Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Carlo Dossi
Goccie d’inchiostro

IntraText CT - Lettura del testo

  • GOCCIE D’INCHIOSTRO
    • 8 - IL NATALE
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

8 - IL NATALE

 

In que' momenti di spirituale abbandono e di fisica immobilità che precèdono o séguono il sonno, nei quali più non rammenti quanto sei lungo e largo, e sogni, conscio del sogno, o come flùttuano, o come s'aggìrano in capo le larve di ciò che mai non verrà o non ritornerà più!… E a sovviene della vigilia del di Natale, quando la folla rigurgitante per le contrade inverte il dubbio, che ci era nato il mattino, alla veduta di quel famoso Verziere, bondanza nostran, stupor di forestee, se, cioè, a tanta roba fòssero bocche bastanti. Il giorno stà per chiùdere i suòi registri. All'incertezza della scelta, successe la temerarietà, la febbre scalmana della còmpera. I soldi sémbran pesare nelle saccoccie; non si fa più prezzo; contràttasi fra i compratori, e le botteguccie a ruote de' baloccài si vuòtano a occhio, come se tutto si donasse o rubasse.

Ed io, anch'io, col mio presepio a màntice e le saccoccie zeppe di caldarroste, sgambetto con la fantesca ver' casa, allungando la via dinanzi a tante vetrine che si dìsputano gli occhi e le borse. In ogni dove, la gola ingegnosa trionfa. Il salumiere par non abbondi che di roba rara. Sotto la pompa di un baldacchino di salsicciotti, di trasparenti zendadine del Papa e di corda di Monza, fra il grana piangente a saporite làgrime, e le artistiche velleità del butiro, fra nuove bottiglie a secolari ragnaje e un luccicchio di scatolette di latta, ecco una colossale testa di negro, inturbantata, che odora lontano un miglio la mortadella, terrìbile e appetitosa; ecco pernici impettite con grembialini e bianchi berretti che girarrostìscono cuochi di pane tosto e tartufi; ecco tacchini abbigliati da uccelli del Paradiso, e porcellini di latte mascherati da frate, e gàmberi e aragoste circùitu curvàntes brachia longo… E il droghiere? Il droghiere, sotto la rituale fila delle fùnebri torcie da cinque o sei libbra di dolore l'una, avvicendata coi pani di zùcchero color cielosudicio a cordelline rosse, ha disposto un bel lago di specchio con bastimenti canditi ed isole in cui nasce la frutta già bell'e cotta e acconciata, ed aspri monti dolcissimi, sui quali saltìcchiano de' canarini, modo huc, modo illuc, per la ragione della sproporzione, favolosamente enormi. Così, nella vetrina del mercantello, sta esposto un grosso agnello imbottito, esageratamente lanuto, col suo bindellone rosa, quieto e stùpido quasi come un agnello vero. E intanto il lattajo assurge a sorbettajo, a pasticciere il fornajo. E quello ci porge il tùmido lattemiele e le àride cialde, simbolo della stagione; questi, magi bollenti scroscianti, due soldi trè.

Ma il cielo promettineve incombe viepiù. Càndidi fiocchettini si cùllano per l'àere come dubbiosi di scèndere, e scèndono lentamente, come attaccati ad un filo. Il campanone del Munici-pio, brontolone ostinato, comincia a rombare. È l'ora dello scopripignatte, l'ora della minestra che bolle. I lumajoli si spàrgono per la città; la stella cometa del Presepio meccànico illùminasi. Tu scorgi inusitate rigonfiature negli àbiti: tu scorgi far capolino i cappucci dorati o inceralaccati delle bottiglie. Tutti hanno il loro pacchetto, e sovente più di uno, o, se no, certo sorriso soddisfatto e saputo, che vuole dire lo stesso. Garzoni e facchini, carri e carriole con su a mucchi la roba s'incròciano per ogni dove. Ma, o voi, che avete il pacchetto, non iscordate coloro che non pòssono averlo: passando, non date solo uno sguardo a que' pòveri bimbi, cui, delle cucine dei ricchi, altro non giova che il fumo: oh fate che nessuno rammenti con astio il del Signore; fate che il pane della miseria, almeno oggidì, non sappia troppo di sale!…

 

* * *

 

Ma la fantesca, pressosa, mi tira a casa, piena la testa, vuota la pancia. Oh come lieta ci accoglie oggi la tàvola, inondata di luce, riscintillante d'insòlita argenteria, il Panettone! oh come vi ci sediamo volentieri!… E in verità, la vigilia del del Natale è il giorno il più affacendato, vuotasaccoccie, stancatore dell'anno; aggiungerò, il più misterioso. Ché in questo , ben ricordo, il campanello della porta di strada ha tintinnito a straore; e a chi correva ad aprire, affrettate persone hanno sporto dei pacchi, tosto pigliati dalla fantesca, tosto rimessi alla mamma, che, sorridendo a' miei occhiucci curiosi, andava a serrarli in un armadione profondo, cigolatore

Or che potèvano èssere?… Certo, regali — Epperchì?… Certo per … E contèngono?…

Ma, innanzi tutto, facciamo un po' il conto su quanti e quali parenti posso ancora sperare. Ahimè! il nùmero diminuisce ogni anno. Essi mi muòjono senza ammalarsi, anticipando le làgrime mie. Dìcono che io sono fatto già grande, mentre son loro che fànnosi pìccoli. È vero, che, oltre babbo e mammina, possiedo ancora trè zii di più retto giudizio e due nonni… Oh buoni nonni, che non cessate mai di vederci con il cèrcine in capo, anche se grigi di barba!… Ma, per nonna Prassede, quantunque i mièi genitori si ostìnino a dire che il regalo migliore è il suo (il quale regalo, immaginate è sempre un abitino completo, dalle scarpe al cappello) non fo assegnamento: difatti, il suo, non è un regalo per , ma per loro. Nonno Bernardo poi, si , il sòlito scatolone di dolci, perché, dice lui, i bimbi vanno dolcemente trattati. Dolcezza troppa, peraltro, indigestione e i regali di nonno finìscono sempre in magnesia. E nonno, insième alle chicche, usa chiùdermi in mano un due centèsìmi d'oroPure, da che i marenghini diventàrono pinti, da che non tròttolano più, non so cosa farne. Poco m'importa che i mièi genitori me li pòrtino via e li mèttano in un grande salvadanajo che ha nome la cassa dei risparmi, dicendo: ti servirà poi. Chissà che diàvolo, il nonno, finirà per pagarmi!

Veniamo ora agli zii. Zio Rocco, zio Antonio e zio Giorgio. Zio Rocco è quello del libro. Egli mi affibbia, ogni anno, qualche volume di scarto, rilegàndomelo a nuovoFosse almeno, stavolta, rilegato di rosso!… Quanto a zio AntonioOttimo zio! il Natale passato, mi ha fatto avere una cassetta da legnajolo, poiché egli vuole, secondo il sistema di Froebel, che, dilettàndomi, impari. Per carità, non chiedètene a mamma!… poverette le gambe delle sue sedie!… Ma «tu, o Baldassare, che zio Antonio mi regali quest'anno, un bel vaporino dal congegno del topo… di que' vaporini che sempre si còrrono dietro e non si giùngono mai; con i suòi bravi vagoni di prima, di seconda e di terza — e tanti!… con i carri da merce, e tanti!… con le casine dei ferrovieri — e tante!… Amen. No, aspetta! Non iscordare la bambagia del fumo, o buon Baldassare!».

Senonché, la mia maggiore speranza… che dico?… certezza, è zia Gigia, la zia dei regaloni. Quando a Natale sento in cortile il rumore di una carretta, io esclamo: è quì il regalo di zia! Se poi, i doni degli altri dùrano una occhiata e non più, i suòi contìnuano finché c'è roba da discartare. Fu l'anno scorso, ad esempio, una grand'arca di Noè i cui inquilini occupàvano tutta la tàvola, la credenza, e un pajo di sedie… Non avrèi mai creduto che fòssero tante le bestie!… E, quest'anno?… che io forse indovini?… Poiché l'amantìssima zia ha cura, uno o due mesi prima, di succhiellare i mièi desideri, e poi, ella tiene i segreti a fiore di labbro… Ed io, già, glielo dissi: io voglio un mercato, io — Scusate se è poco! volere nient'altro che il mondo! —

Così, spàsimo ora di vedermi padrone, con alta e bassa giustizia, di tanto paese. Tutto stà ad èssere certi che il Natale sia oggi… Ma sì. Sì, perché ieri scrissi io medèsimo il nome del mio signor maestro su un pacco di zùcchero e cioccolatte, dolce corrompimento che contrapesa, nella stima di lui, il sale che màncami, e ricopiài sopra lùcida carta a merletti trè letterine coi sensi del cuore mio dettati dal signor maestro, e vidi, tra compassione e allegrìa, la cuoca comporre l'infelice tacchino, mio confidente da quindici giorni, in una bara di rame, in mezzo all'olio e al limone

 

* * *

 

Sì, sì, — è Natale. All'inquietùdine del desiderio e del dubbio, all'attesa, successe la calma della stanchezza e della soddisfazione. Dappertutto, odore di lauro e d'arancio. Marìa cessò o dimenticò di penare, rapita nel viso raggiante del pàrgolo suo, che pèndele addormentato alla poppa, coi boccheggianti labbruzzi bagnati ancora di latte, inconscio di sé, mentre i due sìmboli dell'umana famiglia lo guàrdano stupidamente e l'àngelo della Povertà la guardia alla porta. Zitto! non lo destate. Solennemente cade intanto la neve, e la Provvidenza par che stenda con essa sotto ai nostri scèttici passi un muto tappeto. Non s'ode che il fioco galabronio di una piva lontana, non si ode che il fruscio argentino del ruscelletto di talco del casalingo presepio

Ed io, compreso della più dolce illusione, alzo, fuor dalle coltri, il capo, e guàrdomi attorno. Il sole da padrone nella mia stanza. È Natale davvero, me ne ricordo benìssimo, ma la mia mano ha incontratouna barba. Nella mia stanza, odore inveterato di pipa, e pistole, e stivaloni appesi a spade… non di latta, purtroppo!… Dio! da quanto tempo sono scomparse quelle faccie amorose, che, in tali mattine, brillàvano intorno al mio letto, col più trasparente segreto nei loro sorrisi, faccie per rivedere le quali m'è d'uopo riconfortar la memoria a fotografìe ingiallite come foglie autunnali!… E neppure c'è un bimbo che attenda la mia!

 


 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License