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37. L'attesa impaziente sta per terminare.
Due giorni dopo, la gnà Maricchia accorreva in camera del vecchio coi capelli sciolti sulle spalle, agitando le braccia. Si pettinava vicino alla finestra quando udì stridi che la fecero trasalire.
«Sono arrivate! È buon augurio! Sono arrivate!»
«Chi?»
«Le rondinelle, nonno! Sono arrivate!»
Il vecchio si rizzò a sedere sul letto; quell'avviso sembrava di buon augurio anche a lui. E volle alzarsi per vederle.
Erano quattro, posate sulla piccola grondaia dell'abbaino, quasi fossero stanche del lungo viaggio.
Di tratto in tratto aprivano le ali, volavano in giro attorno al tetto, penetravano dentro dov'erano i nidi abbandonati nell'autunno dell'anno scorso, uscivano festose e tornavano a riposarsi sulla grondaia, gorgheggiando sommessamente. Parevano liete di rivedere il luogo, di aver trovato tutto come lo avevano lasciato, di ringraziare, con quel sommesso gorgheggio, per l'ospitalità che ricevevano.
Poi ne sopraggiunsero parecchie altre accolte allegramente dalle prime arrivate.
«Le invitano a vedere la loro casa. Ci sarà posto anche per esse», diceva la gnà Maricchia. «Sembra che si confidino qualche cosa».
Non sapevano lei e il nonno staccarsi dalla finestra, quasi le rondinelle facessero parte della famiglia.
Come non pensare che aveva influito il loro buon augurio, se quello stesso giorno, verso sera, arrivava il telegramma di Menu?
La gnà Maricchia, piangendo dalla gioia, si buttò ginocchioni davanti a un'immagine della Madonna.
«Vi ringrazio, bella Madre Santissima!»
E, a desinare, le pareva di vedersi davanti i figli, seduti al loro posto come una volta. C'era mancato poco che non avesse già preparato tre posti per essi.
La casa era piena di vicine venute a congratularsi.
«Non dovreste lasciarli ripartire, gnà Maricchia!»
«Ora lo zi' Santi non può badare alla campagna».
«Che rimanga qui almeno Stefano».
«Sì, là guadagnano danari; ma avete visto lo Scarso? Ha abbandonato la povera moglie, l'ha fatta impazzire».
«Non si riconosce più la disgraziata!»
«Sabato prossimo, han dovuto andare a prenderla alla ferrovia; voleva partire per la Merica!»
«Parliamo di cose allegre! La gnà Maricchia pare ringiovanita».
«Chi sa quante belle cose vi riporteranno, gnà Maricchia».
Facevano un passeraio. Era un via vai. Alcune, le più intime, entravano nella camera dove lo zi' Santi stava ancora a letto.
«Il Signore vi ha fatto la grazia, eh?»
«Come vi sentite?»
«Dolori? Cosa da nulla. A me mi rodono le ossa, e sto in piedi. Quando non c'è febbre...»
«Ci sono gli anni, comare Pina! » rispondeva lo zi' Santi.
Aveva nella voce una dolce malinconia. Era più dimagrito, più pallido del solito; e la barba non rasa da parecchi giorni lo faceva apparire più sofferente che non fosse. Gli occhi però gli brillavano sotto le folte sopracciglia; ogni volta che qualcuna delle vicine nominava Menu, egli sentiva un breve sussulto per tutta la persona.
Entrò lo Sciancatello che doveva andare incontro agli arrivati alla stazione.
«Abbracciateli e baciateli per me».
«Se volesse venire anche la gnà Maricchia».
«No, no; lasciatela stare. Partite subito. Meglio aspettare che farsi aspettare. Passando, dite a mastro Taddarita che venga a farmi la barba».
Le ultime ore di attesa gli sembravano secoli.
E quando fu in piedi, vestito da festa, raso, si mise alla finestra, con gli occhi alla via, laggù, donde dovevano spuntare i nipoti, scesi in Piazza del Mercato dalla carrozza postale.