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Carlo Dossi
La desinenza in A

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  • LA DESINENZA IN A
    • ATTO SECONDO
      • Scena quarta - Fiori.
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Scena quarta - Fiori.

 

È sera e siamo in istrada. Due belle ragazze, in quella età in cui tutt'intorno par lor ripetuto quel «sì» che le sèntono dentro, sostàvano sobbracciate davanti le luminose vetriere di un caffè, raccogliendo, di tra 'l scucchiarìo e il vocìo, i gratùiti suoni di una orchestrina, uno di quèi rimasugli dei godimenti degli altri, come i falliti carnovaleschi gettoni, gli effluvi de' rosticciài, i mozziconi di zìgaro, i razzi e gli areòstati al volo, che fanno la parte men triste delle proprietà di chi non ne ha, nelle quali primèggian la ruota e la strada maestra, l'ospedale e la càrcere, la forca e la fossa comune. Belle, chiamài le due tose, ma fu un complimento. Proprio, di bella, nessuna; la nera peraltro scusava. E le lor vesti di umilìssima stoffa ma di irriprovèvole taglio, ce le dicèvano, a un tempo, oneste e sartine.

«To', la Miliaesclamò Bortolina, pìccola bionda, che avèa un visoccio paffutamente scipito come la dama nelle carte da gioco. E, stringendo il braccio all'amica, accennava ad una magnìfica giòvane, che nel caffè, tutta trine e velluti e sopra sé andando al pari di una regina, porgeva da una cestella, a dritta e a sinistra, fiori, e promettèvane altri più riservati, a trè o quattro di que' scozzona-cavalli in pelle da gentiluomo, detti ancora lions da chi non li ha uditi a ragliare. ¡Pòveri fiori colti per tutti! andavate ben presto sul vostro fatal mondezzajo.

«¿Ti ricordi, eh? Pippettacontinuò Bortolina, «quando la Milia veniva a scuola dall'Honorine e non aveva pur sottanine ed era tutta pàter ed ave e metteva il suo pan di tritello accanto al nostro formaggio per dargli un poco d'odore? Ecco, in men che non cuoca un aspàrago, buttati via gli zòccoli e tolto un nome di scarto, Cora, la ci passa dinanzi senza più ravvisarci, perché ha orecchini di diamante e gonnella di moire. ¡Guarda! toletta nuova anche oggi. Milia stà al primo piano; tien cameriera e una corte di servitori paganti, ai bagni di mare e alle aque, viaggia; mentre i giornali le fanno il trombetta e la sua faccia bronzina è venduta fin sulle scàtole dei zolfanelli, insieme ai ritratti di Cavour e Manzoni...»

Ma la seconda fanciulla, la nera, di cui la selvaggia magrezza o piuttosto asciuttezza delle forme e del volto, tradiva gli intensi insoddisfatti desìi:

«¿Sai che cosa t'ho a direinterruppe, «che le sciocche siam noi ad èssere quello che siamo; noi, che al disopra di un quinto piano, ci ostiniamo a gettare la notte, che è del piacere, nella fatica; cucendo, con gli occhi rossi dal pianto, le gaje vesti della baldoria; allargando, con lo stòmaco stracco dalla vuotezza, il corsetto della fanullona che impingua; impellicciando, con le dita agghiadate, gli altrùi ripari del freddo; e tutto questo, per guadagnarci... ¿Cosa?... tanto da prolungare la fame. Ah! ¡gli scrùpoli al papa! Un o l'altro un calcio allo scatolone ed imbraccio il mio panierino di fiori...»

«¿E l'onestà, o Pippetta

«Gonfia parola come la panna montata, che ti riempie la bocca un momento, e alto ; parola inventata dai ricchi per salvarsi dai pòveri. ¡Tàgliami fuori una giubba da questa tua onestà, se sei buona; sòffiaci sopra, se puòi, perché la ti scaldi la zuppa; pòrtala al monte senza Pietà e chiedi che ci affìdino sopra! Prèdichi pure il prevosto — lui che suda butiro e sospira di... replezione — che le oneste figliuole hanno il vantaggio d'andare attorno con la fronte scoperta. Intanto, il rossore delle altre è coperto da una veletta di pizzo; intanto noi seguitiamo, le oneste, in abituccio di tela, a imbastire il velluto delle inoneste. No, no, Bortolina, non mi s'imbroglia più altro con una tale parolaopposta al nostro benèssere. Ho risolto. Domani colgo i mièi fiori, e mi offro...»

«Tua madre lo impedirà...»

«Mamma, toccando questi,» (e fe' l'atto) «diventerà cieca e sorda. Certo, se mi frullasse di peccare con uno che non potesse divìdere meco se non il puro peccato, ella ne inorridirebbe, mi coprirebbe d'ingiurie, e sapendo ch'io non troverèi altro tetto, mi caccerebbe, senza rimorso, dal suo. Ma che colùi sia un manzetto indorato quale il contino Pavìa o il cavaliere Formaggia od il Nàum (che, in confidenza, mi fanno già le occhiatine, pedinàndomi in strada) e mamma si glorierà di servirmi, ella stessa, da portinaja. ¡Scema! a tiro di due, il vizio non è nemmeno più vizio; a tiro di quattro è già una virtù

«¿Per cui, addìo Carlodimandò Bortolina.

«¡Pòvero Carlodisse Pippetta con una tal quale amarezza, e taque un istante. «Ma,» aggiunse con smania, «alla mia età una fanciulla è fuoco. Io più non posso camparla a sola speranza, con le ragnaje che m'invàdono il seno, odorando piaceri che mai non giungo a gustare; io più non voglio sentirmi a spedale con un cuore da . Carlo pazienterà. A lui darò il mazzolino per nulla, gli aprirò un negozietto, gliel empirò d'avventori,, poi, quando n'avrò in costa abbastanza da potergli èsser fedele, lo sposerò, se ancora non mi odia...»

«Carlo è sì buonoinsistette Bortolina.

«Di di buonorincarì la compagna, aggiungendo peraltro (il che ci dispiace), «tanto buono che la sarebbe inverso la Provvidenza una ingratitùdine a non accoccàrgliene qualcheduna. E, in fondo, ¿che gli farèi? Gli farèi un po' prima nulla più di quanto molte gran dame (piglia ad esempio, la duchessa di Stabia e la baronessa Caprara) hanno fatto ai loro signori sposini un po' dopo...»

«Ma una volta che la pèntola è rotta...» saltò su a dir la quietina, e insieme arrossì.

«Eh ci ha magnano per tutto,» ribattè l'altra. «Un filo di verginità avanza sempre...»

«¿E se ci resti

«In nove mesi c'è tempo di non partorire

«¿Ma e la coscienza

«Altra parola da mandare a braccetto colla onestà. Coscienza è sì dolce di complessione, che ogni qualunque panzana la quieta

«¿Dunque, nessuna paura di andare in bocca al...?» e Bortolina non osò proseguire.

«¿Paura io?» fece Pippetta, sbottando in un'aspra risata. «Chéh! ¡se è il diàvolo anzi che dovrà farmi il corredo! ¡O credarella, ben altro ci vuole a pèrdere un'ànima, fosse pur d'un bottone! Per , odo sempre il prevosto, quando dal pùlpito gridaimitate la Maddalena.› Ora, per rettamente imitarla, bisogna incominciar dal peccato. Il pentimento vien poi. Ché qualche cosa da fare, un po' nuovo, riserbato per la vecchiaja, quantunque di penitenza, a dire la verità, ne abbiamo, tanto io che , anticipata fin troppo. ¡O Bortolina! non ti confòndere. Vedrài che Pippetta ti raggiungerà in Paradiso, e ¡chissà mai! per la scala del taccuino. ¡Santa Pippetta! ¡che spicco! Già, lo disse il prevosto, ‹tutti i gran santi fùrono gran peccatori.›»

«Basta; tu una cosa per beneprofferì la biondina a metà persuasa.

E la nera: «Tutto stà a infilar giusto la strada

Ma, in quella, un vecchiastro — che, soffermato presso, orecchiavaavanzando nel mezzo delle loro fragranti testine una faccia tra il cimitero e la parruccherìa, dalla pupilla e dal labbro oscenamente obliqui; e accomodàndosi insieme, con la paralìtica mano, sulla nera cravatta di raso, una spilla a brillanti: «Bimbebalbettò con la bazza, «¿posso insegnàrvela io?»

Tra di esse, da braccio a braccio, passò un significante sussulto. Bortolina, abbassando lo sguardo, imbragiò: l'altra si volse con occhi allegri… alla spilla.


 




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