¿Matricolino, che fai su quella portuccia dal semiaperto cancello,
dal lungo àndito scarsamente illuminato? ¿che fai, tra il voglio e il non
voglio di una novìssima sposa, nell'una mano il borsello, un lucicore d'argento
nell'altra? ¿Dùbiti forse di non averne abbastanza? oh non temere! C'è amore di
tutti i prezzi. Fìdati nella tariffa. Entra. È porta larga a chiunque, come
quella di un tempio.
¡I parenti! i parenti! ¿perché protrarti l'impaccio delle or
cadute catene? E sì che ben sai come ti trovi quà solo, di notte, in una buja
città dove t'ignòrano tutti, fuorché un padrone di casa il quale bada piuttosto
al tuo fitto e ad un bidello d'università, puro custode di nomi. La importuna
affezione de' genitori ti è finalmente lontana. Mamma che ti accompagnava
finquì, per porre una mano d'amore nel noleggiato tuo nido, è già tornata alla
villa, e ti stà imaginando in un bianco lettino odor di lavanda con l'àngiol
custode a rincalzarti le coltri. Ella crede: ¿non basta? Il vero fu sempre
individuale apparenza. Finché creduto, tal dura. E, quanto al babbo che russa, oh
non dàrtene pena! Egli conosce gli umori del mondo. ¿Non lo hai udito tu
stesso, allorquando, nell'imbottirti il borsello, dicèa «è tempo che Silvio
impari la vita.» E la vita è questa. «È necessario che Silvio diventi uomo.»
¡Entra, fanciullo! Uscirai fatto uomo.
Ma, forse, tu sei un pochino poeta; sei di que' strambi dai
desideri senz'orlatura, che, guardando la luna, crèdon giovare alla terra; e
illùdonsi di riformarla con il metro e la rima. Fors'anche, t'hai messo insieme
un'amorosa a mosàico — tra la nùvola e l'ombra — e la sospiri, la attendi, non
la vorresti tradire. Ah! ¡poverino! ¿perché affannarsi a raggiungere un «là»
che mai non è «quì»? L'uomo e il suo ideale, sono le ruote di un medèsimo carro
che sempre si còrrono appresso e non si tòccano mai. Sì, aspetta, aspetta. Ti
sciuperài vanamente, qual solitaria accesa candela che non illùmina se non lo
struggersi suo. ¡Pròvati intanto, col mondo, a vantare questa poètica
verginità, tu ìntimo orgoglio! ¡Ecco il rossore! ¡ecco la soglia del ravvedimento!
Vàrcala, sognatorello; rientra... nella Realtà.
¡Ma Dio sà che diàvolo ti fu impastocchiato di noi! ¿Noi,
vero? ¿le balconiere, le erranti? ¿noi le scucite, le avvelenate, le eccètera?
Il dizionario par fatto a nostra ùnica gloria. Gli è il rosario d'ingiurie, che
ci rècita contro, ogni giorno, quel catechista dal grugno sinistramente
compunto, che non dovendo aver moglie ha marito, o quel maestro di scuola,
letterario purista dalle eròtiche sgrammaticature, che mai non passa da noi,
perché passiamo da lui. Oh fuori dalle ipocrisìe! Tutte le donne sono una
stessa sonata. ¿Che importa a tè, se il denaro ti vien dalla piazza oppure
dalla zecca, quando il suo tìtolo è pari? ¿che ti fà se il volume sia già
tagliato od intonso, quando, per lèggerlo, dovrài tagliarlo egualmente? Anzi,
come reliquia, che, più baciata, più impregia, come cambiale che, quanto ha più
firme, ha più crèdito, tale una fèmmina. E, anche noi, siamo belle ragazze, nè
più nè meno delle altre,, anzi, il nostro, è il mestier
delle belle; e siamo sane e giojose. Oh vedessi che
piatti-e-che-scoppi... di riso! ¡quale coscienza! ¡qual
stòmaco!... E quanto poi al «pulite», abbiamo la tromba sul pianeròttolo, e si
consuma, la parte nostra, di sapone di Como. «Ma non oneste,» tu dici. ¿E le
altre? ¿oneste fino a qual somma?
Contuttociò, sia. Chiamiamo pure l'amore di quelle quattro
immacolatelle, fuoco di quercia; fuoco il nostro di gelso. ¿Forseché il gelso
non scalda? Chiamiàmolo, il loro, «manzo»; il nostro, modestamente, «giovenca»:
¿non vanno entrambi a finire nel medèsimo cesso? Ci si paga, è vero, ¿ma e che
non si paga sul gran mercato del mondo? Colèi, che rifiuta scandolezzata un
marengo, accetterà sorridendo un giojello, se anche vàlgane il triplo; mentre
il donarsi di un'altra salderà le partite di un tuo debitore, il marito. Torna
insomma in quattrini il nonnulla dei dolci, dei fiori, dei prêsti gentili, e
del resto; t'accorgerài quanto convenga quel gràtis. Noi, generose, ti
domandiamo uno scudo; le altre, un anello. ¿Sai tu veramente, sìmile anello,
che costi?
Oh che si gòdano in casa la lor compassione insultante, queste
tue mezze pulcelle dalla irremovìbile gonna, vera campana del vuoto! ¡queste
tue pregne di purità lussuriosa, che, facendo l'amore con pitocherìa e or
lusingàndoti con i sorrisi, or con le ingiurie, ti tèngono anni in tentìgine e
ti sbilànciano prima di cominciare; per poi, quando vorresti cavàrtela,
chiùderti seco in un inferno di paradiso, donde non trovi più uscita! oh che
non tèntino di soppiantarci quelle pompose tue dame, severe soltanto con chi
non le prega, pudiche con chi lor non aggrada, le quali, inzuppando di làgrime
i fazzoletti sui tristi casi della Stefania Gentili o sulla morte del merlo,
fan disperare e lo sposo e gli amanti, asciùgano questi, affàmano quello, e ti
contòrnano di un campionario di corni sotto forma di bimbi! Guarda invece quà
dentro. Ecco bocche che vògliono solo mangiare, non mòrdere. Da noi la schietta
natura senza sorprese nè sottintesi; da noi, Vènere còmoda e fàcile,, nessuna paura di un imminente marito, o, peggio ancor,
di una moglie; da noi solamente, il piacere, che ha sede nell'incostanza.
¡Porta a tè se non ti amiamo dal cuore! Nè quel che mangi ti ama, e tu ne pigli
assài gusto. Ma noi intanto abbiam salvo moltìssimi innamorati, devoti a
pròssima fine; e spesso le nostre labbra riunìrono il bacio de' più fieri
nemici; mentre l'ingegno, per noi, sbarazzato dalla mortale zavorra, spinse il
volo più in alto, e siedette la plebe sur il trono dei rè. Oh davvero il gran
caso, in tante celle di miele, una puntura di ape! ¡Viva Francia! ¡evviva il
lièvito dell'intelletto!
¡Eppure, tu non ti muovi! Si direbbe perfino che lì ti stai
impigliato in qualche sterpo di quel grand'albero morto ma non ancora
abbattuto, che chiàmano «religione»; si direbbe che ti minaccia all'orecchio il
brontolìo di quèi biliosi predicatori pei quali Adone più non risorge. ¡Ve'
l'ingrata genìa!... Foss'anche vero quanto abbàjano essi, che quì si compra la
perdizione, ¿di', non è forse la nostra che fa prosperare la loro bottega? —
¿dove n'andrebbe, senza peccato, la penitenza? ¿che lor frutterebbe quaresma,
impreceduta da carnovale? Senonché, credi a mè, ci calùnniano. I nostri antichi
diucci, come gli altri più grossi, li battezzammo anche noi e dal disotto la
foglia ci protèggono sempre; nè il lampadino delle nostre Madonne ha mai patito
la sete. Làsciali dunque, quelli arrabbiati, latrare alle loro platèe di
scranne di paglia ed alle adulatrici navate; lascia, che, con il fumo di un
servizièvole inferno, accechino i goffi, spremendo loro dagli occhi argentino
dolore. ¡Gelosìa dell'impotenza! ¡animosità di mestiere! Ché, a esorcizzare il
demonio che nel sangue ti avvampa, ci vuol ben altro (e lo sanno) di qualche
sprùzzolo d'aqua e di un po' di latino. Entra invece da noi, moccoluccio di
sagrestìa. Il tuo diavoletto ci spirerà tra le braccia di soavìssima morte.
¡Eppòi! ¿ami davvero la Patria? sostieni allora il più
popolare de' suòi istituti. L'annalista ti dice che fare la storia del lupanare
è un farla all'umanità, e il filòsofo, che tutto è prostituzione più o meno
dissimulata, mentre il giurista ti accerta, col jus laxandi còxas, che noi
guadagniamo, al pari d'ogni altra, un onestìssimo pane; e il polìtico, che la
tutela della pùbblica moralità siamo noi, noi lo smaltitojo delle passioni e il
pozzo donde si attinge la castità. Attìngivi dunque anche tu. ¡Stolto chi muor
di sete al fiume in riva! Attingi, dove i tuòi padri, gli amici, i compatrioti,
il rè stesso (questo tuo nome nei fasti della nazione) vèngono colle secchie. E
se ciò non ti basta, ma esigi altre prove di nobiltà, èccoti in noi (¡giù quel
cappello!) una «privativa regia», come il tabacco, l'azzardo, l'eccidio e
altrettali virtù. Ché, virtù non essendo, nè tanti uòmini illustri ci avrèbber
difese e godute, nè tante dame imitate, nè ci sarebbe governo sì compiacente da
tollerarci; ¿che dico? di arruolarci egli stesso, facendo a mezzo del lucro.
¿Credi tu, che si possa puntellar con il vizio la vacillante virtù, che è come
dire, mèttere a guardia della pècora il lupo? ¿credi tu che uno Stato abbia
licenza di patentare l'immoralità, d'autorizzarla con un tributo, di pigliar
quindi interesse al di lei prosperare? Oh non pensarlo nemmeno, e se lo pensi,
taci. Chi ti protende la cava mano è la cenciosa Finanza. Quà la borsa e la
vita. È dovere di patriota.
¿Ma che? il giovinetto, mordèndosi il labbro e rintascando il
borsello, abbandona la insidiosa portina. ¡Scaccomatto a Berlicche! una materna
preghiera è arrivata al Signore.
«¡Birbe!» mòrmora egli, lungi scagliando ciò che brillàvagli
in mano. E la moneta, cadendo, dà un suono di corso forzoso... volevo dire di
falso.
¡Pòvera madre! l'ardentìssima prece non avèa in cielo trovato
più Dio.
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