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Carlo Dossi
Goccie d’inchiostro

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  • GOCCIE D’INCHIOSTRO
    • 21 - I RACCONTI DI DONNA GIACINTA
      • 1. Il codino
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1. Il codino

 

Ti dirò una scenetta che accadde a mio fratello maggiore… morto anche lui! Me la narrava sovente, e come, nel ricordarla, si rischiarava il suo viso!

Quando la avvenne, io era in Francia, in collegio. Corrèvano tempi tristìssimi. Mio fratello faceva gli studi nella paterna città presso una scuola di Barnabiti, se non eccellente, buona. È vero che la malattìa rivoluzionaria l'avèa tanto quanto intaccata, ma che poteva allora sfuggire a tal malattia? Era nell'aria. Infatti, i reverendi sequestràvano spesso ai loro scolari imàgini sediziose, libri guasta-cervelli, e allorché poi, a castigare, mettèvan mano alla sferza, gli zuffettini pappagallàvano su certe ideone intorno alla dignità umana, e che so io! Mio fratello però, uno tra i pochi, non avèa peranco rizzata la cresta; tanto è ciò vero, che il padre reggitore la scuola, pel quale era sempre la terza posata sulla nostra tovaglia, affermava ogni dopo-pranzo a donna Francesca mia madre, che il suo Carlomagnino avrebbe, senza alcun fallo, inscritto nel calendario la famiglia Etelrèdi.

Senonché, un giorno, il nostro futuro santuccio, tornato a casa da scuola… e quì, avverti… èrano le prime volte che egli tornava da solo, avendo tocchi i venti anni…

 

Alberto: ne ho sette io, e vado attorno senza nessuno, io.

La nonna: oggi s'è messo il vapore, si nasce con uno sigaro in bocca; allora si maturava più tardi…

 

… dunque, tornato mio fratello da scuola, e, come l'etichetta ponèa, recàtosi a baciare la mano alla contessa mammina, parve straordinariamente rosso.

— Che avete? — ella chiese con il suo sòlito imperio.

— Niente — egli rispose turbato.

— Eppure — osservò mia madre — siete di un tal colore sì acceso… Sembrate un villano!

— Io? — disse il contino ancor più arrossendo.

Mia madre, che stava seduta, cominciò a tripillare per l'impazienza un ginocchio, e a dire: so cosa avete —

Don Carlomagno si spaurì.

— Voi — seguitò la contessa nell'additarlo con l'indice — oggi… poco fà… udiste e forse avete anche tenuto, discorsi, mi duole d'insudiciarmi le labbra… rivoluzionari. No? allora leggeste qualcuno di que' lùridi fogli scritti da quei pieni-di-pulci di repubblicani… gente che non usa le brache, e sen gloria!… canaglia…

— Ma no, signora mammina — interruppe don Carlomagno.

— No? — ribattè la contessa, studiàndolo con l'occhialetto — Bene, andate —

Don Carlomagno fe' un tondo inchino, e rimase.

— Ho detto? — esclamò la contessa.

— Vado — balbettò mio fratello e si allontanò a ritroso.

Mia madre se la sentì fumare. Balzò dalla sedia, e corse al contino. Quello, continuando a indietreggiare, s'addossò contro il muro.

Oh il bel quadretto, Bertino! Là, mio fratello, un traccagnotto, alto come un granatiere di Prussia, tutto tremante, quà, rimpetto a lui, mia madre, donnettina dell'India, gli occhi fuor dalla testa, soffiando come una gatta.

— Conte! — ella esclamò — si vòlti! — e, senza dargli un momento, lo fe' girare sui tacchi.

Orrore! Don Carlomagno s'era tagliato il codino.

Imàgina la signora mia madre! Fu come se le avèssero tolto un quarto di nobiltà; non riuscendo a parlare, s'ajutò con le mani, e giù, una solenne guanciata al figliolo.

— Ho dunque in casa un ribelle? — gridò, non appena potè rinviare la lingua — Ed io! sono io che lo ha allattato! Cielo! che cosa ne avrebbe mai detto il vostro pòvero padre? Disonore degli Etelrèdi! — e qui, sulla seconda gota di mio fratello, poggiò un altro splèndido schiaffo, forse per simmetria.

Il ragazzone, còlto dalla paura, non alzava nemmeno lo sguardo; si limitava a fregarsi, con le due palme, le guancie.

— O dove il metteste? — dimandò imperiosa mia madre.

Il poveretto aguzzò le labbra quasi a impetrare pietà: l'ho in tasca — disse con un filo di voce.

— Quà — ordinò la contessa; e, come don Carlomagno traeva timidamente fuori il codino, ella glielo strappò dalle mani e gliel misurò sulla faccia.

— Ora — conchiuse — o creatura ingratìssima, andate! e Pietro vi serri nel camerino. Vi resterete ad aqua, pane e formaggio… no, non meritate il formaggio… a solo pane ed aqua quìndici giorni. Obbedite! —

Quel pampalugo di un mio fratello, se non più rosso e confuso, ben altro gonfio che non all'entrare, uscì. Ch'egli ubbidisse, è certo: era abituato.

Quanto a mia madre, piangendo rabbia e dolore, serrò sotto chiave il codino. E lo tirava poi oltre per castigar Carlomagno.

 

— Ti piace?

Alberto: sì… ma nàrrane un'altra… seria —

La nonna: incontentàbile!

— Oh ne sai tante tu!

— Bene, alla seria!

 

 




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