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Carlo Dossi Goccie d’inchiostro IntraText CT - Lettura del testo |
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Le cose si trovàvano appunto in questi tèrmini — e così avrèbbero potuto forse continuare fino al dì del giudizio — allorché un nuovo personaggio, sbucando dai maestosi abeti che si rizzàvano dietro di Emma, improvvisamente apparve. Era egli un bambino di press'a poco cinque anni, paffuto, bianco e rosso come una mela appiuola, dagli occhi di un celestino sbiadito, dai capelli ricci e colore di stoppa, con nudi i piedi, e tanto làcero, che qua e là dagli stracci del vestito di lui sorrideva il roseo della sua pelle. Era dunque uno di que' montanarini de' quali v'ha un formicolajo in Isvìzzera e che tra loro si rassomìgliano come passerotti; di quelli che, al fermarsi di una diligenza, a mezza strada dinanzi un albergo nel mentre voi sorsate la tazza alta di birra che la pienotta figlia dell'oste apporta sur un tondo di stagno, vi si avvicìnano e lèvano verso di voi le loro manine stringendo in esse qualche punta di cristallo, qualche frammento di pìrite — oppure — quando la vostra carrozza sale adagio il monte — abbandònano le loro mandre, sàltan giù dai dirupi, ràmpicano sulla via, quindi vi tròttano di pari e nell'offrirvi con insistenza o una ciocca di lamponi grondante ancora di pioggia, o qualche gagliardo e peloso fiore dell'alpe, chièdonvi d'un tuono quèrulo une p'tite pièce, mo-ossieu… Il nostro piccino, però, fra i mercantuzzi del taglio suo non occupava l'ùltimo luogo. — Inquantoché egli possedeva nientemeno che una scatoletta di cartone in cui stàvano in mostra bianchi ciòttoli con isquamuzze d'oro, acuti e diàfani quarzi, pallottoline a làmine di un grigio-ferro lucente, più una fotografìa da stereoscopio, un po' ingiallita, è vero, ma che, in compenso, rappresentava, indovinate? Il Louvre. — Il nostro piccino aveva poi, dal nascondiglio ove i genitori lo ponèvano ogni mattina, da qualche tempo adocchiata la nòbile coppia, l'aveva attesa e, naturalmente, vìstosela a tiro, apparve. Ma, avanti di dar l'avviatura a' suòi affari, ei si rattenne vicino all'àlbero da cui era uscito e stette, con un ditino alle labbra, come per istudiare il terreno delle sue pròssime operazioni di commercio… Certo, se a conti fatti, decise di principiare dalla signora, lo spingeva a lei quella simpatìa d'istinto che lega il fanciullo alla donna. Egli adunque discese, saltò il rigàgnolo e, famigliarmente appoggiàtosi al tronco di abete sul quale Emma siedeva, diede a costèi l'opportunità… meglio… il piacere di esaminare tutte le di lui ricchezze. Emma aveva levata la testa. Guardò lentamente il bambino con quell'aria che dice: sei arrivato in mal punto — e al suolo riabbassò le pupille. Ma il ragazzino non se lo tenne per detto; sapeva dall'esperienza che chi dura la vince. Quindi, al diniego della contessa, ben in contrario di andàrsene, scelse nel botteghino uno fra i ciòttoli, a parer suo il più bello, e sulla palma lo presentò con importanza alla dama quasi dicendo: osserva un po' questo e dimmi di no, se lo puòi. Emma fissollo di nuovo. Davvero che le pietruzze non la solleticàvano. E infatti colla sua già stava per allontanare la ostinata mano del bimbo… quando una nuova idèa le balenò. Cambiando allora il primo moto di repulsione in uno attrattivo, tirò a sé dolcemente il piccino, gli fe' una carezza, ed indicàndogli il conte, o meglio, il dorso di quello, con molti gesti e molti sorrisi lo eccitò a portare la sua mercanziuola al mossieu. Il bimbo assaporava il muto discorso della contessa. Figuratevi poi se egli che, di sòlito, cacciato brutalmente da que' di destra delle vetture, usava passare a manca, ritornando alla càrica, e così di séguito, figuràtevi, dico, se non doveva arrèndersi all'affàbile invito della giòvine donna! Perlocché, appena egli ebbe compreso quanto si desiderava da lui, pigliò le mosse alla volta del conte e… Ma a mezza via sostò. Ah! i galantuòmini son proprio case di vetro. Hanno bel celare le loro passioni: esse trapèlano più che il sudore dalla lor pelle. E in verità; il dorso di Alberto, curvo, dal capo in iscorcio, dal collo mezzo nascosto pei sollevàtisi òmeri, dava a capire più che un SI-FÀ-NOTO in majùscole, come al didentro fosse gonfia marina — tanto gonfia che il nostro morsello di uomo, fin lui! l'audace tra gli audaci, l'abituato ai musi in broncio ed alle frustate, si volse interrogando incerto col viso la nòbile donna. Ma essa lo inanimì. Con gli occhi, con la mano, perfino con un… baciuzzo. Or, ditemi, amici, dopo un siffatto incoraggiamento avreste voi potuto ninnarla? Voglio sperare che no. — In quanto al nostro bambino, ogni sua incertezza scomparve, mostrò coraggiosamente i bianchi dentucci e difilato andò a piantarsi, lui e i suòi ciòttoli, dappresso al conte… — Che c'è — esclamò questi in bùrbero tuono, alzando vivamente la testa. Imperocché avèa udito come un bisbiglio che lo chiamava — Ah! ecco — aggiunse con sprezzo — un selvaggio de' sòliti!… Venderài qualcosa, m'imàgino! Un po' di selciato, vero?… cocci di bottiglia forse?… E vuòi ch'io li compri?… Poh! per dar retta a tutti vojaltri bisognerebbe èsser Creso… Quì avvertite com'egli fosse fuor dalla pesta. Voi però dovete scusarlo pensando alla smania ch'egli sentiva di sfogarsi, di pigliàrsela con qualcheduno… E, rabbruscàndosi, continuò: — Perdìo! I Farisèi portàrono le loro baracche nel tempio… Fin qui in questo magnifico paesaggio si cacciò la bottega: quì — ora — s'inganna, si fà a tira tira, nè più nè meno che da noi, dove l'aria è corrotta… Guardàtelo, quel marmocchio! (avverto ch'egli teneva sempre fiso lo sguardo nel merciajuolo) è nell'età dell'innocenza… eppure… ha già sete d'oro! — Ih! che lente convessa. Correggi sùbito: ha gran fame di pane. — E di tal stampo sono tutti quassù. Venderèbbero, se lo potèssero, i loro punti di vista… ehe dico? li vèndono. Venderèbbero il minio delle loro guancie, il loro appetito. Se il diàvolo vivesse ancora, lo supplicherèbbero ginocchioni di barattar loro il soffio con un cinquelire… Oh! èsseri incontentàbili, ma non vi basta il vostro purissimo àere? — Naturalmente, il bimbo punto rispose. Egli, dello squarcio di Alberto, non era giunto ad acchiappare una sillaba. Ché se, al contrario, l'orecchio e il comprendonio di lui fòsser riusciti a cògliere la ùltima interrogazione soltanto — parola d'onore! — egli avrebbe tosto e chiaro proferito un bel: no. Ma il conte non gli menò buono tampoco il silenzio. — Affedidìo! — gridò scattando in piedi colI'ira e coll'impazienza che gli guadagnàvano la mano. — Sempre con quel riso d'idiota!… Hai capito di non seccarmi? Giù le mani… Hai capito di andàrtene? di spazzar via… e sùbito… colla tua ghiaja e le tue pulci?… Sapr… — Il ragazzino arretrò. Di soverchio a bujo mettèvasi il tempo sulla faccia di Alberto per serbare, sfidàndolo, leggera speranza. Di più… Al bambino venne una idèa vaga di avere fatto un grosso marrone, se ne allarmò tutto e, preso dalla paura, corse, con un piccolo grido, a rifugiarsi dietro il ceppo di abete, sul quale sedeva la contessa. Alberto, come già toccài, voleva quasi mangiar cogli occhi il fanciullo. Vedèndoselo quindi fuggire, istintivamente il suo sguardo lo seguitò; dallo sguardo obbligati, i tacchi fècero una mezza giravolta e — naturale! — essèndosi in quel mentre il bambino nascosto dietro il rusticano sedile di Emma, Alberto si trovò con quest'ultima faccia a faccia. Valicato era il monte. Essi, Dio sia benedetto! fisàvansi. Oh aveste allora veduta la giòvine donna! In avanti piegata, poggiando le mani al ceppo di abete, sul viso di lei, bianco come un panno lavato, l'ànima intera affluiva. Intenso dolore, sùpplica ansiosa, speranza, vi si scorgèvano in una, e tutte sur un tal fondo di amore così incrollàbile, ardente, che una ràpida vampa passò pel volto del conte e un trèmito quasi di elèttrica scossa lo colse. — Oh! Emma — dovette egli dire appassionatamente, giungendo le palme. — Alberto! — ella rispose con un grido di gola. L'incanto si dissolveva. — Mia Emma — esclamò il giòvane con trasporto, correndo vèr lei. E vicino le cadde e l'abbracciò stretta stretta. — Perdòno — mormorò essa, colla sua guancia appoggiata a quella di Alberto sì ch'egli ne sentiva rigare le calde làgrime. Ma il conte: — Mai… mai… — interruppe asciugandole a furia di baci le palpebre, e — scostatosela dal petto — come fa col bambino la madre, si pose voluttuosamente a succhiare la contentezza che le raggiava nel viso. E in quella una ricciuta e bionda testina in mezzo a loro, apparve. Era il mercantuccio: egli che, passato il pericolo, aveva creduto bene di torsi dal suo rifugio… il tronco dietro cui zitto zitto stava acchiocciolato; egli che ora pazzamente rideva — e perché mai? — rideva offrendo i suoi quattro ciòttoli ai due giòvani sposi… Amici, voi ben potete imaginarlo:
quello fu un giorno d'oro per gli affari di lui. — Confessiàmolo però: se
lo meritava. Ne aveva conchiuso uno tra i più belli del mondo.
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