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BALOCCHI
— No, no — disse mio nonno,
un dopo-pranzo a tàvola, dindonando e la testa e il fiocco
del berrettino — le tue ragioni saranno della chiavetta, pure… non
m'èntrano. Voglio concèderti che, tanto o quanto, si tocchi innanzi, ma nego,
stranego che il tuo progresso sia universale. Di più — in certi
casi — voi, affinando, guastate.
— Oh! nonno — fec'io con
rimpròvero.
— No, no — ripetè egli, al
doppio impuntato — non mi persuadete, voi. In certi casi, dico, il mondo
va proprio alla gàmbera. — Guarda, a mò d'esempio, i giuochi del nostro
Bertino, que' giuochi che tu gli regali ogni giorno: sono —
l'ammetto — molto più lavorati, molto più eleganti di quelli che io, a
mièi bei tempi, tentavo di ròmpere, ma, con tua pace, non sono che
giuochi bastardi. Il vero, il tradizionale, il robusto balocco — il
balocco ereditario che i nostri avi disarmadiàvano pei loro bambini e
riponèvano poi, quando questi bambini cominciàvano ad imbronciarsi sul
rosa-rosae— s'è perso. In quale mostra mi puòi ora
trovare que' galantuòmini di noce, rozzi, ma non senza sapore scolpiti, sòlidi,
che, aprendo sì grottescamente con gran trich-trach braccia
e gambette ad una strappata di filo, gonfiàvan le guancie ai nostri puttini
barocchi?… e dove que' soldatucci di legno, incamatiti, verniciati di bianco e
di rosso, dallo zòccolo verde, che si schieràvan di botto, movendo dai capi le
stecche in cui èrano fissi? dove, infine, di'? que' cavalloni massicci, con
dipintovi su briglie e sella, e con le mezzelune sotto, forate a tondo,
pitturate di stranissimi fiori? cavalloni che altalenàvano rumorosamente…
— Fortunati i vicini!
— Ti avverto che non si murava
come oggi. Carlo, insomma, pazienta… ora il balocco perdette la sua
originalità. A che si riduce, adesso? si riduce a una meschina copia, un quinto
dal vero, di ciò che sempre vediamo. Ecco pianofortini, tavolinucci,
sediette — tutta roba di cera, di cartapesta, come un sistema di
filosofia, unita insieme con biascia, rotta non appena comprata — ecco, so
io di molto! topini, vapori, a molle, a ingegni, da montarsi in cento maniere,
che fan lagrimare i nostri poveri màmmoli per non poterli capire e fanno, non
rado, dicervellare anche i signori pappà. In somma, il balocco legittimo
è sotterrato; rimane nella sola nostra memoria. Oggi è minuteria, da
cantoniera, da stipo, chincaglierìa; trastulla, non i bambini, ma i
bambinoni…
Io (sorridendo): E sì, nonno, che noi, anche noi,
abbiamo di già i nostri giuochetti… Croci, spalline, pennacchi, et coetera
et coetera.
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