraggiamento avreste voi potuto ninnarla? Voglio sperare che
no. — In quanto al nostro bambino, ogni sua incertezza scomparve, mostrò
coraggiosamente i bianchi dentucci e difilato andò a piantarsi, lui e i suòi
ciòttoli, dappresso al conte…
— Che c'è — esclamò questi
in bùrbero tuono, alzando vivamente la testa. Imperocché avèa udito come un
bisbiglio che lo chiamava — Ah! ecco — aggiunse con sprezzo — un
selvaggio de' sòliti!… Venderài qualcosa, m'imàgino! Un po' di selciato, vero?…
cocci di bottiglia forse?… E vuòi ch'io li compri?… Poh! per dar retta a tutti
vojaltri bisognerebbe èsser Creso…
Quì avvertite com'egli fosse fuor
dalla pesta. Voi però dovete scusarlo pensando alla smania ch'egli sentiva di
sfogarsi, di pigliàrsela con qualcheduno…
E, rabbruscàndosi, continuò:
— Perdìo! I Farisèi portàrono le
loro baracche nel tempio… Fin qui in questo magnifico paesaggio si cacciò la
bottega: quì — ora — s'inganna, si fà a tira tira, nè più nè meno che
da noi, dove l'aria è corrotta… Guardàtelo, quel marmocchio! (avverto ch'egli
teneva sempre fiso lo sguardo nel merciajuolo) è nell'età dell'innocenza…
eppure… ha già sete d'oro! —
Ih! che lente convessa. Correggi
sùbito: ha gran fame di pane.
— E di tal stampo sono tutti
quassù. Venderèbbero, se lo potèssero, i loro punti di vista… ehe dico? li
vèndono. Venderèbbero il minio delle loro guancie, il loro appetito. Se il
diàvolo vivesse ancora, lo supplicherèbbero ginocchioni di barattar loro il
soffio con un cinquelire… Oh! èsseri incontentàbili, ma non vi basta il vostro
purissimo àere? —
Naturalmente, il bimbo punto
rispose. Egli, dello squarcio di Alberto, non era giunto ad acchiappare una
sillaba. Ché se, al contrario, l'orecchio e il comprendonio di lui fòsser
riusciti a cògliere la ùltima interrogazione soltanto — parola
d'onore! — egli avrebbe tosto e chiaro proferito un bel: no.
Ma il conte non gli menò buono
tampoco il silenzio.
— Affedidìo! — gridò scattando
in piedi colI'ira e coll'impazienza che gli guadagnàvano la mano. — Sempre
con quel riso d'idiota!… Hai capito di non seccarmi? Giù le mani… Hai capito di
andàrtene? di spazzar via… e sùbito… colla tua ghiaja e le tue pulci?…
Sapr… —
Il ragazzino arretrò. Di
soverchio a bujo mettèvasi il tempo sulla faccia di Alberto per serbare,
sfidàndolo, leggera speranza. Di più… Al bambino venne una idèa vaga di avere
fatto un grosso marrone, se ne allarmò tutto e, preso dalla paura, corse, con
un piccolo grido, a rifugiarsi dietro il ceppo di abete, sul quale sedeva la
contessa.
Alberto, come già toccài, voleva
quasi mangiar cogli occhi il fanciullo. Vedèndoselo quindi fuggire,
istintivamente il suo sguardo lo seguitò; dallo sguardo obbligati, i tacchi
fècero una mezza giravolta e — naturale! — essèndosi in quel mentre
il bambino nascosto dietro il rusticano sedile di Emma, Alberto si trovò con
quest'ultima faccia a faccia. Valicato era il monte. Essi, Dio sia benedetto!
fisàvansi.
Oh aveste allora veduta la giòvine
donna! In avanti piegata, poggiando le mani al ceppo di abete, sul viso di lei,
bianco come un panno lavato, l'ànima intera affluiva. Intenso dolore, sùpplica
ansiosa, speranza, vi si scorgèvano in una, e tutte sur un tal fondo di amore
così incrollàbile, ardente, che una ràpida vampa passò pel volto del conte e un
trèmito quasi di elèttrica scossa lo colse.
— Oh! Emma — dovette egli
dire appassionatamente, giungendo le palme.
— Alberto! — ella rispose
con un grido di gola.
L'incanto si dissolveva.
— Mia Emma — esclamò il
giòvane con trasporto, correndo vèr lei. E vicino le cadde e l'abbracciò
stretta stretta.
— Perdòno — mormorò essa,
colla sua guancia appoggiata a quella di Alberto sì ch'egli ne sentiva rigare
le calde làgrime.
Ma il conte:
— Mai… mai… — interruppe
asciugandole a furia di baci le palpebre, e — scostatosela dal
petto — come fa col bambino la madre, si pose voluttuosamente a succhiare
la contentezza che le raggiava nel viso.
E in quella una ricciuta e bionda
testina in mezzo a loro, apparve. Era il mercantuccio: egli che, passato il
pericolo, aveva creduto bene di torsi dal suo rifugio… il tronco dietro cui
zitto zitto stava acchiocciolato; egli che ora pazzamente rideva — e
perché mai? — rideva offrendo i suoi quattro ciòttoli ai due giòvani
sposi…
Amici, voi ben potete imaginarlo:
quello fu un giorno d'oro per gli affari di lui. — Confessiàmolo però: se
lo meritava. Ne aveva conchiuso uno tra i più belli del mondo.
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