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Antonio Fogazzaro Sonatine bizzarre IntraText CT - Lettura del testo |
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A Piero Giocosa (Risposta) Caro Amico, Io smarrii parecchi anni sono certe lenti da poeta, legate in oro, forti assai, non del tutto acromatiche. Mi sciupavano la vista e non le rimpiango. O caro spirito punto schiavo della materia medica, o immaginoso poeta che non t'impicciolisci nel verso, te le avrebbe forse un curioso caso fatte capitare alle mani quelle mie lenti che troppo ingrandiscono le cose vicine e troppo avvicinano le lontane? Ne sospetto per qualche tratto della lettera aperta che m'indirizzasti nella Stampa. Vi apprendo che nel contemplare il fervido lavoro del quale uscì, accanto alle mura severe del tuo laboratorio, la Mostra di Arte Sacra, tu ne avesti la visione larga e in parte divinatrice che si ha ordinariamente delle cose e delle anime attraverso due buone lenti da poeta. Vi hai nettamente distinte le molteplici energie cooperanti, le loro sorgenti nell'organismo intellettuale e morale del paese, le loro probabili reazioni future su questo stesso organismo. Hai raccolto nella tua pupilla tutto un gran tessuto di pensieri e di fatti e non ti sono sfuggite le segrete impressioni che altri osservatori differenti da te ne riportarono. Percorrendo le sale delle Missioni alla vigilia della loro apertura, hai afferrata la grandiosità e la bellezza dell'azione cattolica nel mondo, gli intimi nessi della religione e della civiltà; e ti sei rallegrato del gaio colore italiano che hanno ivi. Hai intravveduto in essi il disegno di una parola che rincora i credenti dubbiosi di poter accordare il loro ossequio alla Chiesa con il loro affetto alla patria. Fin qua tu hai veduto benissimo; ma poi quando la Mostra di Arte Sacra, opera insieme di «liberali convinti, ardenti ammiratori di Cavour, di convinti clericali ossequienti in tutto alla politica pontificia, di cattolici ferventi, di uomini di coscienza che non confessano una formola definita di dogma» ti parve poter segnare un momento storico importantissimo, un gran passo per isolare il dissidio fra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano e metterlo «nella sua vera luce di momentaneo conflitto di interessi prevalentemente politici e materiali», le famose lenti hanno un poco ingrandito il presente e un poco avvicinato l'avvenire oltre il dovere. La collaborazione alla Mostra di Arte Sacra di uomini così lontani fra loro di opinioni e di credenze, bellissimo e nobilissimo fatto, avrebbe maggior valore rispetto al tristo dissidio se fosse meno larga. Se i cattolici che non accettano la presente costituzione dello Stato italiano si fossero associati in questa opera ai cattolici che l'accettano e non anche ad altri di altra fede o di nessuna fede, questo poteva significar meglio che il dissidio era da essi riconosciuto politico e non religioso. Lo avervi accomunato altri, del che io nulla so se non per le tue parole, non distrugge un tale significato, ma lo attenua. Resta un consenso fondamentale nell'apprezzare la grandezza e la dignità del fenomeno religioso e la singolare importanza sua per l'Italia; una concordia dove la fede degli uni si mesce all'ammirazione e alla simpatia degli altri. Concordia confortante: che, se non può avere la diretta, immediata efficacia che tu ne speri, giova però a glorificare la pura idea cristiana, a predisporre un tale futuro consenso pubblico nel significato civile di lei che costringa gli uomini di Stato a riconoscerlo praticamente e gli uomini di chiesa a regolare la loro azione civile per modo da non offendere il comune sentimento del popolo. Ma neppure in questo senso può dirsi che la Mostra di Arte Sacra segni un momento storico, perchè altri fatti di simile natura e di maggiore importanza l'hanno preceduta. Mi basta ricordarti un fatto permanente che ha intime relazioni con questo fatto passeggero, l'Associazione Nazionale per diffondere la fede cattolica e la lingua d'Italia, che da più anni si destreggia fra le diffidenze liberali e le diffidenze clericali, fra le prudenze della Consulta e le prudenze della Congregazione di Propaganda e raccoglie in sè gli elementi più affini delle parti avverse. Auguriamo che le Mostre torinesi le fruttino qualche vantaggio; ma neppure dalla benefica istituzione che ha fra gli ordinatori della Mostra di Arte Sacra il suo più tenace, infaticabile apostolo, aspettiamoci, almeno per ora, troppo. Aspettiamo la salute del paralitico organismo nazionale italiano dagli stimoli delle sue stesse sofferenze, dai desiderii che generano, dalle idee, dai sentimenti che favoriscono, dalla progressiva elevazione dell'idea religiosa ch'è opera della civiltà, dalla conseguente costituzione di una larga e sicura coscienza pubblica, di una formidabile potenza reale che costringa ogni potenza nominale a obbedirle. Studiamo intanto questa bella Mostra delle Missioni, pensiamo con intima compiacenza che verrà qua presto a vergognar di sè tanta gente troppo ignara o dimentica degli umili fratelli eroici che si travagliano fra selvaggi e fiere nel servizio di Dio e anche della cara madre Italia, devoti al simbolo tricolore del suo stato presente. Così, amico mio, ti avrei parlato; e tu comprendi che quando per l'azione perfida di certi giornali e per la reazione violenta del Governo, per i giudizi diversi e le discussioni acerbe cui diede luogo il contegno di un principe della Chiesa, il fatale dissidio parve maggiore che mai, io non dovetti sgomentarmi al paro di te che di tant'alto cadevi. Bolle minate e fugaci alla superficie delle cose umane, que' fatti non hanno potuto turbare la mia ferma, paziente aspettazione di un migliore futuro. Nessuno di essi mi sorprese. Avrei potuto sorridere di certo decreto militare fulminato in difesa di una pastorale e di un vescovo se quell'esorbitare di onesti, nobili sdegni non mi avesse aiutato a trovar conforto, dove tu trovasti amarezza. Sì, amico mio, senza giudicar la condotta di alcun principe della Chiesa, che non ne ho il modo nè il diritto, io affermo che il nostro Paese ha mostrato nelle ultime luttuose contingenze di tenere in altissimo pregio il glorioso ufficio episcopale, di desiderare vivissimamente che le persone rivestitene sieno pari ad esso e lo esercitino nella sua pienezza. Ciò mi persuade che quella imperiosa coscienza pubblica dalla quale attendo il richiamo dei potenti alla osservanza dei loro rispettivi doveri si va realmente formando. Il tuo virile spirito non si è lasciato sopraffare dal primo sgomento, e di fronte agli incalzanti problemi sociali vagheggia con rinnovata fede la unione degli operosi di buona volontà che si associerebbero per il bene comune, «dimenticando le differenze di opinione, rispetto a questioni che da romane sono diventate bizantine». Bella e poetica visione, amico mio, visione che sorride a caldi, gentili cuori, a fervidi intelletti ma visione di sogno fino a quanto non ci si accordi largamente e pienamente nel giudicare del bene comune. Un tale consenso il socialismo lo ha creato, fino ad un certo punto, per conto suo; e di fronte al concetto socialista tutt'ora ondeggiante, sta solo con chiarezza intera, fermezza e potenza, il concetto cristiano. Gli operosi di buona volontà, se intendono alleviare i mali umani, come tu scrivi, e diffidano delle panacee socialiste, devono aderire al concetto cristiano del bene. Ora quelle differenze che tu chiami di opinioni e sono maggiori, sono scissure delle coscienze religiose, creano difficoltà enormi a una libera, vigorosa, concorde azione cristiana. Gli operosi di buona volontà così divisi nella coscienza, non riescono ad associarsi che per qualche bene particolare, e di rado; men difficilmente forse là dove la tradizione liberale è più antica e la coltura pubblica più progredita, come in Torino. È gran ventura che comunque e dovunque possano si associno, ma il sanar le scissure delle coscienze religiose, il costituire l'opinione pubblica che io attendo, chiede altro lavoro. Non è il lavoro di un giorno, è lavoro di ogni giorno; in parte oscuro lavoro di Dio nelle anime, in parte conscio lavoro di uomini devoti a una idea, in parte inconscio lavoro di tutte le energie che, promovendo il progresso intellettuale, cospirano a elevare anche l'intelligenza della religione. Lo vedi, c'è lavoro per tutti: per te, uomo di scienza, come per me, uomo d'arte e di fede. Tu nomini nella tua lettera l'arcivescovo Ireland. Quando un vescovo italiano potrà bandire dal pergamo o nelle pastorali un cattolicismo tanto moderno nell'intelletto della dottrina e spirituale quanto il cattolicismo di monsignore Ireland senza scandolezzare gran parte del suo uditorio, del suo clero, dei suoi colleghi, dei suoi superiori, senza essere ingiuriato da giornali cattolici e ammonito da Roma, allora nessun conflitto sarà più giudicato possibile fra i doveri civili e i doveri religiosi del popolo, nessuna indebita mistura di politica e di religione si potrà più sopportare e gli operosi di buona volontà, avversi alle panacee socialiste, si assoderanno volentieri e con grande frutto ai loro fratelli cattolici, i quali domanderanno ad essi, per il bene comune, non il loro Credo, ma il loro aiuto. FINE
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