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Carlo Dossi Goccie d’inchiostro IntraText CT - Lettura del testo |
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In un battibaleno, tutti della provincia parlàrono del matrimonio, e tutti credèttero allora capire di aver già capito il perché della scena violente tra l'Angiolieri e il Folperti, e il perché della guancia affilata della ragazza, quantunque loro allegasse un po' i denti quello di un sìmile amore. Infatti, avèano detto sempre gli uòmini, che, in espressione, la faccia di Emilio era una mortadella, e, quanto agli uòmini, passi! ma anche le donne s'èrano sempre accordate in questa sentenza. Comunque! il matrimonio parèa dei meglio assortiti: in ambidue, anni pochi, soldi moltìssimi… qual gioja per il fratello! Ma, oh avesse potuto, chi la pensava così, dare un'occhiata in casa Angiolieri! Dove — all'infuori di quel ciccioso e lustro di Emilio, il quale, tutto soddisfazione imaginàndosi amato, non scomodàvasi manco ad amare, come colùi che, servito, si lascia servire — e' vi avrebbe veduto una giòvane, o, meglio, la marmorea effigie di una, costretta a sedere dapresso tale che odiava ed a sentìrsene tocca; come pure, veduto un amante obbligato a mirare, anzi a far buona cera, allo strazio del cuor dell'amata e del suo. Poi, sulla fine di un pranzo, lo sposo, con un sorriso a Leopoldo, disse: — Al nostro primo bambino ci metteremo il tuo nome; ti piace? — E il conte, che si stava mescendo, assentì con un ghigno. Ma fu una grazia del Cielo se la bottiglia di lui continuò a versare.
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