¡Amico!
¿hai mille lire di più? Se non le hai, tralascia pure di
lèggere questa mia e fanne un'oca pel bimbo; se sì, abbi pazienza di arrivarne
la fine, ché forse me le presterài.
«¿Come?» io ti sento esclamare. «¡La selva chiede ombra al deserto,
la torcia al mòccolo cera, aqua il pozzo alla secchia, sale il mare al
postajo!» Così è, caro. Da Mida in poi, non fu ricco più di mè miseràbile.
Ché tu già sai con qual madre mi abbia punito il Signore...
mio padre. Straricca di casa sua, la potrebb'èssere quanto moltìssimi dei
così-detti signori pàjono; potrebbe avere cavalli, palchi,
palazzi, villeggiature e fare insiem pentolino. Eppure, no. Ella è ancor là,
affaticando per mantenersi nella miseria, dalle quattro della mattina (quasiché
indispensàbile alla levata del sole) fino alle nove di sera, da quando impugna
la scopa a quando smorza la lampaduccia di puzzolente petrolio — in mezzo a
quel suo fòndaco antico dove ogni cosa è fuor-moda salvo la
lucromanìa, tanto antico che la mostra dai pìccoli e tòrbidi vetri divenne un
reticolato di piombo e la ditta, cèlebre già fra i ragazzi della contrada per
le sue pitture a olio e per i pènduli pacchi delle finte candele alternati coi
lignei pani di zùcchero, s'è fatta un sol nero nè più nè meno delle due effigi
del turco e del cioccolatiere, emèriti portinài; è là ancora, dico, fra i
barili di Màlaga e le casse di melarance, fra l'odor del sapone e della noce
moscata, a quel banco, dove, cinquanta e più anni fà, assisteva presso sua
mamma (altro diàvolo di traffichina) al far-su dei cartocci
e degli avventori; è là con quel suo viso scaltrito, color caffè Portoricco,
rugoso al par di un fico di Smirne, dal nasetto fiut'aria, dai piperini capelli
e dai mobilìssimi occhiucci, vendendo sempre al minuto per guadagnare
all'ingrosso, rubando colle bilance e le fròttole, dividendo poi ne' riposi i
nuovi quattrini dai vecchi, destinati quest'ùltimi a chi avanza da lei — in una
perpetua ostilità col pòvero galoppino che più non sà règgersi per le troppe
facende e il sottilìssimo cibo — eppure, intascando, a suo mezzo, le mance — nè
serenàndosi in volto, nelle più ìntime gioje del gabbolare, che quando o un
domèstico parte con una libbra di ùndici once o un bimbo con una «pralina» di
meno sulle sei comperate.
Come del resto, con tuttociò, non sfòllino i suòi clienti ti
parrà forse un enigma. Pare, te lo confesso, anche a mè. Non vi ha infatti
bottega dove si paghi più caro uno più scellerato servizio. Madama, inoltre,
non dà mai un regalo nè un aggiuntino a qualsisìa avventore, e neanche dà
quanto men costa e talora più vale, una parola graziosa, anzi, non appena ciò
possa, contraddice ed insulta. Pur tuttavìa, ¿che vuòi? La insegna del
Battistone è antichìssima, assài più di molti blasoni; i figli v'han sempre
accompagnato i pappà; fu sempre dessa la strada; e la stessa apparenza del
fòndaco — màssime oggi in cui il droghiere si atteggia a speziale e lo speziale
a dottore, mentre il dottore vuol spacciarsi a filòsofo, come questi a teòlogo
e quest'ùltimo... a Dio — la stessa apparenza, dico, del fòndaco è sì
schiettamente, classicamente «drogaja» da innamorare i fedeli delle cose men
nuove, che fanno i due terzi del mondo. Al che aggiungendo la fama di un incrollàbile
crèdito e la medèsima zoticherìa di colèi che stà al banco riputata da molti
«un'onestà legata alla rùstica», cominceremo tant'io che tè a sgroppire
l'enigma, sciolto poi se si osserva come la nostra signora commetta le sue
infedeltà così in buona fede così onestamente, da frodare al frodato anche il
diritto del lagno.
¡E pazienza fin quì! Basterebbe ch'ella lasciasse l'avarizia —
questo legìttimo furto — in bottega, e risalendo negli ammezzati dimenticasse
di èssere inscritta nell'albo dei commercianti, per ricordarsi di èsserlo in
quello di un più gentil sesso. Ma, signori, no. Chiude le imposte del magazzino
ogni sera, non quelle della cupidità. A sentir lei, màncale sempre quel tale
soldo per quella tal lira,, però non dice che lira di che
migliajo; e, non potendo altrimenti, mentre dà a tutti del ladro, ruba a noi, a
sé stessa.
E, davvero, chi viene a trovarci la prima volta è quasi
tentato di menar buona a mia madre la sua eterna querela di povertà. Tu invece
vedrài, se ci vieni, come dai ricchi s'impari a fare il pitocco. Quanto da noi
non è rotto, è sconnesso. Un mòbile pericolante, piuttosto che incomodare il
suo sangiuseppino chirurgo, lo si getterebbe sul fuoco, come, piuttosto che
consumarla, si lascia consumarsi la roba. Vedrài la cucina far quel terrore che
ti dovrebbe la farmacìa, minacciàndoti il rame verdìssima morte, ragione per
cui no 'l s'adopra; vedrài, anche in sala, ammucchiettarsi la spazzatura, ché,
¡guài chi la tocca! finché la padrona non l'abbia inventariata col cribro. Difatti,
nel di lei catechismo di economìa domèstica leggo fra l'altre gemme, che «ogni
cosa vie' a taglio come l'ugne per l'aglio» e che «massaja derivò da
ammassare.» E così, ella tiene socchiave un vero refùgium peccatòrum, una
raccolta di tutte le brice beccate-su in casa o in istrada,
dalle teste di chiodo ai gocciolotti delle candele, dai fiammìferi usati ai
suggelli di ceralacca, dalla cènere degli altrùi focolari alle penne che le
rèstano in mano nel contrattare i non comprandi pollastri.
¡Pensa poi agli uccelli di questa gabbia malprovveduta! Non
che si pretenda al pinocchio, al superfluo: — già si sà che per noi la campagna
è il giardino municipale e che il teatro non ci si apre se non nell'«ora dello
scapellotto» o coi biglietti donati, quando però la signora non li abbia potuto
esitare; quello che manca è il miglio. Oh vedessi le cere di babbo, della mia
Bea, del nostro Brogino e della così-detta servitù, tutta
compresa in un solo donnino alto una spanna! Sono rapa, son sego. Poiché de'
capponi di sopraffitto non ci fan sangue che quelli morti, invenduti, d'inedia,
come del manzo domenicale non conosciam che la giunta e della làuta cantina il
sol pozzo. Ma, anche su ciò, la signora ha i suòi bravi aforismi, che cioè «il
vino, quanto più si fà vecchio, tanto più si fà buono, mentre, se lo si beve,
più non diventa nè l'uno nè l'altro» e che, del resto, «grassa cucina, malanno
e medicina.» Raro intanto, quel dì, in cui ci si levi di tàvola con il ventre
men stretto di quando vi ci sediamo. Essa ha bel ingozzarci di pane raffermo,
ha bel condirlo di strapazzate; si mangia sempre, colle posate di argento,
fame.
Nè alla mancanza dell'interno calore compensa almeno
l'esterno. Siamo oggi alla metà di gennajo. Giurerèj, che i nostri termòmetri,
messi all'aperto, accrescerèbbero di qualche grado; tanto che a volere
scaldarsi ci è necessario aprir le finestre od uscire di casa. ¡O fornài, o
carbonài, o ànime del purgatorio felici! Ma quì mi avverte la casalinga mia
madre che «il miglior modo di conservare su di un camino la legna, è quello di
non accènderla o di spègnerla tosto» aggiungendo, che «con un sì sèmplice
mètodo, senza mai spesa di spazzacamino si ovvìa ad ogni perìcol d'incendio.»
E ¡guài se suo marito, mio babbo, osa non èsser contento!
¡Apriti cielo! «Staremmo freschi se lei non ci fosse. ¿Chi la ricca? ¿chi la
padrona? ¿chi l'avveduta? lei, tutto lei. ¿Che sono mai gli Amaretti a
confronto dei Cornabò? regolizia paragonata col zafferano.» Allora, babbo —
pòvera pesca spiccatoja — già assuefatto a ubidirla fin da quando pativa da
ragioniere sotto il fù Gian Battista padre di lei, e che, mercè il matrimonio,
venne a trovarsi in uno stato di minorità — ¡sùbito buci! — riempie la pipa con
un quattrino del giornaliero due-soldi di tabacco in corda
e ritorna, se è dì di lavoro, al mànico del macinino del Moca o a crivellar la
scoviglia, e se è festa a lèggere il suo giornale di quarta mano, che gli
descrive i vantaggi del quarantotto e della cacciata degli austrìaci, o a
giocar degli a-solo di carte — carte che si dirèbbero fette
di lardo — compesando lo spasso con il mollo di pane che, nelle solennità, gli
largisce madama a pulirle. E se io piglio talora le difese di babbo, ella mi sguarda
con sprezzo, dicendo: «tu fà versi.» Copiar rògiti, per lei è già poesìa. Sì
che alla sera il borsello di bile mi si gonfia talmente, che, mè disgraziato,
se non avessi una moglie sulla quale sfogarlo. E la moglie, a torto garrita,
sintetizza il proprio rancore in una ceffata al Brogino, che se ne vèndica
tosto sul cane... che fà saldar tutti i conti dal gatto.
¿Arricchisce dunque per chi, questa donna? Per lei, no di
certo. Assidua la flagella miseria, frutto della piena cassa. Ella raduna
denari all'ùnico scopo di numerarli, e a chi le dice che la moneta è tonda per
còrrere, risponde che è pure piatta per mètterla in pila. E nemmeno arricchisce
pel figlio, salvoché creda che i figli nàscan soltanto dopo la morte dei
genitori, nel quale caso (¡alla disperazione sia perdonata la sincerità!)
m'àuguro di nàscer presto.
Ma la morale di tuttociò, sòmmala tu. Io mi sono al maggiore
de' grattacapi. Brogino mio cresce a galoppo in statura e ignoranza, due mali
che invòcano àbiti e libri. Bea intanto, la moglie, stà compilando la sua
seconda edizione, benché dalla faccia già ti parebbe nei quaranta dì; quindi
abbisogna di medicina e cucina, altre due cose che còstano un occhio. Ma il
compassionèvole udito di babbo risponde a vuote saccocce, mentre la sordità della
madre è troppo fondata sul raziocinio per mai sperarne la guarigione.
Trattàndosi poi della nuora, se pur ci sentisse, non ammorbidirebbe neanche il
«no» col «mi spiace.» In casa mia, suocera e nuora fanno concerto come il
parlar di Bèrgamo e il toscano, come Gesù ed il papa, come la legge e il
regolamento in Italia. — E però, chiedo a tè, quanto mi nega la madre e mi
òffrono gli usurài. Mìnimo è il rischio. Io sono ricco — già il sai — anzi,
ricchìssimo. Prestami mille lire.
Il tuo sempre
Bindo Amaretti.
|