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Carlo Dossi
Goccie d’inchiostro

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  • GOCCIE D’INCHIOSTRO
    • 4 - PRIMA E DOPO
        • -2-
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-2-

 

È nato.

Giulio, tremando, alza il velo alla culla e guarda il suo bimbo

Brutto! Gli è un di que' còsi falliti, aborti maturi, cinesi magoghi. Floscio, di un colore ulivigno, tien già le rughe della vecchiaja, e Dio sa quanto vivrà! Non solo. È di un brutto volgare; niuna favilla di quella fiamma divina, che sublimò la bruttezza di Sòcrate; ed è di un brutto neppure, che possa, strada facendo, aggiustarsi. veramente, si dice:

 

«maschi e tortelli

son sempre belli,»


ma! — ma quì non si tratta di un maschio.

O poverina, quale avvenire ti attende?

Dopo un'infanzia, lunga, durata in un canto, gli occhi gravi di duolo, nascosta da' tuòi genitori, che arròssan di ; dopo un'infanzia, buja, quà e serenata da baci, che non làsciano succio — baci di compassione — èccoti giovinetta, e lo «spirto di amore» risvègliasi in con violenza morbosa.

Ma, nessuno ti guarda; se sì, è per rìdere; non per sorrìdere mai. Cangia il mondo di scorza, non di midollo; gli è ancora quello, quellìssimo, che diè la causa vinta a Frine. Sei brutta, e le belle ragazze non ti vòglion con loro; brutta, e sgradisci alle mamme. Cave a signatis! le ti crèdon cattiva, e, credendo, ti fanno.

Ma, come i tuòi occhi non sono costretti vèr terra da quelli degli altri, così ognora tu guardi.

Ed ecco, il tuo «desìo amoroso» ha incontrato una faccia soave, di uno, che a , alle maniere leggiadre non usa, raccolse il fazzoletto caduto, e, con parola cortese, l'offrì. Oh nascondi l'amore! nascondi.

Ecché? quel gentile er ti passa vicino e non ti saluta. Sai? Hanno scoccato di e di lui male cose; come si dice, bons mots; ed egli più non s'intriga con gobbe; e, in prova, sposa Paolina, un angioletto senz'ali. Oh baci! oh strida!

Così, il caràttere tuo, siccome la voce, inasprisce. Babbo e mamma, al pari della speranza, ti hanno lasciato da un pezzo. Essi rimpròverano a la lor morte; tu, a loro, la vita. Pàssano gli anni e più non ti resta che il calor della ciecia.

E tu diventi una vecchia borbottona e stizzosa, che morir gli augelletti con il sistema Filadelfiano, che rompe i tèneri arbusti amici a tèneri cuori, che, tutta piena di spilli, si tira in collo i bambini a intabaccarli di baci; e tu diventi una dama, che, lumacando col biscottino e gli scrùpoli per gli ospedali, raddoppia la febbre ai malati — e nelle case attizza discordie, la chierca ai ragazzi, e a Dio prostituisce le tose — e i matrimoni attraversa, e turba i riusciti.

Ma quì, il povero padre, aggricciando, abbandona su quella cuna di tanti dolori il velo, e fugge. Fugge impaurito la brama di soffocarli a una stretta; fugge un reato pietoso.


 




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