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ODIO AMOROSO
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Volta e rivolta, nulla! Sonno non
ne veniva. E sfido! La fantasìa di lui conflagrava al ricordo di una bellìssima
tosa bevuta con gli occhi quel dì, Correggesca Madonna, fuggita alla gloria di
un quadro e pòstasi ad una finestra. Senonché, in sulle braccia, invece del
gonfi-ampolle bambino, reggèa un gatto soriano. E gli facèa
carezze… Gatto felice!
Innamorato dunque, cotto,
biscotto! — Egli, Leopoldo Angiolieri, che in una bicchierata a
New-Orleans avèa sclamato «amore, nel trantran della vita,
è un nome decente per esprìmere… altro.» Fatto è, che sino a quell'ora,
cioè ai ventisette e passa, niuno uncino amoroso avèa pigliato Leopoldo; e chi
ha verace giudizio sa come ciascuno di noi tutto misuri con la spanna sua
propria.
In verità, era d'uopo che per
cangiare d'idèe, egli cangiasse di mondo, tornasse giusto in paese —
imaginate! — nel bel primo dì.
Venuto per la sorella… Ma quì la
parola sorella, lo deviò in altri pensieri, pensieri indigesti. Allorché
egli partiva per l'oltremare — nè lunga avèa a riuscire l'assenza —
Ines, sejenne, era stata messa in collegio; ora, dopo quattòrdici anni,
rimpatriava a farle da babbo, lui. E, questo, egli avrebbe e di cuore e con
gioja prima che la sua sconosciuta apparisse; ma ora, no; ora, una
sorella non gli accomodava un bel nulla, qualunque si fosse. Ché, se sveglia
d'ingegno, quale tormento! se stupidetta, che noja!… Ed era? Leopoldo pendèa al
secondo partito; il ritrattino difatti che, dodicenne, essa gli avèa mandato,
mostrava una faccia grassa, dormiosa. Non rifletteva però il giovanotto, che
chi dormiva era amore, e che chi dorme si sveglia. Pur, sia come si sia, a che
ci hanno le doti? a che gli spiantati?
Così, cacciato con un sospiro di
gusto quel tàfano della sorella, Leopoldo intese la imaginazione tutta alla
vaghìssima incògnita. E ricompose gli occhioni di lei, neri; e il fiume de'
suòi neri capelli, e il viso «color di amore e pietà» di un sùbito pinto a
vergogna, com'ella si accorse di lui, e sparve.
Volta e rivolta, sentì sonare le
quattro.
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