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Carlo Dossi
La desinenza in A

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  • LA DESINENZA IN A
    • ATTO PRIMO
      • Scena settima - Amore di madre.
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Scena settima - Amore di madre.

 

(Dialoghetto tra la signora Bettina Ottonieri e sua figlia Eugenia)

 

Signora Bettina: Credi a chi la più lunga di . Fanciulla inzitellonita è come una rosa di jeri, è come un romanzo della stagione passata. ¡Guài cominciare a far crusca! non c'è più verso di riuscire a farina. Le ragazze che fìngono la inappetitosa ad ogni marito di carne dèvono poi consolarsi con quello di terra cotta. ¡Guarda un po' le tue amiche! Isa di Garza è moglie ad un Millerose, nòbile, ricco, benfatto, e per soprapiù, àsino. Bella Adriani, la figlia dell'usurajo, quantunque noce con il guscio già rotto, scarrozza per la città il coronato tarocco del marchese Bamberga. Jole Canàris, è vero, ha invece sposato un puro mercante, l'Araldi, ma è un mercante che è già fallito felicemente una volta, e lascia ch'egli fallisca un paio d'altre, che Jole sarà milionaria. Elda, infine, la quale, con nostra sorpresa, avèa commesso la inescusàbile leggerezza di un matrimonio senza le cifre, come le se ne offerse un secondo a dovere, accorgèndosi tosto che al primo era mancata qualcosa, forse la sabbia, stancò leggi e avvocati, squattrinò una sùpplica al Papa, che con un giro di chiave le riaperse la muda, ed ora Elda è Sua Eccellenza la duchessa di Stabia. Noi, intanto, passeggiamo ancora e giù pel Corso e i giardini a coltivarci un partito e ci frustiamo inutilmente le occhiate, i sorrisi e le suola. Non già ch'io intenda cuccarti al primo venuto, che tanto o quanto assomigli a uno sposo. Pozzi non màncano mai. Quando, peraltro, ne càpita uno quale il barone Caprara, il che viene a dire, trecentomila di rèddito, ¡altro che contentarsi! c'è da attaccare un cuor d'oro e ventiquattro candele alla beata Vèrgine del Cavicchio...

Eugenia: ma Azzolino...

Signora Bettina: ¡Azzolino!... ¡Azzolino! Comincia a pigliare marito. Verrà poi, l'Azzolino.

Eugenia: ¡eppure, tu gli davi speranze!

Signora Bettina: roba di tutti gli davo, roba che nulla costa e val molto. Il tenente Parisi andava benone, almeno come un richiamo, fintanto che non ci pioveva chi andasse assài meglio. ¡Benedette ragazze, che avete la malinconìa di fare all'amore prima del matrimonio! so anch'io che la poesìa è un'assài bella invenzione, màssime se prepuntata di polpe, e di poesìa io ne leggo dalla mattina alla sera, ma, figliola, la vita, che è poi la cucina, è tutt'altra facenda. Non brodo poesìa. Azzolino, ti accordo, piacciotta anche a . Finché non si parla di vesti, è un magnìfico giòvane; pure, le vesti, ¿che vuòi? in società fanno l'uomo, e noi, grazie a Dio, abbiamo or tale trovato, che, quanto a vesti, insacca centomila Azzolini; tale che può mandarci in un equipaggio da , e ci può far baronesse, e ci può mèttere intorno toelette da chiazzar d'itterizia tutte le nostre carìssime, compreso quell'aloè-in-carta-da-chicche di un'Isa. Non sarà un bel matrimonio — ti accordo anche questo — ma è un gran bel patrimonio. Rifletti a ciò e abbandona le stiticherìe e i ripicchi. Vero è, che gli sgarbi sono l'ùnico modo d'innamorarsi certuni, i quali, come le palle di gomma, tanto più vèngono a noi quanto più li ributti; ma quì il caso è diverso. Il cuore del nostro barone è già entrato in quiescenza, è già pensionato: esso teme gli squassi, esso cerca l'amore per agio, non per passione, lo cerca, non come una sella, ma come una sedia. In una parola, è un ventre, il barone, che per l'amore non cambierebbe l'ora del pranzo.

Eugenia: e che dovrèi fare, mamma?

Signora Bettina: règola generale per guadagnarsi le altrùi simpatìe è di non contradire mai, è di sempre adulare, principalmente, quando s'ha a darla da bere a gente dell'età del barone, in cui il giudizio è fatto di pregiudizio. Ora tu sai che il barone, a dispetto della sua aurea salute, è in busca d'una donna di casa, o, come lui dice, di una moglie da cucina e da sala. Dunque, tutt'altra tàttica che con l'Azzolino. Tieni il cèmbalo chiuso e il cucitojo aperto; cessa di smerlettare buchi ne' fazzoletti e invece mèndane; nascondi «les mignons de l'Eglise», «les confidences d'un sofa», «l'endroit des dames» e sìmili scàndali in rima ed in prosa, ed abbi invece tra mani «l'amico della buona massaja» e «la cucina per gli stòmaci dèboli.» Di fare bene il caffè non si discorre neanche. Magari scopa, fa-giù i ragnateli e apparecchia le làmpade. Con un po' di sentore di smoccolatura, odorerài più soave al tuo sposo, che non con tutta Santa Marìa Novella indosso. E poi, fagli vedere i tuòi conticini, confìdagli le tue economiette (ché le confidenze sono tanti piuoli nella scala di amore) lamentàndoti insieme della carezza del manzo, chiedendo se il mercato del riso e del burro è in rialzo o in ribasso, se la legna...

Eugenia (col broncio): ma io non ci durerèi...

Signora Bettina: ¡auf! ¡che innocenza! Non si tratta della eternità, non si tratta, ma di un pajo di mesi. ¿Qual'è quel diàvolo che per due o trè mesi non la può fare da santo? Presenta prima la zampa guantata; metterài poi fuori le unghie. Senonché, figliola, non basta parer donna di casa; è pur necessario mostrarsi donna di stanza. Mi spiego. Bisogna, mia cara, pèrdere l'àmido, e anticipare qualche moina al tuo uomo. Non dico di buttàrglisi al collo e di tempestarlo di baci. Oibò. Questo ci scoprirebbe troppo. È di quelle amorevolezze indirette che parlo, di quelle tàcite dichiarazioni, le quali, tôcche dal lievito della fantasìa, lusìngano meglio delle altre la vanitosa coscienza di un innamorato e lo compromèttono irremissibilmente, senza compromèttere noi di un sol pelo. Per esempio, dico, quando odi la scampanellata del nostro gogò, corri tu stessa ad aprirgli, e diventa, se puòi, rossa. ¿Entra? infòrmati minutamente della sua preziosa salute, mentre la tua manina indugia tremando nel manone di lui, e se per sedere presso di sul divano, tu, con premura, sprimàcciagli sotto un cuscino. ¿ perché ridi, bimba? È un incòmodo al pari d'ogni altro; ¡tutta salute, in fondo! E s'egli si ferma a desinare da noi, oh allora! partisci seco il tuo pane (mi raccomando di preparàrtelo molle) e bevi nel bicchier suo, amàbile errore, o dividi con lui un'ala di quaglia, o sulla punta del coltellino gli offri la metà d'una pera, fisàndolo intanto con quel languidìssimo occhio che sai, e sprigionando un di quei tali sospirucci marioli...

Eugenia (con ingenuità): oh mamma! non posso fìngere, io.

Signora Bettina: allora vàttene da questo mondo. Tra gli uòmini inciviliti il più pericoloso dei vizi è la sincerità. Ma, in ogni modo, per le bugìe, t'ajuterà la tua mamma. Io susurrerò al barone del tuo stranissimo mutamento, da ch'ei ci viene per casa, e come ti si sorprenda, sola, con le làgrime agli occhi e il greppo alle labbra — tu già sì burbona, tu sì compagnona — o peggio, con la bottiglia del rumme, e come perciò tu dimagri di giorno in giorno, a libbra a libbra, a non guardare l'illusione del viso, perocché è tutto soppanni, esponèndogli poscia il mio dubbio, che un segreto d'amore ti strugga lentissimamente. E lui, il furbone, scorgendo che a tàvola o non mangi che aria o pura insalata...

Eugenia: ¿e se ho fame, mamma?

Signora Bettina: mangia prima, che non ne avrài più. ¡Fìdati! feci io pure altrettanto col mio pòvero Cecco ¡buon'ànima! ed io, pensa, inghiottiva perfino cènere e sabbia, per procurarmi i colori pàllidi e sembrare in amore. ¡Bada ancora! il discorso può cadere sui giòvani. Tu, pàrlane sempre con un certo qual sprezzo, chiamàndoli scolarucci, fanciulli, mezze bottiglie...; ¡so io!... osservando che le frutta acerbe allègano i denti, che la legna ancor verde magro fuoco, che, conosciuto il vin stagionato, non gùstasi più il torbidino, e s'egli sospira «ah! ¡noi siamo vecchi!» (sòlita frase di chi desìdera di udire l'opposta) tu, con uno sguardo di meraviglia «¿vecchio lei? oh quante sarèbber felici di...» e ti azzitta arrossendo. Vedrài, allora, come sorriderà soddisfatto il minchione. Sono astuzie coteste, che non ingoffìscono mai. ... Così, giacché hai la fortuna di possedere un bel micio, tòglitelo spesso in braccio, bàcialo smaniosamente, sempre con la pupilla al barone, il quale non potrà non riflèttere «se tant'è con un gatto, ¿che sarà con un...?» — oppure, venuto il dessert, prendi un biscotto e vola a sfregucciarlo al tuo merlo, dico il merlo piccino... E il grosso allora tra sé «se tale con quella bestiola... ¡chissà!...» e per le gengive gli correrà l'aquolina. E quand'anche, imbaldanzito dal vino, lui ti pregasse di un bacio... Non già che tu gliene dia la prima, ¡Dio tolga! ciò non mai una bimba bene ammaestrata... se, dico, ti pregasse di un bacio, ch'egli battezzerà per paterno — ¡niente paura, figliuola! — non resta segno dei bacilàsciatelo dare.

Eugenia (aggricciando): ¡ma è vecchio, ma è brutto, ma puzza!

Signora Bettina (con impazienza): non tanto, non tanto. ¿Cosa c'è a dire? ¿che ne sai tu? Io, gli uòmini, li conosco un pochin meglio di . Il barone Caprara, come marito, a meraviglia. Porta che l'è un piacere i suòi sessant'anni. Vèdilo attorno, raffazzonato, col suo sopràbito lungo e le mani in saccoccia, col suo cilindro calcato, e sotto, un bel parrucchino, col suo alto fauxcol e gli occhialoni pel sole e duemila lire di denti. Oh così ce ne fosse! Ripeto, quì non si tratta di cuore, ma di sèmplice mano; resta, il cuore, tuo sempre, e così l'altra mano. ¿Che più? ¿brami un sicuro rimedio per scongiurare la nàusea? Sùbito fatto. Quando ti pàjono molti i suòi anni, pensa a quante più pèrtiche tiene, e s'ei ti dura ancor vecchio, ¡consòlati! ché anderài presto in seconda. ¿Puzza? un sol fiato della sua unta cucina, e ¡sentirài che fragranza!... ¿Brutto? ¿un po' bue? fèrmati alla doratura: addossa alle bestie che pasce le sue bestialità; nùmera, mentre sproloquia, i suòi buòi, i suòi sacchi di grano, le sue botti di vino, e li cambia in tanti vestiti, in tanti giojelli, da dar scaccomatto alle tue inimicìssime amiche. Insomma, o figliuola, se vuòi che tua mamma porti per il lutto rosa, ascolto a queste quattr'ossa, e làsciati persuadere... di quanto desìderi. Tua mamma t'insegna la strada maestra; se tu trovi, peraltro, la scorciatoja — ¡lodato sia Gesù! — pìgliala.

La cameriera (di fretta): il barone ascende le scale...

Signora Bettina: presto, Eugenia; ¡via quella lagrimetta! scintillare lo sguardo. ¡Andiamo! apparecchia un sorriso. E tieni — (mettèndole in mano uno straccio) — Che il barone ti colga a spolverar la mobiglia. Io mi ritiro prudentemente.


 




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