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Don Giuseppe celebrò la messa
verso le cinque e mezzo. Il parroco del luogo raccontò poi, tutto edificato, che
non aveva veduto alcuno celebrare con tanto fervore nella voce, con tanta pietà
nel volto, con tanto profondi sospiri e aneliti, come quel vecchio prete
forestiero. Pareva, diss'egli, che avesse la visione di Cristo! Dopo la messa,
come lo ebbe aiutato a spogliarsi, lo lasciò.
Immerso nelle preghiere di
ringraziamento, don Giuseppe non s'accorse che alcuno entrasse in sagrestia.
Alzandosi dall'inginocchiatoio restò sbalordito e sgomento; Piero gli stava
davanti, tanto acceso nel volto di ansia e di supplica, tanto visibilmente
tremante le mani congiunte, ch'egli subito pensò: "è morta!' e i suoi
occhi atterriti lo dissero. «No, no, no, devo parlare!» fu l'affannosa
risposta. Don Giuseppe mandò fuori dalla sagrestia il chierichetto, che
aspettava. Intanto Piero si buttò sull'inginocchiatoio e, copertisi con una
mano gli occhi, batteva e ribatteva con l'altra la logora poltrona disposta lì
accanto per le confessioni.
Don Giuseppe, non sapendo cosa
fosse per succedere, fra proclive e renitente, dopo un momento di esitazione,
obbedì.
«Non posso parlar che qui, non
posso parlar che qui» singhiozzò Piero, raccoltesi ambo le mani sul viso. «Ero
già scosso... quando Lei stanotte, mi parlava della grazia... ma dopo... ma
dopo...»
Non poteva proseguire. Don
Giuseppe gli passò e ripassò una mano sui capelli, dolcemente...
«Aspetti, aspetti, si sfoghi, si
calmi.»
Ma Piero neppur poteva tacere e
la sua voce, poco a poco, si rinfrancò.
«Dopo... appena Lei era uscito
per venir qua... mi son sentito prendere a un tratto da un'inquietudine, da
un'aspettazione ansiosa senza saper di che, da uno struggimento interno, da un
desiderio di piangere senza poter piangere. A un tratto mi vidi dentro la
fronte, o dentro il petto, non lo so, per un momento, per un solo momento,
queste parole: "perché mi resisti?'. Me ne sgomentai, ma poi mi son detto
subito: sarà un caso, una reminiscenza involontaria, niente altro. Mia suocera,
rientrando dalla prima messa, aveva posato sul tavolino del salotto il suo
libro di preghiere. Lo apro. Era una Imitazione. Gli occhi mi cadono sul
principio del libro quarto dove sono le parole di Cristo: Venite ad me omnes
qui laboratis et onerati estis et ego reficiam vos».
A don Giuseppe sfuggì una
esclamazione sommessa. Piero lo interrogò, avido. Niente, niente; don Giuseppe
non aveva niente a dire. Il giovine continuò:
«Mi prese un tremito, un gran
tremito, come se avessi udito il Signore chiamarmi. Venni diritto in chiesa.
Per la strada mi pareva di camminare dentro un'aria piena di Dio. Mettere il
piede sulla soglia della chiesa, veder Lei all'altare e sentire un risveglio di
tutta la mia fede di fanciullo, un dolore acuto del mio allontanamento da Dio,
delle mie ripulse ai suoi richiami, una tenerissima gratitudine della sua
paziente bontà, è stato un punto solo.
«La messa era al Sanctus.
Mi sono inginocchiato. Alla consacrazione mi copersi il viso con le mani e mi
vidi, veramente mi vidi scritte nel palmo delle mani cinque parole, proprio le
parole che da giovinetto, nei miei fervori mistici, quando mi figuravo di
morire, avrei desiderato leggere sulla parete in faccia al mio letto: MAGISTER
ADEST ET VOCAT TE.
«Le vedevo grandi, bianche sopra
un fondo nero. Poi, verso la fine della messa, stando sempre inginocchiato e
con gli occhi coperti, mi successe questa cosa terribile: ebbi la visione
istantanea, fulminea della mia vita nel futuro e della mia morte. Se chiudo gli
occhi la vedo ancora! O mi dica, mi dica, don Giuseppe, ho sete di darmi tutto
a Dio, ma debbo proprio credere che la visione mi viene da Lui, che significa
la sua volontà? Perché se credo è un comando preciso. Si tratta per ora di una
rinuncia completa e, più tardi, quando Iddio vorrà, di una responsabilità
gravissima da impormi, di un'azione personale straordinaria da esercitare
pubblicamente nella Chiesa. Sì, non è vero? Debbo crederlo!»
«Deve prima di tutto rimettersi
l'anima in pace» rispose don Giuseppe. «Deve ringraziare il Signore che La
richiama e pregarlo, pregarlo con la maggiore insistenza che La illumini, che
Le faccia conoscere la sua volontà con tutta quella certezza di cui è capace la
natura nostra, finita com'è nelle sue comunicazioni con la sapienza infinita.
Perché tante volte certa presunzione umana trova modo di mescolarsi a movimenti
pii dell'anima nostra e ci induce a scambiare per fatti di origine
soprannaturale fatti che derivano invece da condizioni anomale del nostro
spirito e del nostro corpo, operati da Dio sempre, perché Dio opera tutto in
tutto, s'intende, con i suoi metodi, per i suoi fini imperscrutabili, ma fatti non
diretti a farci conoscere la sua volontà. Vede...»
Qui don Giuseppe parve esitare
per un certo imbarazzo e la sua voce diventò più tenera: «... non domandiamo
noi al Signore che ci conservi la Sua Elisa? Pensi, questa grazia, quanto deve
influire sulla Sua vita, se ci è fatta o non ci è fatta!»
«Oh sì, sì, Dio mio, è vero, ma
la visione l'ho avuta!»
«Ma sì, ma sì!» fece don
Giuseppe. «E il Signore potrà confermarla. Intanto vi hanno cose che egli
sicuramente vuole: rimetterle tutto il Suo debito, piccolo o grande che sia...»
«Grande, grande, grande!»
interruppe il giovine, desolato.
«... essere conosciuto e amato da
Lei come una volta, meglio di una volta. Forse ha qualche altro gran dono in
serbo per Lei. Preghiamo e speriamo! E adesso andiamo a consolare quella
poveretta, non è vero? Andiamo a dirle che le sue preghiere sono state
esaudite!»
Piero si recò alle labbra una
mano, riluttante, del vecchio:
«Vada Lei, vada Lei» rispose.
«Glielo dica Lei, adesso!»
Il chierichetto entrò per
avvertire don Giuseppe, a nome del parroco, ch'era vicina l'ora fissata per
l'amministrazione dell'Olio Santo all'inferma. Piero uscì dalla sagrestia
sentendo che don Giuseppe inclinava a prender le sue visioni per effetti di una
sovreccitazione nervosa, per apparenze vane. Malgrado se stesso, ne soffriva.
Mentre don Giuseppe gli aveva esposte quelle considerazioni prudenti, aveva
dubitato anche lui. Poi l'anima sua si venne lentamente componendo in una pace
piena di certezza, come acque agitate posando poco a poco fermano in sé le
immagini delle cose imminenti.
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