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Carlo Dossi Goccie d’inchiostro IntraText CT - Lettura del testo |
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19 - I FREQUENTATORI DELLA PORTINARÌA
Il primo era un antico soldato dal faccione a grattugia, rosso come un salame, in grazia forse del collo strozzato da un cravattone e della zucca compressa da un parrucchino, con gli anelletti d'oro alle orecchie, e un abitaccio caffè; di quei soldati entusiasti del
«…petit chapeau Avec redingote grise;»
dal piglio di poffardìa, schiamazzoni, giuroni, ma che si mènano attorno con un pezzetto di zùcchero. Chiamàvasi il caporale Montagna, ei vi diceva il suo nome, poi v'infilava la storia di un certo ponte e di due certi Croati. La quale storia narrava giusto ogni sera nella portinarìa, quando veniva a pizzicarvi un sonnino — in sui ginocchi il caldano — o a fare il terzo nell'entro. E, a volte, in quest'ùltimo caso, deponeva il ventaglio di carte contro la tàvola. Allora, il giuoco ristava. Montagna alzava la testa, piegàndola alquanto all'indietro, le vene del fronte ingrossate, le narici gonfie, semi-aperta la bocca… E le due vecchie lo fisàvano immote. — Aciumm! — faceva egli poi, scotèndosi tutto. — Salute! — augurava o la magra o il grassone. — Coppe… — dicèa sùbito l'altra nel porre giù la sua carta. E così il giuoco seguiva pacificamente. Venne Paolino e il turbò. Ché, Paolino, s'era messo a sedere viso a viso col caporale, il quale, già per due volte, avèa soddisfatto al suo naso. Ma, come e' s'atteggia alla terza, quel dispettoso picchia di contrattempo le palme ed esclama: — Felicità! — Rèquiem per lo starnuto! Le portinaje si vòlsero a Paolino con uno sguardo di theològicum òdium; il caporale si fe' pavonazzo, strabuzzò in giro gli occhi, prese la tabacchiera interdetto, l'aprì, non ne offerse ad alcuno, la riserrò: poi, se la spinse in saccoccia. E, quella sera, taque di quel tal ponte e di que' tali Croati. L'altro, dei frequentatori della portinarìa, era una donna, magra, lunga, che pendèa un po' innanzi, con un visino tùmido, moscio, dalla tinta pan-cotto, con gli occhi grigi, pìccoli, privi di sopraciglia; e una cuffietta bianca, le sottane a piombo; finalmente, uno scialle, già di tutti i colori, ma or sì smontato, che parèa di un solo. Sua professione… la poveretta di chiesa. Toccheggio di un'agonìa. La si raccoglie intorno lo scialle, e ciabatta verso la casa segnata; nè va di certo a dir preci, e non a stènder la mano, e nemmanco a furare; va per nient'altro che per vedere a morire. Ed ecco si alloga al capezzale deserto — ché, due volte su trè, noi fuggiamo lui che ne fugge — e, sola, aggricchiando e scialivando di voluttà, succhia gli ùltimi strappi, il ràntaco del moribondo. Ché, se non giunge appunto a costùi, a furia di giri e rigiri, arriva in qualche stanza vicina, e là si mette in ascolto, ratenendo il respiro. Cacciata poi dalla casa, si mette alla porta, e — a chi esce — chiede, ansiosa, importuna, se il pòver'uomo soffre, e quanto e come. Il quale vampìro, ogni dì, passava dalle due vecchie, non tanto a vedere se bene, quanto se stàvano male, e s'informava al minuto del batticuore di una, del mancafiato dell'altra. Poi, loro contava i decessi di tutto il quartiere. — Quel poveretto di Tonio! — faceva con zanzaresca vocina — quel tessitore volto il cantone, vera calza disfatta, vero spedale ambulante, bluff! jermattina andò via come olio. Quasi non mi accorgevo, io! E neppur lui! — Il che proferiva con un riso calcato ed in tuon di rammàrico. — E quel pòvero Cecco, sapete? Dico il beccajo… Costituzione forte… due spalle che avrèbber portato come niente un cassone, e lei entro, madama; scusi! ma! tutti s'ha da sballare. Dunque, Cecco, è giù dalle spese anche lui. Lo colse quella malatietta di adesso, che attacca come la boccajòla, e diede in fuori… che?… un bel tifo… Ve' se strillava! soffriva come un dannato! si dibatteva! Oh fu ben duro a morire! — E ciò la strega dicèa, quasi andasse in brodo di viòle, dicèa con un tal lampo feroce negli occhi, che, a madama Ciriminaghi crescèa il soffocamento, il pàlpito alla Pinciroli, e al caporale la gotta.
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