A Piero Giocosa
(Risposta)
Caro Amico,
Io smarrii parecchi
anni sono certe lenti da poeta, legate in oro, forti assai, non del tutto
acromatiche. Mi sciupavano la vista e non le rimpiango. O caro spirito punto
schiavo della materia medica, o immaginoso poeta che non t'impicciolisci nel
verso, te le avrebbe forse un curioso caso fatte capitare alle mani quelle mie
lenti che troppo ingrandiscono le cose vicine e troppo avvicinano le lontane?
Ne sospetto per
qualche tratto della lettera aperta che m'indirizzasti nella Stampa. Vi
apprendo che nel contemplare il fervido lavoro del quale uscì, accanto alle
mura severe del tuo laboratorio, la Mostra di Arte Sacra, tu ne avesti la
visione larga e in parte divinatrice che si ha ordinariamente delle cose e
delle anime attraverso due buone lenti da poeta. Vi hai nettamente distinte le
molteplici energie cooperanti, le loro sorgenti nell'organismo intellettuale e
morale del paese, le loro probabili reazioni future su questo stesso organismo.
Hai raccolto nella
tua pupilla tutto un gran tessuto di pensieri e di fatti e non ti sono sfuggite
le segrete impressioni che altri osservatori differenti da te ne riportarono.
Percorrendo le sale delle Missioni alla vigilia della loro apertura, hai
afferrata la grandiosità e la bellezza dell'azione cattolica nel mondo, gli
intimi nessi della religione e della civiltà; e ti sei rallegrato del gaio colore
italiano che hanno ivi.
Hai intravveduto in
essi il disegno di una parola che rincora i credenti dubbiosi di poter
accordare il loro ossequio alla Chiesa con il loro affetto alla patria. Fin qua
tu hai veduto benissimo; ma poi quando la Mostra di Arte Sacra, opera insieme
di «liberali convinti, ardenti ammiratori di Cavour, di convinti clericali
ossequienti in tutto alla politica pontificia, di cattolici ferventi, di uomini
di coscienza che non confessano una formola definita di dogma» ti parve poter segnare
un momento storico importantissimo, un gran passo per isolare il dissidio fra
la Chiesa cattolica e lo Stato italiano e metterlo «nella sua vera luce di
momentaneo conflitto di interessi prevalentemente politici e materiali», le
famose lenti hanno un poco ingrandito il presente e un poco avvicinato
l'avvenire oltre il dovere.
La collaborazione
alla Mostra di Arte Sacra di uomini così lontani fra loro di opinioni e di
credenze, bellissimo e nobilissimo fatto, avrebbe maggior valore rispetto al
tristo dissidio se fosse meno larga. Se i cattolici che non accettano la
presente costituzione dello Stato italiano si fossero associati in questa opera
ai cattolici che l'accettano e non anche ad altri di altra fede o di nessuna
fede, questo poteva significar meglio che il dissidio era da essi riconosciuto
politico e non religioso. Lo avervi accomunato altri, del che io nulla so se
non per le tue parole, non distrugge un tale significato, ma lo attenua. Resta
un consenso fondamentale nell'apprezzare la grandezza e la dignità del fenomeno
religioso e la singolare importanza sua per l'Italia; una concordia dove la
fede degli uni si mesce all'ammirazione e alla simpatia degli altri. Concordia
confortante: che, se non può avere la diretta, immediata efficacia che tu ne speri,
giova però a glorificare la pura idea cristiana, a predisporre un tale futuro
consenso pubblico nel significato civile di lei che costringa gli uomini di
Stato a riconoscerlo praticamente e gli uomini di chiesa a regolare la loro
azione civile per modo da non offendere il comune sentimento del popolo. Ma
neppure in questo senso può dirsi che la Mostra di Arte Sacra segni un momento
storico, perchè altri fatti di simile natura e di maggiore importanza l'hanno
preceduta. Mi basta ricordarti un fatto permanente che ha intime relazioni con
questo fatto passeggero, l'Associazione Nazionale per diffondere la fede
cattolica e la lingua d'Italia, che da più anni si destreggia fra le diffidenze
liberali e le diffidenze clericali, fra le prudenze della Consulta e le
prudenze della Congregazione di Propaganda e raccoglie in sè gli elementi più
affini delle parti avverse.
Auguriamo che le
Mostre torinesi le fruttino qualche vantaggio; ma neppure dalla benefica
istituzione che ha fra gli ordinatori della Mostra di Arte Sacra il suo più
tenace, infaticabile apostolo, aspettiamoci, almeno per ora, troppo. Aspettiamo
la salute del paralitico organismo nazionale italiano dagli stimoli delle sue
stesse sofferenze, dai desiderii che generano, dalle idee, dai sentimenti che
favoriscono, dalla progressiva elevazione dell'idea religiosa ch'è opera della
civiltà, dalla conseguente costituzione di una larga e sicura coscienza
pubblica, di una formidabile potenza reale che costringa ogni potenza nominale
a obbedirle. Studiamo intanto questa bella Mostra delle Missioni, pensiamo con
intima compiacenza che verrà qua presto a vergognar di sè tanta gente troppo
ignara o dimentica degli umili fratelli eroici che si travagliano fra selvaggi
e fiere nel servizio di Dio e anche della cara madre Italia, devoti al simbolo
tricolore del suo stato presente.
Così, amico mio, ti
avrei parlato; e tu comprendi che quando per l'azione perfida di certi giornali
e per la reazione violenta del Governo, per i giudizi diversi e le discussioni
acerbe cui diede luogo il contegno di un principe della Chiesa, il fatale
dissidio parve maggiore che mai, io non dovetti sgomentarmi al paro di te che
di tant'alto cadevi. Bolle minate e fugaci alla superficie delle cose umane,
que' fatti non hanno potuto turbare la mia ferma, paziente aspettazione di un
migliore futuro. Nessuno di essi mi sorprese. Avrei potuto sorridere di certo
decreto militare fulminato in difesa di una pastorale e di un vescovo se
quell'esorbitare di onesti, nobili sdegni non mi avesse aiutato a trovar
conforto, dove tu trovasti amarezza. Sì, amico mio, senza giudicar la condotta
di alcun principe della Chiesa, che non ne ho il modo nè il diritto, io affermo
che il nostro Paese ha mostrato nelle ultime luttuose contingenze di tenere in
altissimo pregio il glorioso ufficio episcopale, di desiderare vivissimamente
che le persone rivestitene sieno pari ad esso e lo esercitino nella sua
pienezza. Ciò mi persuade che quella imperiosa coscienza pubblica dalla quale
attendo il richiamo dei potenti alla osservanza dei loro rispettivi doveri si
va realmente formando.
Il tuo virile
spirito non si è lasciato sopraffare dal primo sgomento, e di fronte agli
incalzanti problemi sociali vagheggia con rinnovata fede la unione degli
operosi di buona volontà che si associerebbero per il bene comune,
«dimenticando le differenze di opinione, rispetto a questioni che da romane
sono diventate bizantine». Bella e poetica visione, amico mio, visione che
sorride a caldi, gentili cuori, a fervidi intelletti ma visione di sogno fino a
quanto non ci si accordi largamente e pienamente nel giudicare del bene comune.
Un tale consenso il socialismo lo ha creato, fino ad un certo punto, per conto
suo; e di fronte al concetto socialista tutt'ora ondeggiante, sta solo con
chiarezza intera, fermezza e potenza, il concetto cristiano. Gli operosi di
buona volontà, se intendono alleviare i mali umani, come tu scrivi, e diffidano
delle panacee socialiste, devono aderire al concetto cristiano del bene. Ora
quelle differenze che tu chiami di opinioni e sono maggiori, sono scissure
delle coscienze religiose, creano difficoltà enormi a una libera, vigorosa,
concorde azione cristiana.
Gli operosi di buona
volontà così divisi nella coscienza, non riescono ad associarsi che per qualche
bene particolare, e di rado; men difficilmente forse là dove la tradizione
liberale è più antica e la coltura pubblica più progredita, come in Torino. È
gran ventura che comunque e dovunque possano si associno, ma il sanar le
scissure delle coscienze religiose, il costituire l'opinione pubblica che io
attendo, chiede altro lavoro. Non è il lavoro di un giorno, è lavoro di ogni
giorno; in parte oscuro lavoro di Dio nelle anime, in parte conscio lavoro di
uomini devoti a una idea, in parte inconscio lavoro di tutte le energie che,
promovendo il progresso intellettuale, cospirano a elevare anche l'intelligenza
della religione. Lo vedi, c'è lavoro per tutti: per te, uomo di scienza, come
per me, uomo d'arte e di fede.
Tu nomini nella tua
lettera l'arcivescovo Ireland. Quando un vescovo italiano potrà bandire dal
pergamo o nelle pastorali un cattolicismo tanto moderno nell'intelletto della
dottrina e spirituale quanto il cattolicismo di monsignore Ireland senza
scandolezzare gran parte del suo uditorio, del suo clero, dei suoi colleghi,
dei suoi superiori, senza essere ingiuriato da giornali cattolici e ammonito da
Roma, allora nessun conflitto sarà più giudicato possibile fra i doveri civili
e i doveri religiosi del popolo, nessuna indebita mistura di politica e di
religione si potrà più sopportare e gli operosi di buona volontà, avversi alle
panacee socialiste, si assoderanno volentieri e con grande frutto ai loro
fratelli cattolici, i quali domanderanno ad essi, per il bene comune, non il
loro Credo, ma il loro aiuto.
FINE
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