O Pùbblico, o solo mio Rè, si fà porta. Due lire e tu sei in
teatro. ¡Ànimo! risparmia un pajo di guanti, un nastro, un fiore, un
sacchettino di dolci, e ardisci di non scroccarmi il biglietto. ¿Chi è mai, che
con un cinque-centèsimi in tasca, avrebbe tanta impudenza
di domandare, per grazia, a un panattiere un panuccio? ¿non si paga,
fors'anche, una sbornia che ti fà misurare la terra tra le fratellèvoli risa
del pròssimo? ¿non si paga un amplesso che ti lascia un rimorso? ¿non si paga
perfino un rimedio che ti assassina il palato, e, peggio ancora, lo stòmaco?
Pùbblico-Rè, tràttami almeno, ti prego, come tratti il tuo
cuoco, il tuo sarto, il tuo eròtico araldo. Nè ti rattenga la pietosa paura di
rivedermi, tua mercè, a tiro di quattro e col battistrada. Lo spìrito costa
molto olio. Siamo poi troppo signori per diventare mai ricchi.
¡Animo dunque! ti dazia e riempi il tuo posto. ¡Ve' che
poltrone! ¡Che molle! oh che molle! Se la tua regnante Maestà — come desìdero e
spero e per essa e per mè — ha pranzato da papa, troverà quì da disporre
ampiamente la intimpanita ventraja, e potrà, cullata dal tepor della sala,
succiarsi il pisolino del chilo, senz'altro timore da quello all'infuori di
pèrdere la commedia, il che è forse un guadagno; se, invece, la è favorita da
qualche polposo vellicatore contatto, la Libìdine tua ha di che stare a tutta
sua voglia stipata in un disagio agiatìssimo. E di più, nei ritagli di tempo,
badando un poco anche a mè e non isdegnando la tenue fatica di pensare il
pensato, potrài mantenerti sull'esercizio di quella lingua italiana, in cui
l'innesto lombardo distrugge la scròfola fiorentina, e ¡chissà mai! accattarti
una dozzina di concetti ingegnosi, da improvvisare poi per tuòi propri, così
facendo una figura men ladra nel mondo della parola, e così confermàndoti nella
buona opinione, che tieni, senz'alcun forse, di tè.
Ma ecco, sul limitare, tra il vorrèi e il non posso, una
rispettàbile dama. È una madre, incerta tra le ghiotte promesse di un
cartellone e la verginale apparenza di una fanciulla, che le stà braccio a
braccio. ¡O non tema, signora! Entri pure a cuor sciolto. Punto primo; la vera
Morale, immutàbile, eterna, và come il corso dei cieli, pel quale è tutt'uno
che i càlcoli delle più prèsbiopi spècole bàttano giusto od errato; và per suo
conto e ben và. Non creda, che nè i libriccioli pel popolino del castratello
A**, nè le commedie per le bimbe da latte della maestrùcola B**, sìano proprio
i Messìa da mantenere questa vera Morale nel suo diritto cammino, cariàtidi, a
parer mio, che si dilòmbano a sostenere una mole che si sostiene da sé. I dieci
comandamenti, così detti di Dio, hanno potuto, dopo Mosè che li scrisse con la
minaccia, èssere rispettati, appunto perché per amore lo èrano già, in altro
còdice inscritti ben più duraturo del granito e del bronzo, «la umana
universale coscienza.» E ciò la signora favorirà di accettare sulla parola, ché
a voler la ragione di ciascuna ragione, si sciuperebbe a quintali la carta e a
botti l'inchiostro, coll'attraente certezza, che, fatto il giro del globo,
arriveremmo alle spalle di quella prima ragione da cui s'era mossi. Non mi
òbblighi dunque a nojarmi, per annojare lei. Se la signora ama proprio la noja,
non màncano biblioteche. Punto secondo; Drammàtica e Letteratura, nei loro
rapporti colla Morale, nàrrano più quanto si fà o si è fatto, che non insègnino
il da farsi. In particolare poi «teatro» vale divertimento; tanto è ciò vero,
che se l'autore a questo suo scopo fallisce, pensa lo spettatore a rièmpierlo,
traendo dallo stesso tràgico orrore una piacèvole sensazione. Ma le sensazioni
che scèndon da un palco non divèntano mai sentimenti; tutto, in un teatro è
fittizio, per chi dice e chi ascolta; tutto, dai scenari alle ore. Per quanto
omicida, una tragedia non fu mai rea di digestioni men buone ne' suòi
spettatori ed attori. Nè andiamo a fidarci della larva dei visi. Niun uomo
s'affanna davvero o gioisce se non della propria fortuna. Calato il sipario, il
sogno è finito; resta ciascuno qual'era — solitamente un briccone. E, punto
terzo; concesso anche, o signora, tanto per contentarla, che la drammàtica o
letteraria rappresentazione di un peccato qualunque, possa lasciare vestigia
nella cera ancor molle di un giòvane cuore, ¿perché allora, domando, non ne
èvita Ella alla sua quasi-intatta palomba il domèstico
esempio, reale e diuturno, ben altro efficace che non scolorite finzioni? ¿e
quale casa — mi dica — non è viva accademia ai più torti costumi?
Veda quì. Ho un sacco di casettine quì (e lo scuoto) sul gusto
di quelle, che, scolpite nel pino, vèngonci da Norimberga, la città cara ai
fanciulli. Scèlgane una, madama. ¿Vuole che mèscoli ancora?... scelga pure a
suo agio... ¿Questa?.. ¡Brava! Ella ha saputo pescarsi un grazioso edifizio a
due piani e senza botteghe, abitazione certo di gente, che, per mangiare, non
ha da far altra fatica che di recarsi il cibo alla bocca; di gente che non
còmpera cenci per vesti, ma vende vesti per cenci; di gente, in una parola, per
necessità buona, non perciò virtuosa. Ed ecco, Pùbblico mio, la casa; ecco il
pìccolo mondo, dove ciascuno possiede il vero suo regno, un regno in cui si
comanda a chi amiamo e ci ama: ecco il sacrario del fatale palladio della
polìtica quiete, la pèntola; o, se meglio v'aggrada, quel camerino dove si
studia la parte da recitare in istrada e il genio ci appare in mutande e...
Dite «basta», vi prego. Ché io, di tutta 'sta roba, farò come di un pomo. Con
il coltello della fantasìa la spacco. ¡Ve' che taglio nettìssimo!
Passeggiàmola ora col guardo. Il primo piano può dirsi un
cannocchiale di stanze. Tutto è seta, velluto, tutto è oro, cristalli. Male
potrèbbero i più tèneri piedi desiderare una maggiore morbidità di tappeti; male
saprebbe una logorìssima schiena imaginarsi imbottiti più voluttuosamente
cedèvoli. Eppure, fuorché i servitori, non ci si trova nessun altro padrone, il
che vuol dire che a meraviglia non ci si stà. Nel salottino della signora, una
tenda è strappata, un pajo di sedie rovêscie, e, di più, stelleggia nel
vastìssimo specchio un gran crepo, colpa forse quel braccialetto che innanzi
gli giace ammaccato. Fatto è, che il padrone se l'ha scivolata di casa con una
cera più muffa del consueto, gualcendo un mazzo di polizzini, e che la signora
scarrozzò via con la vendetta nel volto; egli, probabilmente a pagare dei
dèbiti, ella certissimamente a farne. ¿Ma a che ti scalmani, o marito? ¿a che
spesseggi i picchii irritati del tuo nodoso bastone a corno di cervo? Tua moglie
ha sotto di sé quattro ruote: arriverà sempre lei per la prima... E la
portinaja, la quale ritorna dal chiùderle dietro il cancello, rianda la segreta
consegna delle bugìe che le lasciò la padrona, e ne fa sùbito parte al signor
mangiadormi, nascente in quel punto dalla cantina con due bottiglie tra mani e
la terza in budello. Intanto, una botoletta sfoga di sala in sala la sua
stizzosa verginità sui pizzi di una mantiglia, e intanto un bàmbolo latterino,
con l'ira nelle gengive, fà traballare la ricchìssima culla, strillando a
sgozzarsi pel noleggiato seno della nutrice. ¡Ma e sì! sparmia il fiato,
¡bimbo! Una giuliva fanfara ha invaso l'ambiente e la tua mucca a due gambe,
che regge il seno a fatica, è andata ad esporlo a un poggiuolo, di dove, mirando
il brioso passare dei bersaglieri, cerca, tra tante penne di gallo, la coda del
suo. La cameriera le sopraggiunge. La cameriera abbandonò, di sua parte, una
cuffietta a ricami sulla scottante cucchiara. Fuma la tela battista, ma la
strinatura del cuore le intasa per l'altra l'olfato. E passa l'amoroso sergente
e la occhieggia, mentre il marito di lei, quel bambagione di cuoco, fischia in
cucina il motivo della fanfara, battèndone il ritmo su costolette di porco,
nobilitate a cinghiale.
Nè l'altro piano si dissomiglia troppo dal primo. Se quì non
si pranza in porcellana Ginori, non si sboccona neppure in terraglia di Biella.
I padroni maschi, anche quì, sono fuori; giova peraltro supporre, che ciò sia a
sgobbare, per mantenere nell'ozio le loro massaje. E davvero, di esse massaje,
due, cioè la nuora e sua figlia ventenne, stan trascicando pel corso da trè o
quattr'ore le loro fruscianti balzane, gratuite spazzaturaje. ¡Sfido voi a
restare tra quattro pareti, in una giornata sì azzurra, con tanto lusso di vesti,
e quel ch'è più, con della carne in negozio da esitare alla svelta! Ma già
suònan le cinque, e in casa non c'è letto rifatto. «Ah se non ci foss'io!»
sospira, scotendo il capo, la suòcera, fida alla stanza per non poterne più
uscire, «¡addìo òrdine!» E insieme, fà quello che può, disordinando le idèe
nella ricciuta testina della nipote minore, una bimba novenne, la quale stà a
lei sillabando la storia di Eva che mena pel naso il protomàrtire Adamo.
Senonché il loro (parlo ancora di naso) non sembra molto sagace se non si
raggrinza all'odore di bruciaticcio che esala dalla cucina. ¡Cuoca
malconsigliata! bada all'arrosto che se ne và, e non al pudore già andato. Fai
senso perfino allo spasimante magnano, che non arriva a capire per quale
ragione paventi, la prima volta, le sue fuliginose carezze. Poiché il magnano
non sà del ganzo rivale, chiotto nel dispensino, come tu, cuoca, non sai che
l'ascoso, troppo è rapito in una libbra di cotta per ingelosir della cruda.
Intanto l'arrosto và in fumo, và coi sogni leccardi dello sgobbante padrone.
E questa casa, o signori, è delle meno sconclusionate. ¿Non mi
crede, madama? Crederà. Un po' d'unguento bocchino, e rincollata è la casa, e
quale pareva, torna; e ridiventa, per lui che passa in istrada e mai non pagò di
focàtico, l'arca d'ogni terrestre salute.
Ma la platèa s'è zeppa. ¡Giovinotti, in orchestra! Parlo a
voi, smilzi agognanti alle meritali sferoidità,,
a voi, nati all'amore dalle trè pubblicazioni e alla santa fatica del procreare
in perfetta sintassi e alla felicità in carta bollata; parlo a voi, che, ancor
titubanti tra una tovaglia troppo piccina per due e due lenzuola troppo ampie
per uno, ergete al cielo (del letto) i lìberi polsi per impetrar le manette.
Tu, in buca, ira suggeritrice. ¡Giovinotti, ai leggìi! ¡Fuori i fagotti e gli
zùfoli! Dice il mio quinto Vangelo «allegramente sonate, ché sarete sonati.»
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