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Oh, la patria!
40. Eh... la patria è sempre la patria.
Santi era impaziente di rivedere il fondo della Nicchiara riscattato col suo lavoro.
Sarebbe stato troppo strapazzo pel nonno e per lo zio il fare, a dosso di mulo, il lungo tratto di cammino da Ràbbato fin là. Menu propose di andare in carrozza. Arrivati al punto dove la viottola cominciava a salire, nonno e zio non avrebbero sofferto molto montando a cavallo. I due fratelli e la mamma — Menu aveva voluto che vi andasse anche lei — avrebbero fatto comodamente la salita a piedi.
Attraversando le strade del paese, don Paolo Lamanna mandava esclamazioni di gioia riconoscendo una casa, una chiesa, un monastero di monache rimasti tali e quali li aveva lasciati quasi mezzo secolo fa. Ma quante altre cose trovava mutate! E ricordava nomi, persone, famiglie... Tutti morti!
«Qui era la vecchia spezieria Raia, coi panciuti barattoli di ceramica con le etichette azzurre!... Qui la bottega da sarto di mastro Fortunato... Là la merceria dello Storto, che era storto davvero».
Provava una sensazione triste nel vedersi guardato con curiosità o salutato da ignoti; e trasse un profondo respiro quando uscirono in piena campagna.
Anche là quanti cangiamenti! Le viottole polverose in estate, impraticabili in inverno erano sparite per dar posto allo stradale che serpeggiava tra le colline come un largo nastro bianchiccio. E sulle colline, villette, case rustiche a due piani, casette nuove nascoste tra gli ulivi... In un punto, una vivace esclamazione gli sfuggì.
«La cappelletta di San Giuseppe!»
Quasi avesse incontrato una cara persona.
Santi, a cavallo della mula baia, e Menu sulla vecchia storna trottavano ai fianchi della carrozza.
Don Paolo, appena arrivati lassù, si era fermato davanti alla casa rustica intonacata in rosso:
«Si è ripulita anch'essa!» esclamò. «Ricordo: era quasi un pagliaio, bassa, con i muri di pietra e gesso e il tetto così inclinato che sembrava dovesse da un momento all'altro scivolare giù. Là c'era la piccola bica della paglia e, accanto, un fico contorto che produceva certi borgiotti grossi così».
«È seccato dieci anni fa», disse lo zi' Santi.
«Ho gli innesti nel mio fondo», soggiunse lo Sciancatello che era venuto ad incontrarli.
«Avevo, vicino a Bucarest, una villetta; ma ogni volta che andavo colà, mi venivano davanti agli occhi la casetta e la bica di paglia e il fico contorto di qui, e sospiravo pensando: "Chi sa se li rivedrò più". Sempre! Sempre!»
«E i merli?... Sono scappati via, zi' Carmine?» disse Menu.
«Li ricordi ancora?» rispose lo Sciancatello.
La gnà Maricchia era entrata nella casetta per disporre la tavola. Si era affaccendata il giorno avanti a preparare la colazione e il desinare.
«Vi contenterete, zio?» aveva detto. «Noi mangiamo alla contadinesca, all'antica».
«Ah, il vostro buon pane di grano! Non so saziarmi di mangiarne quasi fosse un dolce», rispose don Paolo.
«Impastato con le sue mani di buona massaia», soggiunse lo zi' Santi.
E mentre i due fratelli, seduti davanti a la porta, rievocavano i loro ricordi, e Menu aiutava la mamma a levare dalle bisacce i fagotti portati da Ràbbato, Santi traeva in disparte lo Sciancatello.
«Sentite, zi' Carmine. Vorrei proporvi... Non ve l'abbiate per offerta... Senza stima, quanto vorrete voi... perché, un giorno o l'altro, non caschi in mano di un malo vicino... Voi potrete rimanere come mezzadro, se vi fa piacere... Non ve l'abbiate per offesa».
«Offesa di che?... Anzi! Se ti dicessi che non mi dispiace direi una maledetta bugia. Non ho figli, non ho nessuno. A patto di godermelo sino alla morte... Ogni zolla, ogni albero, ogni sasso, come se sentissi attaccati ad essi brani del cuore... Era passato per testa anche a me: "Meglio ai Lamanna che ad altri!" Ma non avevo coraggio di farti la proposta».
«Ve l'ho fatta io. Senza stima, quanto vorrete... Potremo andare dal notaio domani. Fra persone oneste si pratica così».
«Ma tu, ho inteso dire, vai via di nuovo».
«Chi lo sa? Ho trovato il nonno molto giù. Anche la mamma mi è parsa invecchiata di dieci anni».
«E Stefano?»
«Ah! Quello là...»
Santi si sentì stringere il cuore al ricordo del fratello; vedendo però che lo Sciancatello lo guardava maravigliato soggiunse subito:
«Vuol guadagnare ancora, ma tra qualche anno tornerà anche lui. Non vorrei lasciarlo solo... Chi lo sa però?»
«Tuo nonno, tua madre hanno bisogno di te. C'è Menu, è vero. Dice che era ben situato...»
«Sì, sì, potrebbe farsi una bella posizione.. Ma è troppo ragazzo. Questo mi dà a pensare... Dunque, zi' Carmine? Dite una parola francamente».
«Per non aver scrupoli né tu né io, rimettiamoci al perito».
«Ed io farò un'aggiunta, per ringraziamento. Qua la mano. Come se tutto fosse già messo in carta bollata, davanti al notaio».
I due fratelli non finivano di ricercare ricordi. Don Paolo, di tratto in tratto, raccontava qualche triste avvenimento dopo la sua fuga da Palermo, quando aveva dovuto errare di qua e di là per la Grecia, per la Turchia, facendo tutti i mestieri per guadagnarsi da vivere alla giornata.
«E noi», diceva lo zi' Santi, «che non ricevevamo nessuna notizia!»
La mamma piangeva: «Chi sa dove ha chiusi gli occhi, povero figlio».
Santi e Sciancatello si accostavano:
«Siate testimoni», disse lo Sciancatello ridendo, «che questo mariolo qui mi ha rubato il fondo, lasciandomi nudo e crudo».
«Come mai?» domandò don Paolo. «Un fondo non si mette in tasca come questa tabacchiera».
E offerse una presa allo Sciancatello.
«L'ho fatto per voi, zi' Santi, per voi gnà... Maricchia... A tavola? Subito... Vi ho legati qui vostro nipote e vostro figlio. Che volete ora ch'egli vada cercando nella Merica? Ha qui la sua terra da coltivare».
Lo zi' Santi si rizzò da sedere.
«Sì, nonno», disse Santi. «Sì, mamma! Ho riflettuto in questi giorni... Rimango a Ràbbato!»
«La patria è sempre la patria!» esclamò don Paolo.
«Rimango anch'io!...»
Menu pronunziò queste parole con tal enfasi di gioia che fece ridere tutti. E continuò gesticolando.
«Voglio essere siciliano, italiano, non americano bastardo!... Sapete che farò, nonno? Prenderò la patente di maestro di scuola. Me lo ha consigliato il mio maestro di quarta. Insegnerò un po' di americanismo qui: la gran volontà, il grande amore al lavoro. Ah, se la miseria non scacciasse via i nostri paesani!... Finirà anche questa».
In un anno e mezzo di vita nel fervido affaccendamento di New York quel ragazzo sembrava diventato uomo maturo.
E fu un abbracciarsi, un baciarsi come se tutti si fossero inattesamente trovati insieme per la prima volta.
«Su, a tavola!» gridò lo Sciancatello.
Santi e Menu, rimasti indietro, si guardarono negli occhi e s'intesero. L'immagine dell'assente li turbò.
«È pentito; lavorerà, tornerà un giorno anche lui!» sussurrò Santi all'orecchio di Menu, che assentì con un cenno della testa e ripeté internamente:
"È pentito, lavorerà, tornerà un giorno anche lui!"
«Ah, par di sognare!» ripeteva don Paolo Lamanna. E rivolto ai due "americani" soggiungeva: «Eh? La patria... è sempre la patria!»