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Don Giuseppe si attardò a
contemplare il lago, le ombre della notte, un lontano lume alle falde del San
Salvatore. Quanto, pensava, erano mutati gli uomini in Valsolda, da buon tempo
antico e quanto poco le cose! Al tornare di Piero gli porse le mani per una
stretta silenziosa che significava: so di dove vieni.
«Lei non ha aperto ancora il Suo
pacco postale» diss'egli.
Il custode si offerse di aprire
questo pacco e Piero gli disse che facesse pure. Poi, accesa una candela,
condusse don Giuseppe nella vicina camera dell'alcova, gli disse che il pacco
veniva certamente da «quella persona». Erano certamente fiori, per il
Camposanto. Egli non ve li avrebbe portati, si era interdetto poco prima,
nell'orto, di cogliere una rosa per suo padre. Ma desiderava parlare a don
Giuseppe della «persona».
«Credo» diss'egli «che tornerà in
principio di settembre a villa Diedo e allora vorrei che Lei la vedesse.»
Entrò il custode con il pacco
aperto. Era infatti una scatola di fiori sciolti. Accompagnava i fiori questa
sola carta di visita:
CARLO DESSALLE.
Di Jeanne vi era l'anima; e i
recisi, moribondi fiori, i ciclami odorosi dei boschi di Vena, i rhododendron
di Rio Freddo, gli edelweiss di Picco Astore non dicevano che lei, l'amore, il
dolore, la timida offerta, il silenzio di lei.
Piero lesse il biglietto, guardò
i fiori, pensoso.
«La carta è di suo fratello»
diss'egli, dopo un breve silenzio. «Così Ella potrà presentarsi a villa Diedo
per ringraziarlo in mio nome. Ma cerchi di vedere anche lei; meglio se la può
vedere sola. Probabilmente questo sarà desiderato da lei stessa. Le dica che
lascio i miei amici ma che spero di rivederli nella vita vera e che intanto
domando loro perdono del male fatto ad essi, in qualunque modo. Le dica che uscito
dal mondo pregherò particolarmente per qualche anima inferma di scetticismo,
che, se ponesse in Dio l'amore posto in una creatura, diventerebbe sublime.
Gliel'ho detto, don Giuseppe, che se il mio peccato mentale non è stato anche
reale lo debbo a lei?»
Don Giuseppe taceva a capo chino,
pensoso non di questo difficile colloquio con la signora Dessalle, ma del
mistero nel quale Piero chiudeva le sue risoluzioni future. In quale Ordine
religioso intendeva egli entrare? Anzi, entrerebbe egli in un Ordine o
disporrebbe liberamente la sua vita? Come? Quando? Finalmente si alzarono
ambedue, uscirono insieme dalla camera. Mentre si congedavano per la notte il
custode chiese a don Giuseppe da parte del parroco d'Albogasio a quale ora
desiderasse di celebrare l'indomani mattina. Don Giuseppe guardò Piero come per
conoscere il suo desiderio, ma Piero non parlò. Egli rispose allora:
«Alle sette.»
I fiori delle montagne lontane
rimasero nella camera dell'alcova, tristi e deserti come la donna che aveva
loro spirato in segreto il suo cupo affanno. Così tanti anni prima, in quella
stessa camera dell'alcova, si era infuso a recisi moribondi fiori l'affanno
cupo di Luisa.
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