XXIV.
L'indomani sera mi recai a casa von Dobra verso
le nove. Nella giornata non avevo veduto nessuno. Il signor Treuberg era venuto
a portarmi una carta all'albergo e avevo ricevuto una lettera da mio fratello.
Questi mi riferiva, scherzando, la voce corsa nel mio paese che il mio viaggio
avesse uno scopo galante. Non so esprimere la irritazione, il disgusto che ne
provai. Come mai s'era diffusa una voce simile? Mi sdegnavo, senza ragione,
anche con mio fratello per quella odiosa parola: galante. Questa gente
pettegola e stupida mi sciupava l'amore! Allora per la prima volta sentii
orrore di far conoscere Violet a' miei concittadini, se mai giungessi a
possederla. L'idea che il nostro amore e la sua persona fossero tema di
commenti e di scherzi mi riusciva intollerabile.
Trovai le sorelle von Dobra sole con il loro
papà. La signorina Luise era un po' meno brillante del solito; invece sua
sorella, di cui prima avevo appena udita la voce, parlava assai e di tanto in
tanto mi guardava, come mi parve, curiosamente. Una volta ch'ella discorreva
con suo padre, Luise mi disse quasi sottovoce: - Il thè non sarà così buono
come credevo. - Un quarto d'ora dopo di me vennero una vecchia dama, un giovane
signore e una giovinetta che mi furono presentati da Luise come Haidenröslein,
sua madre e suo fratello; con la dichiarazione che quest'ultimo era la unica
spina di una così bella rosetta. Dopo ch'ebbero scherzato e riso alquanto, la
signorina Haidenröslein domandò: - E miss Yves?
- Non viene - rispose la sorella di Luise. E
soggiunse guardandomi:
- Ne siamo tutti così desolati! - Vidi Luise
mandarle un'occhiata di rimprovero.
- E il vecchio Topler, almeno? - riprese
l'altra. - Ho tanta voglia di udirlo! M'han detto che suona anche col naso e
con le ginocchia.
- Non verrà neanche lui, credo - rispose Luise.
Non ne dubitai più; la causa di queste assenze
ero io, e le sorelle von Dobra ne sapevano qualche cosa. Chi aveva parlato?
Cosa era successo fra i Topler e miss Yves? Desideravano essi evitar me, o
evitarsi a vicenda? La mia ebbra fantasia immaginava anche questo. E non saper
niente, non potere saper niente! Il signor von Dobra mi parlava, forse
dell'Italia, forse dei sandwiches preparati dalle sue figliuole. Dio solo sa
come lo ascoltai e cosa intesi. Debbo sorridere ancora quando penso alle mie
risposte assurde e a' suoi occhi stupefatti. Preso il thè, la cugina, di cui
non ricordo il nome, cantò Haidenröslein. Stavolta mi toccò udirla
tutta, ma n'ebbi una impressione diversa; per meglio dire, non n'ebbi quasi
alcuna impressione, tanto era presa la mia mente dalle incertezze presenti. Poi
la signorina cantò ancora, cantò fra l'altre cose un lungo duetto con suo
fratello. Durante questo pezzo Luise sedette presso a me e mi disse sottovoce:
- Devo dirle qualche cosa da parte di una
persona, ma ora è impossibile. Vado dalle Benedettine ogni mattina alle dieci e
mezzo e poi nei prati.
Più tardi trovò un altro momento per dirmi pure
in segreto:
- Credo che parta domani.
La sorpresa e la commozione mia nell'udire
ch'ell'aveva una parola di Violet per me non si dicono. Non era ancora nè gioia
nè spavento, perchè non potevo sapere quale parola fosse; quando intesi che
miss Yves partiva all'indomani, sorse in me insieme al subito terrore, più
forte del terrore, l'antica fede, la volontà indomita di vincere. Tornai
tranquillo, complimentai la cantatrice, scherzai con le signorine di casa,
lodai al loro papà l'Italia e i sandwiches, e mi congedai dalla compagnia col
sorriso sulle labbra.
O luna tedesca, com'eri grande e spettrale,
quella sera, in faccia a me, fra i tetti acuti di Eichstätt! La notte, la
solitudine, il silenzio quietarono presto il mio orgasmo. Camminando, mi
tornavano spontaneamente alle labbra alcuni versi pensati pochi mesi prima, nel
passeggiare di notte la mia città:
È mezzanotte, al mio
passo
La strada vuota risuona
Mentre men vo lento,
lasso,
E ai sogni il cor
s'abbandona.
Le nere alte case
gotiche
Sfolgora un lume
d'argento;
Non so che peso di
secoli,
Che stanco dolor vi
sento.
Tu in faccia mi splendi,
o luna,
Fra i tetti obliqui
sorgente.
Ahi che un'amara fortuna
Pur nel tuo volto si
sente.
Deserta, in cielo, tu
sei;
Di tanta gloria che fai?
O luna, s'io non ho lei
Splender poeta ch'è mai?
Passai dal Rossmarkt; la casa era tutta buia. Il
pensiero che all'indomani sera Violet non sarebbe più là, che forse non saprei
dove seguirla, mi diede un acuto ma breve spasimo. Passai gran parte della notte
alla finestra, immaginando ciò che poteva essere accaduto in quel giorno, ciò
che potrebbe succedere all'indomani.
La mia finestra guardava il fianco della fontana
di San Villibaldo, e a poco a poco la figura benedicente del mansueto vescovo,
con i piedi nell'ombra e la testa nella luna, mescolavasi ai miei sogni.
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