Poco prima di mezzanotte il
dottor Grigiolo suonò al cancello di villa Cortis. Un domestico sonnolento gli
aperse, lo condusse, girando l'ala destra della villa, allo scalone che ne
divide a mezzo la lunga fronte.
Resti servito diss'egli. Intanto
vado a chiamare il padrone.
Cosa? esclamò Grigiolo
stupefatto. Senti, caro te; non è in casa il padrone?
Signor no.
Benedetto! Ma dov'è?
Nei giardini.
A quest'ora? Anima mia! Tutti i
gusti son gusti. E adesso ci vorrà una mezz'ora a cercarlo: no?
Eh, signor no, signor no rispose
colui avviandosi senza troppa fretta.
Piano, tesoro, che non La si
faccia male brontolò Grigiolo sfiduciato.
Diede un'occhiata al cielo.
Con questo po' d'acqua che vien
giù a momenti!
Cielo e montagne, tutto era nero,
dal Passo Grande che porta sul primo scaglione villa Cortis con le sue
solitudini di boschi e di prati, fino a monte Barco e all'alta gola stretta da
cui sbocca il Rovese. A sommo dello scalone, sulla macchia biancastra della
casa, una porta brillava illuminata. Grigiolo si decise a salire, scotendo il
capo, non potendosi dar pace che a quell'ora, con quel tempo, senza luna
(pazienza con la luna!) si avesse l'idea di cacciarsi nei così detti giardini,
che son poi boschi, per il puro gusto di rompersi il naso a un tronco, perché
altro no!
Entrò in casa. Una lucerna
colossale ardeva in faccia alla porta sopra una tavola greggia, illuminando,
dal pavimento alle nere travi enormi, la sala con le sue quattro porte laterali
accigliate, con il suo disordine di carte e di libri ammucchiati alla rinfusa
sulla tavola, sparsi sul canapè e sulle sedie, con le due aquile piantate ad
ali aperte negli angoli opposti all'entrata. Fra questi due angoli, la gran
porta che mette al giardino francese era aperta. Grigiolo vi si affacciò. Aveva
sul viso il Passo Grande, tutto nero; a destra, in alto, le vette del bosco
denso che sale il monte, scende nella valle, copre dorsi e valloni, ruscelli e
laghetti con l'orrore delle sue ombre.
Il meraviglioso getto d'acqua del
giardino parlava, invisibile, nella notte.
Santo cielo! esclamò il dottor
Grigiolo, tornando in sala per buttarsi sopra uno stretto canapè incomodo. Se
non sono matti non li vogliamo. E stimo che li facciamo deputati!
Guardava la gran lucerna là in
mezzo alla sala, con il fastidioso pensiero che bisognava aspettar lì chi sa
quanto, poi dire chi sa che, poi fare un miglio a piedi prima di toccare il suo
letto morbido di villa Carrè.
La ferma luce indifferente della
lucerna gli faceva rabbia.
Un cane enorme entrò di trotto
dalla porta della facciata, con la coda in aria.
Eccomi disse la voce squillante
di Daniele Cortis. Saturno, qua!
Il cane gli corse alle gambe ed
egli si voltò per dire a qualcuno ch'era rimasto fuori:
Il caffè.
Come va? diss'egli poi, stendendo
la mano a Grigiolo. Lei è esatto come gli astri.
Il giovane s'inchinò sorridendo.
Si aspettava delle scuse e stava già per dire: Niente, si figuri, ma Cortis non
gli fece scuse, entrò di schianto nell'argomento.
Lei vuole dunque diss'egli che
parliamo di questa elezione. Si accomodi, La prego. Non guardi se io sto in
piedi, perché sono nervoso e ho bisogno di muovermi; si accomodi. Ecco, vede;
io non amerei di parlare nel seno dell'Associazione Costituzionale; ma qui in
mezzo ai boschi, in una casa vuota, io parlerò volentieri, molto chiaro.
Era nervoso davvero. Andava e
veniva con le mani in tasca e il cane alle gambe, davanti a Grigiolo seduto
nell'attitudine più rispettosa possibile, con tanto d'occhi sbarrati. Quando si
fermava, tutti i muscoli delle sue braccia e delle gambe aperte vibravano.
Sa diss'egli io sono molto grato
a loro signori del loro appoggio. Loro mi appoggiano perché le mie aderenze
personali sono moderate, e perché, sinora, la mia scarsa azione pubblica non ha
potuto autorizzare alcuno a credermi amico del Ministero che la Provvidenza ha
sputato sull'Italia.
Si fermò un momento, guardò
Grigiolo con un acuto riso sarcastico negli occhi.
Ma io non sono un moderato
diss'egli.
Neanche! esclamò Grigiolo,
candidamente.
Come, neanche?
Grigiolo si morse la lingua.
Aveva pensato: portare un matto simile che non è neanche moderato!
Ah niente rispose. Dicevo... Ma
Cortis non si curò di ascoltarlo, gli ruppe la parola.
Io mi trovo però in condizioni
diss'egli di potere onestamente accettare l'appoggio dell'Associazione.
Cosa comoda pensò Grigiolo.
Noti continuò l'altro che siccome
in politica bisogna riuscire, e siccome io non ho la ipocrita vanità della modestia,
così lavoro io stesso come ogni probo cittadino lo può, per la mia elezione; e
l'appoggio di alcuni gentiluomini lontani, se aiuta molto il mio cuore, aiuta
poco il mio successo.
Il dottor Grigiolo, piccato, si
alzò.
Oh Dio diss'egli, se Ella crede...
No, no, no lo interruppe Cortis,
si accomodi, si accomodi. Adesso prendiamo il caffè.
Entrava allora il servitore
portando un vassoio carico di due tazze enormi.
Grazie disse Grigiolo spaventato.
La prego a dispensarmi. Non dormo.
Quello che ci vuole, caro Lei,
non dormire!
Eh sì signore, capisco. No,
grazie, proprio.
Cortis mandò via il domestico, si
versò un mare di caffè e ricominciò a parlare con la tazza nella destra e la
sottocoppa nella sinistra.
Non è mica un torto che vi
faccio. Io considero una grande umiliazione questa che per entrare con forza
nella vita pubblica bisogna strisciare sotto una porta così bassa: il
patriottismo e la sapienza politica degli elettori. Io vi lodo di non saper né
voler parlare il linguaggio che questi elettori intendono. Quanto a me che ho
poi anche sfangato nell'economia politica per far piacere a voialtri borghesi, omnia
praecepi atque animo mecum ante peregi.
Qui Cortis si accostò la tazza
alle labbra, tenendo gli occhi sfavillanti su Grigiolo.
Non è necessario continuò
commettere disonestà, né bassezze. Non occorre spendere denari e tre o quattro
coccarde politiche come il mio competitore, ma bisogna avere una opinione sugli
interessi locali del collegio. Io li conosco tutti in tutti i Comuni, e i
grandi elettori di ciascuna sezione lo sanno, come sanno che oggi ho degli
amici potenti, e indovinano, perché sono acuti, che domani sarò qualche cosa io
stesso. Ci è poi... (Cortis nominò un pezzo grosso del collegio) che ha in
pugno solamente limoni strizzati e ora s'immagina potere strizzar me.
Oh! Davvero! esclamò Grigiolo,
sorpreso. Allora siamo a cavallo!
Sì, mio caro, se però io non
faccio un programma sulla falsariga e col visto dell'Associazione
Costituzionale, perché in questo caso l'uomo mi abbandona. Io poi non intendo
fare nessun programma. Io intendo concorrere per titoli e non per esame, ecco.
Si mise a centellinare il suo
caffè, adagio, adagio. Grigiolo guardò l'orologio per esprimere discretamente
la sua umile opinione che fosse da sbrigarsi presto.
L'altro alzò le labbra nella
tazza, e disse a mezza voce, tranquillo:
È cattolico, Lei?
Grigiolo trasalì
Io? rispose. Ma...
Cortis vuotò e posò la tazza, e
ripigliò con voce concitata il discorso di prima.
Per i miei elettori sono il deputato
provinciale Cortis; per voialtri sono Daniele Cortis che ha scritto sul
bimetallismo e sulla pluralità delle banche; e sono poi anche il consigliere
provinciale Cortis che ha votato con i vostri amici, quando gli altri vollero
fare della politica nella nomina dell'ufficio di presidenza. Questo vi deve
bastare. Programma non ne faccio; non è ancora l'ora mia. Bada Lei a quei
quattro chiacchieroni di stasera? Non mi si conosce? Non si sa come la penso?
Mi si darà il voto egualmente, stia tranquillo; e in ogni caso possiamo ben
fare a meno degli uomini politici... di... e di... Dunque appoggiatemi perché,
se non altro, io sono un gentiluomo, e il mio avversario è un farabutto; ma non
aspettatevi adesioni da me. Vi ripeto poi lealmente: se io rifiuto di aderire
in pubblico alle idee della Costituzionale, non è per conservarmi l'appoggio di
un potente; è perché quelle idee non sono le mie.
Chi sa che razza d'idee ha costui
pensò Grigiolo; chi sa che razza di deputato vien fuori!
Gli venne in mente che i suoi
amici dell'Associazione potrebbero rimproverargli di non aver saputo apprezzare
l'importanza del colloquio e costringere Cortis a spiegarsi un po' meglio.
Senta diss'egli, queste idee sono
proprio tanto tanto distanti?...
Altro, mio caro! rispose sottovoce
Cortis, tenendo le braccia incrociate sul petto e alzando le sopracciglia.
Aspetti! diss'egli.
Diede una strappata al cordone
che pendeva presso il canapè. Il campanello chiamò furiosamente, lontano.
Saturno saltò sulla porta, abbaiò alla notte.
Cosa diavolo vuol fare? disse
Grigiolo, fra sé.
Il domestico venne subito.
Un tavolino davanti al signore
disse Cortis. Due candele, carta e calamaio.
Ma... osservò Grigiolo guardando
ancora l'orologio. Sono le dodici e mezzo passate.
Io non dormo, stanotte interruppe
l'altro, asciutto.
Va benissimo; ma...
Due candele, carta e calamaio
ripeté Cortis al domestico, vedendolo venire con il tavolino.
Grigiolo ammutolì. Il domestico,
grave come un ministro, portò quanto gli era stato ordinato, accese le candele,
e, a un cenno del suo padrone, se ne andò.
Debbo scrivere una lettera
politica, stanotte disse Cortis. Privata però, sa. La creo mio segretario.
Quanti anni ha?
Ventisette.
Io ne ho trentadue. Ça va.
Scriva.
Caro amico. Questo amico è un ex deputato di destra,
un dotto, un animale a citazioni che non può muoversi perché ha ingoiati troppi
libri. Mi ha offerto l'aiuto pubblico dell'Associazione Costituzionale
centrale.
Grigiolo scrisse dolcemente, alzò
il viso, e ripeté caro amico.
Ti ringrazio seguitò Cortis,
dettando, ma siccome io considero la mia candidatura come assicurata...
Eh brontolò Grigiolo, scrivendo,
avendo dalla Sua il rettore del collegio, capisco. Assicurata.
Cortis alzò la voce:
... anche senza influenze
esterne... (scusi, sa) così... così è inutile che la Centrale si disturbi per
un pensatore libero dai vostri dogmi e dai vostri dèi. Ha scritto?
Sì.
A capo. Debbo pur dirvelo.
Entrando nella Camera italiana io non sognerò come tanti di voi, o chimerici
amici, di trovarmi nella House of Commons...
Cosa diavolo? interruppe
Grigiolo.
Nella House of Commons,
nella Camera dei Comuni... di trovarmi nella House of Commons a sedere
sopra uno scanno di sei secoli. Non credo che la religione costituzionale
inglese ci convenga; non credo ai benefizi del vostro dispotismo parlamentare,
qualunque sia il colore della maggioranza. La rapida metamorfosi che fu imposta
al paese si può molto bene giustificare con Ovidio; ma sarebbe un còmpito più
duro di giustificarla con la esperienza e con la teoria. Se Iddio e i futuri
conti di Moriana...
Euh! esclamò Grigiolo,
tralasciando di scrivere. Proprio?
Non so niente. Scriva. Se Iddio e
i futuri conti di Moriana perdoneranno all'on. Sella di non aver composto il
Ministero, o ad altri di averglielo impedito, sarà forse perché...
Perché ripeté Grigiolo aspettando
con la penna in aria.
Santo Dio, non lo so rispose
Cortis. Metta così:... perché forse dagli anditi parlamentari, dalle sale della
reggia non si udì la voce che chiamava un uomo di cuore a rialzare in nome
della patria la autorità reale, a raccogliere la nazione intorno al Palatino.
Al Quirinale, La vuol dire?
Sì, ha ragione, al Quirinale.
Cosa vuole? Non lo posso mandar giù quel Quirinale. Ci volevano le grandi idee
dei conquistatori di settembre per mettere il re in una casa di preti. Scriva.
Ove credessi che la monarchia è solamente buona per far ballare e cenare a casa
sua, per portare le lettere amorose delle maggioranze e per decorare le nostre
prosaiche figure con un poco di sentimentalismo cavalleresco, non vorrei
crucciarmi tanto per essa. Ma io la credo ancora buona, mio caro amico, a
qualche cosa di meglio. Io la credo buona per finire la lezione di geografia
italiana che il re Vittorio Emanuele ha dato all'Europa; io la credo buona, sopra
tutto per fare con l'altra monarchia ecclesiastica una politica che abbia senso
comune e stabilità; una politica che senza assoggettare in niente lo Stato alla
Chiesa, ci dia tanta forza da sbalordire il mondo con le nostre riforme
sociali.
Piano! disse Grigiolo, scrivendo
precipitosamente.
A me importerebbe poco seguitò
Cortis, infiammandosi nella parola e nel volto essere chiamato clericale e
avere alle calcagna tutta la muta dei radicali e dei dottrinari italiani...
Piano, piano, per amor di Dio, un
momento! gemeva il segretario, scalmanato. Ma Cortis non gli abbadava.
... se potessi far solida e
potente la patria, ottenerle l'onore di guidare una rivoluzione sociale
ordinata. Non ci vogliono per questo né superstizioni politiche, né scetticismo
religioso, né bigottismo scientifico, né...
Cortis affrettava ed alzava la
voce tanto che il cane gli saltò avanti, lo guardò menando la coda, latrando.
La scusi esclamò ma come vuole
che faccia?
Non ne poteva più.
Cortis si asciugò la fronte senza
parlare, sedette sul canapè, e dettò da capo, tranquillamente, sino alla frase
interrotta, la chiuse così né polso che tremi.
Io scrivo osservò l'onesto
Grigiolo ma non controfirmo mica, sa.
Naturale rispose Cortis ridendo.
Ci sono molti in Italia che vorrebbero fare lo stesso, mettere fuori queste
idee senza firmarle. Ci vorrà uno che firmi per tutti. Concludiamo.
Volentieri.
Allora scriva. Credi pure che
queste idee non mi servono ad ammollire i preti del mio collegio, quattro
quinti dei quali mi combattono, mentre l'altro quinto sta a vedere.
Vero, questo! osservò il
segretario scrivendo. Sacrosanto!
Perché sanno che io li ho sempre
trattati da ciechi e da ignoranti quanti sono; e sanno che io, cattolico...
Se la stampassimo, eh, questa
lettera! disse Grigiolo, scrivendo.
Crede che avrei paura? Lo dirò
alla Camera, coram hominibus. Voglio vedere in faccia questi forti
pensatori che si burleranno di me. Scriva dunque. Sanno che io, cattolico, se
diventassi ministro, sarei capace di costringerli a studiare, con una legge di
maggio, qualche cosa di più che la Summa contra gentes. Vuol avere la
bontà di rileggere?
Grigiolo rilesse.
La chiusa la farò io disse
Cortis. Dunque, cosa Le pare?
Idee rispettabili rispose il
segretario ma per noi, adesso, con questa trasformazione che c'è per aria, come
è possibile?
Ecco! replicò l'altro. Vedete se
siamo distanti?
Grigiolo si alzò.
Sì diss'egli, distanti; e a me,
per andare a letto, ci vogliono venti minuti.
Ha ragione, sono stato
indiscreto.
Oh?
Adesso La faccio accompagnare.
No, per carità; non occorre, si
figuri.
Cortis suonò.
E il tempo? diss'egli. Ordinò al
domestico di approntare una lanterna e venne con Grigiolo alla porta. La bianca
facciata, le bianche ali della villa, brillavano e sparivano ogni momento. Non
s'udiva però il tuono.
Dorma qui disse Cortis. Avrebbe
forse uno scrupolo costituzionale di passare una notte sotto il mio tetto?
Grigiolo ringraziò e protestò.
Non poteva assolutamente restare. Non aveva paura del tempo e poi, a parer suo,
non sarebbe neanche piovuto.
E Lei diss'egli parte domattina?
Sì, signore.
Con qualunque tempo?
Sì, signore.
Tacquero ambedue. Dietro ad essi
la lucerna fumava e si oscurava, morente. I lampi sfolgoravano in sala. Di là
dalla sala, brillavano e sparivano il getto argentino, la ghiaia bianca.
Venne il servitore con la
lanterna.
Dunque... cominciò Grigiolo.
L'altro l'interruppe. Vengo un
tratto anch'io diss'egli pigliandogli il braccio e traendolo giù per gli
scalini senza dargli il tempo di schermirsi.
Lei mi crede un conservatore?
Ma, dico, non so, in un certo
senso mi pare.
E lo dirà a' Suoi amici,
naturalmente; dirà, non è vero, che io sono un fungo di questo nuovo genere.
Bene, dica a' Suoi amici, che aspettino a giudicarmi.
Tacque un momento, aperse la
bocca con impeto, poi si contenne e ripeté solo: Che aspettino.
Fece ancora due passi e si fermò
di schianto:
Santo Dio diss'egli, questa
Italia, che non abbia più niente da insegnare al mondo? La Provvidenza l'avrà
risuscitata dai morti per fare della cattiva democrazia e della cattiva
letteratura che si freghino insieme?
Non ne parliamo rispose Grigiolo.
Crede Lei continuò Cortis che se
la fosse così, mi passerebbe per il capo di cercare la deputazione? Se
conoscesse lo stato dell'animo mio non lo crederebbe. Dica pure a' suoi amici
che mi si potrà trovare nelle file d'un partito conservatore, ma che io sono
una forza motrice. Addio.
Fe' un rapido gesto di saluto e,
voltate le spalle, disparve nella notte. Grigiolo rimase lì, pietrificato,
finché Saturno, ch'era corso avanti, gli tempestò via furiosamente a fianco. Un
lampo lo mostrò da lontano, presso al suo padrone.
Per conto mio pensò Grigiolo
facciamolo pure, ma è matto.
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