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Il moribondo per decreto
dell'uomo, quando dispera di protrarre la vita, chiede gli sia la morte accorciata;
e sì facèa Leopoldo, accelerando la sua.
Nè tardò molto quel dì, in cui la
sorella gli apparve abbigliata di bianco e di pallidezza. Foss'ella stata in un
còfano, niuno avrebbe temuto di porle sopra il coperchio: nè lei certamente
sarèbbesi opposta.
E fùrono alla chiesola. Ines
dìssevi un sì, gelato come neve all'ombrìa. Una sua amica, svenne.
Uscìrono. Bombàvano i mortaletti,
le campane suonàvano ed una banda di stuonatori die' fiato alle trombe. In sul
sagrato, giostre, cuccagne, apparecchi pci fuochi, tra i quali la bianca
ossatura di un I e di un E giganteschi; da ogni parte, folla. E il Sìndaco, in
tutta divisa, inchinati gli sposi, presentò loro dieci contadinelle, vestite di
nuovo e dotate per il fàusto giorno da Ines, principiando un discorso
che avèa l'odore della carta bollata. Ma l'interrùppero i viva; un
grosso pallone con sòpravi scritto felicità pigliava l'aìre. Si sparse
il cammino di fiori, si presentàrono mazzi, scambiàronsi in aria i cappelli.
Camoletti, intanto, guizzava quà e là nella piena, distribuendo denari, boni
per scorpacciate, boni per sbornie, e remissioni di dèbiti inesigìbili.
La gioventù si asciugava la gola, la vecchiaja le ciglia. Ed il maestro di
scuola, riuscito a chiappare un bottone a Leopoldo, gli fece inghiottire fino
all'ùltima stilla un sonetto di duecento e più versi che incominciava:
Te beäto, o signor, cui la
sorella
D'amor ferita, ora Imenèo risana.
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