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Carlo Dossi Goccie d’inchiostro IntraText CT - Lettura del testo |
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31 - LA MAESTRINA D'INGLESE
1. Tanto per cominciareÈ una pìccola stanza. Serve, con vece alterna, e da sala da pranzo e da vìsite, e, si potrebbe anche dire, da càmera a letto, ché i due sofà mi han punto l'aria di restar sempre sofà. Tègoli troppi si vèggono fuori, per crèderci bassi di piani; troppa poca mobilia dentro, per crèderci alti di fondi. Squillo di campanello. Il campanello sussulta nella stanzetta; che la sia pure anticàmera? E al suono, una ragazza gentile si presenta a una porta, e leggera leggera corre a dischiùderne un'altra. Ed ecco un bel giòvane biondo, alto, entrare, e tosto pigliarle con trasporto le palme. — E il pappà? — chied'egli di sottovoce. Aurora muove la graziosa testina tristissimamente. — Ma il dottore, che dice? — Dice: vi è un sol rimedio… morire. — Aurora ha nel parlare la più adoràbile erre del mondo. Ma, oè, signore lettrici, non vi sforzate a erreggiare; un rossetto e un bianchetto, come Natura dà, nel profumiere non troverete mai. I due bei giòvani stanno zitti, mani con mani, sguardo con sguardo. — Aurora! — geme una voce dalla stanza vicina. La fanciulla si scuote, scioglie le sue dalle mani di Enrico, che con passione le preme, e accorre a chi chiama. Enrico ode la voce dell'ammalato, diventando agra e stizzosa, dire alla figlia che lo si abbandona, che lo si lascia morire, anzi! che lo si desìdera morto… E Aurora, giù a piàngere. — Oh l'egoista! — fà il giovanotto fra i denti, e sospira.
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