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Carlo Dossi
La desinenza in A

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  • LA DESINENZA IN A
    • ATTO PRIMO
      • Scena terza - Quattro salti.
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Scena terza - Quattro salti.

 

E tutta la sala pareva girare.

Stanco del dritto, mi appoggiài sul piede sinistro. Trè volte avevo adocchiato al mio orologio, trè al pendolo del caminetto, e già dubitavo di raggiùnger la fine del ballo di donna Alessandra Batori (la mamma di Elda) al quale, in penitenza de' mièi futuri peccati, mi ero lasciato sedurre. ¿Ho detto «balloScusate; volevo dire, uccellatojo da sposi.

E, innanzi a , che, non cacciatore cacciagione, inosservato osservavo, essi passàvano gli inesperti anitrocchi, ciascuno con la sua ànitra allettajola, gli uni neri e lugubri come mortori di prima classe, le altre, meno persone che vesti, vesti leggiere come i loro intelletti; tutti con quello scarso sorriso, che non è un sentimento, ma un'abitùdine di galatèo, tutti con quell'impalpàbile zanzarìo a fiore di labbro, di ben altra famiglia della loquela, e quell'irònica galanterìa che non fu mai gentilezza, tanto, che a chiùdere gli occhi, si poteva pensare di aversi sempre dinanzi la medèsima coppia. Ma , da due mani guantate, una asciutta battuta: ànitra e anitrocco dàvano un saltellino, e si mettèvano a girotondare. Oh che spettàcolo buffo! Èrano vecchi dal corto respiro, i quali, facendo gli esami della lezione di ballo a ragazzine dalle corte sottane, la rimparàvano; èrano o elle (l) appajate con i o minùscoli isse (x) sciabolanti piroette intorno a delle majùscole Be, che ricordàvano il gran castagno dell'Etna; era, quà, il professore Tale, che, sepolto in silenzio, assorto completamente ne' piedi suòi, calcolava sovra il tappeto, col compasso de' stinchi, lenta coreogràfica geometrìa, senza badare alla poveretta compagna che si moriva di vivacità rientrata; era invece lo studentello Tal'altro, quasi colpito da giubilante pazzìa (una gazosa gli avèa dato al cervello) il quale traeva in tumulto la ballerina e giù per la sala, schiacciando calli, urtando spìgoli e lacerando balzane; tutto sul fondo di una mùsica cafra, macinata da uno di que' manubri di pianoforte, detti solitamente madamigelle, vera giòvane strega, che, loscheggiando attraverso gli occhiali, picchiava fuori di tempo, le sue unghie grifagne sulla gialla dentiera del piano, gialla come la sempre patente tastiera della boccaccia di lei — ambo intonate ad un allegro feroce.

Compiuto poi il lor giro, il loro, per così dire, trottino di somarello, i baldi garzoni cui già doleva il ginocchio, soccorsi provvidenzialmente dalla battuta di mani, uscìvano da un'altra porta con la lor chicca incartata, il loro mucchio di mussolina, e ricomponèndosi il cavaliere i manichini e la lattuga della camicia e la ballerina aggiustàndosi in capo le rose di cencio o castigando qualche velo sul seno che ardìa velleità di pudore, andàvano sottobraccio nella pròssima sala a rieccitare i bollenti spìriti alla credenza, dove un servo imponente, più bottoni che panno, mesceva in càlici cristallini della bellìssima aqua, aggiungèndovi anche, per chi ne faceva ricerca, un cucchiarino d'argento. E, dappertutto, sorrisi che non èrano altro se non dissimulati sbadigli. L'àmido della camicia si era diffuso nel sangue; il freddo morale che vince ogni stufa, permeava dovunque. A tratti, i vitrei gocciolotti delle lumiere mi parèvan ghiaccioli; irrigidite cascate, gli specchi. Se è divertirsi questo, ¡come dolce la noja! ¡se tale la società buona, viva allor la cattiva!

Ma anche il piede sinistro non mi voleva più règgere. Vidi un cantuccio con la sua sedia, vidi la sedia senza occupante; e, colto il bello, la completài.

Così, venivo a trovarmi fra il pesante drappeggio d'una finestra e l'ampia gonna color-verdedrago d'una signora attempata, baffuta, col petronciano pien di tabacco e le manacce sporche di guanti, ma tutta ori ed argenti come l'altare di una Madonna in fortuna. ¡Dio buono! ¡la signora Polonia! la cèlebre rompitorta, che avrebbe, a parole, seccata l'umidità — non la sua gola. E allora cercài di celare stesso, facèndomi parte, più che potevo, del cortinaggio, e concentrando ogni mia forza visiva e intellettiva sopra una tela della parete di contro, che figurava, nello stile taccagno del tempo, un Cristo in mezzo ai beati pàuperes col regna coelòrum in fondo.

¡Ma e sì! ecco un colpo di tosse; di quella secca tossetta che è un artificio oratorio. Il gelo di una domanda mi lampeggiò per le spalle. E difatti:

«¿Non balla il signorechièsemi la tabaccona.

Inghiottìi una spiritosa insolenza che mi solleticava il palato, sovvenùtomi a tempo che nella società sopraffina bisogna guardarsi bene di mostrar dello spìrito, pena il passarne per privi; e invece risposi con uno di que' monosìllabi che non fanno uncinetto maglia. Ma, per la vecchia, tanto era. Anzi, facendo bottino degli indifesi mièi campi:

«Il signoreprocedè nasalmente «ha ragione di non volere ballare. Un vero cristiano non si dimèntica mai, in carnevale, della quarèsima. C'è da guastarsi il suo buon naturale e compromèttere l'ànima avvicinando tanta carne scoperta che pare una beccherìa. Veda, a mo' d'esempio, la figlia della padrona di casa,» e quì la signora Polonia indicàvami con l'occhialetto quant'io mirava con assài compiacenza, cioè la magnìfica Elda, che turbinava, per così dire, nuda in una nebbia di seta, «¡è tutta uno scàndalo! ¿Non le sembra che dica: rèstino pure serviti?... Dio tolga, ch'io voglia far la preziosa, ma il soverchio rompe il coperchio. Tanto più, che quì stà la grande ragione, per cui le ragazze del giorno si avànzano, salvo poche, di coricarsi col gatto ¿Chi vuole mo' che le sposi? Amore vive di curiosità. Quando l'ha tutto frugato, il bimbo gitta vìa il balocco. Letto un romanzo in imprêsto, è ben rado che lo si compri. Invece a' mièi tempi non ne moriva nessuna col strato bianco. Ché certe cose, a mièi tempi, non si vedèvano mai che a quattr'occhi

In questa, ci rasentava polcando una coppia, la cui ballerina, naneròttola orrenda, con i capelli senza rimesse e ingommati alla cute, tenèa, a differenza di tutte, suggellato il vestito fin sotto la bazza. Ed io già stava per regalarla di un malizioso commentariolo, quando fortunatamente mi prevenne la vecchia, dicendo: «Mia figlia

«Ah! sua figlia..» fec'io interdetto. «¡Brava! me ne rallegro

«¡La mia Reginucciaesclamò con orgoglio la signora Polonia, «quella sì, che è diversa dalle altre. Non è alla moda, quella. Non faccio già per vantarmi, ché non posso soffrire una madre che porta alle stelle la sua creatura, ma la verità viene sempre al disopra. Noi Polonia, del rimanente, siamo tutti così; ¡tutti fini!» e in dire questo la si poneva sul cuore un manone lavascodelle. «Mia figlia è il pudore incarnato. ¡Guài lasciarsi scappare in presenza di lei una mezza di quelle ambigue espressioni, troppo comuni fra la gente ordinaria! ¡Cara innocenza! pare si muti in un braciajo di carbonella. La si figuri, che, ancora bambina, allorché le davamo a sfogliare qualche volume di stampe, in cui èrano imàgini di statue o di bestie, che non avèano speso troppo pel sarto, prima sua cura era di loro insegnar la modestia, provvedèndole tutte, con la matita o l'inchiostro, di zendadine e di frasche. Così, dedicò la sua prima agugliata a un pannolino pel suo Àngiol Custode che stà sull'armadio della sala da pranzo; ma, per quanto la mia Reginuccia diventasse ben presto una cima di agucchiatrice, non ci fu verso di farle attaccare i bottoni alle brache di babbo, finché il confessore non glielo impose per penitenza. ¡Non parlo poi del suo orrore pel matrimonio! non s'è ancora, a tutt'oggi, potuta capacitare del come una moglie possa dormire in un letto solo con un marito: quanto a lei, innanzi spogliarsi (che è sempre all'Ave Marìa), non manca mai di voltar contro il muro ogni ritratto di maschio, compreso quello di S. Luigino Gonzaga, che è il santo particolare di casa. Vero è, che talvolta si arrischia in qualche festina di ballo, ma sono io a forzarla; e che vi danza con delle persone di sesso diverso, ma è per pura salute. Vedrà infatti il mio caro signore come stia sempre in contegno e discosta dal ballerino. Ah! noi Poloniasoggiunse, «siamo tutti così; ¡tutti fini!» e, riponendo la sua manaccia sul cuore, esalò un sospirone d'arrosticciana e cipolle.

Ma il pianoforte-organetto azzittisce di botto, e i ballerini rimàngono fuor d'equilibrio, un piede a mezz'aria, scambiàndosi con la civile tiepidità il sòlito «grazie». La modestiosa (di quella modestia, s'intende, che si copre la faccia colle sottane) è tornata alla mamma; ed io debbo cèderle il posto, ringraziàndola anzi con un inchino profondo.





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