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Carlo Dossi Goccie d’inchiostro IntraText CT - Lettura del testo |
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Il moribondo per decreto dell'uomo, quando dispera di protrarre la vita, chiede gli sia la morte accorciata; e sì facèa Leopoldo, accelerando la sua. Nè tardò molto quel dì, in cui la sorella gli apparve abbigliata di bianco e di pallidezza. Foss'ella stata in un còfano, niuno avrebbe temuto di porle sopra il coperchio: nè lei certamente sarèbbesi opposta. E fùrono alla chiesola. Ines dìssevi un sì, gelato come neve all'ombrìa. Una sua amica, svenne. Uscìrono. Bombàvano i mortaletti, le campane suonàvano ed una banda di stuonatori die' fiato alle trombe. In sul sagrato, giostre, cuccagne, apparecchi pci fuochi, tra i quali la bianca ossatura di un I e di un E giganteschi; da ogni parte, folla. E il Sìndaco, in tutta divisa, inchinati gli sposi, presentò loro dieci contadinelle, vestite di nuovo e dotate per il fàusto giorno da Ines, principiando un discorso che avèa l'odore della carta bollata. Ma l'interrùppero i viva; un grosso pallone con sòpravi scritto felicità pigliava l'aìre. Si sparse il cammino di fiori, si presentàrono mazzi, scambiàronsi in aria i cappelli. Camoletti, intanto, guizzava quà e là nella piena, distribuendo denari, boni per scorpacciate, boni per sbornie, e remissioni di dèbiti inesigìbili. La gioventù si asciugava la gola, la vecchiaja le ciglia. Ed il maestro di scuola, riuscito a chiappare un bottone a Leopoldo, gli fece inghiottire fino all'ùltima stilla un sonetto di duecento e più versi che incominciava:
Te beäto, o signor, cui la sorella D'amor ferita, ora Imenèo risana.
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