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Carlo Dossi Goccie d’inchiostro IntraText CT - Lettura del testo |
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4 - PRIMA E DOPO
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Infine!… Dieci anni lo avèan bramato. Oh quante volte Antonietta, lasciando cadere con un sospiro il ricamo e fisando sconsolatamente il marito, che di sottocchi la guardava di già, avèa detto: — Come farèi più volentieri un cuffino! — Giulio, allora, si avvicinava a lei con la sedia, e baciàvala in fronte. E cominciàvano a dire di que' bambinelli color mela poppina, succianti alle mamme di un'ampia nutrice. Eccome tenersi dal vezzeggiarli? dal mangiucchiarli di baci?… Ma, st! il bimbo ha distaccato la bocca dalla sua credenza e allenta le cicciose manine… Il sonno lo accoglie. E, spesso, Giulio e Antonietta passàvano verso le tre, innanzi alle scuole del pomo; di cui, apèrtasi a un tratto la pìccola porta, rovesciàvasi fuori, come fantocci da un sacco, la melonìa de' scolaretti, isparpagliàndosi tosto per la contrada, a corsa, dimèntica già della noja sofferta, e saltellante e giojosa; e spesso, di dopo-pranzo, sedèvano tristamente su' na panchetta ai Giardini, Gullìveri nuovi in mezzo alla gentile frugaglia del Lillipùt, che trottolava di su e di giù, vero moto perpetuo, senza fastidi, senza pensieri e tutta amica; là, a fare i grandi occhi intorno al bossolottajo, mago del buon comando; quà, a leccare il cucchiajo, il piattello e le labbra intorno a quel dal sorbetto dell'unghia, o a bevucchiare a due mani la consolina entro un tazzone; in ogni parte, correndo coi cerchi, coi palloncelli, coi draghi-volanti o sui bastoni dei babbi; facendo al signore e al soldato innocentemente, o a rimpiattino dietro le gonne dell'aje; mentre i bebè dalle dande, che incominciàvano a sentirsi i pieducci, con l'agitar delle alette e la voce, credèvano còrrere anch'essi. Oh quanti maluzzi da unguento sputino, tavane da pulci! oh liti, temporali di monte! o dispettini e capricci e cattiverie adoràbili! oh paci! senza riserve, senza capi segreti. E, a volte, Giulio e Antonietta attiràvano a sé qualche putto; se furfantello dagli occhi briosi e dal nasino all'insù, coll'invito di un dolce; se vergognìno, a sorrisi. Ed ella solleticàvane la chiacchierina. Il cìttolo, allora, mettèvasi a spippolare le ragionette sue o ponèa dimande sopra dimande di una ingenuità da imbrogliarne quattòrdici savi… non una donna però. E, Giulio, facea, poi, palpitare i cittelli, loro contando le istorie di Gino e Ginetta e di Barbotta-fagioli stregone, o rìdere a più non posso scoccando loro sul naso la calottina dell'orologio. Così, su quella istessa panchetta, i nostri due infelici almanaccàvano il nome pel loro piccino. E, in quanto a nomi, biseffe! Essi mettèvano a parte i più graziosi e minuti, pur non trovàndone mai uno minuto e grazioso abbastanza; senz'avvertire, che il toso farèbbesi uomo e il nome resterebbe bambino. Poi, pensàvano anche agli abitucci di lui, dopo quello di polpa; sul che, Antonietta, la quale avèane sempre pel capo uno nuovo, lo descriveva al marito mandando giù l'aquolina. Infatti, in questo giro di tempo, se ne vèggono in mostra di sì gentili e sì belli, che la smania ci piglia di spirar loro la vita, e, non farlo, è un peccato. — Mò guarda quello — Giulio diceva alla moglie, additando una bimba, la quale parèa uscita in quel punto da una vetrina. — Dio! — esclamava Antonietta, serrando il braccio al marito. E ritornàvano a casa… ed èrano sempre due. Ma un dì, ella, arrossendo, mormorò all'orecchio di lui una mezza parola… Fu una fortuna ch'ei fosse in quella seduto. E, da quel dì, Antonietta lasciò il canovaccio e le lane. Popolossi la casa di fascie e onestine, di camiciole e scarpette e calzettuccie e cuffini, i quali Giulio ridendo s'imponeva sul pugno — a nastri, a pizzi, a stratagli. Nè passava giornata, ch'egli oppure essa, giocato all'indovinello un pochetto, non si facèsser vedere qualche còmpera nuova pel loro ninino. Al quale apparecchiàrono poi una balia (asciutta ben sott'inteso) e una culla in seta celeste e oro, con su un Amorino lì lì per dire «silenzio!» Ma siccome Antonietta non trovò l'Amorino di tutto suo gusto, Giulio, per racconciarle la vista, le tappezzò tosto la stanza con i putti più insigni di Raffaello e Tiziano.
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