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VII.
Come il canonico aveva previsto, il figlio del Sindaco (non lo chiamavano altrimenti, quasi il nome di Paolo Jenco fosse stato più lungo a pronunziare) si era accostato a miss Elsa appena ella aveva fatto pochi passi nella piazzetta.
- Ah! Non è partito? - esclamò meravigliata, porgendogli la mano.
- Fortunatamente, no, signorina!
- Volevo dire: Come mai non è partito?
- Indugerò ancora un'altra settimana. Sarei venuto al cottage a congedarmi.
- Don Liddu, voi potete andarvene - disse miss Elsa. - Mi fermerò un po' dal notaio.
- Oh, non abbiate paura! - soggiunse la signorina che aveva capito. - Avrò un cavaliere, caso mai... Don Liddu non sa ancora capacitarsi che una signorina possa permettersi di fare qualche miglio per la campagna, sola sola... - ella continuò rivolgendosi al giovane.
E rideva.
- E se suo papà mi domandasse... - disse don Liddu per scusarsi.
- Non vi domanderà niente - rispose miss Elsa. - Mio padre vuol saperlo soltanto da me quel che faccio o non faccio. Non ho segreti per lui.
- Povero don Liddu! Va via mortificato - disse Paolo Jenco, senza nascondere il piacere che sentiva di poter accompagnare miss Elsa.
Ella si avviò lesta e sorridente verso la Banca notarile, seguita dal giovane che la guardava ammirandola in silenzio.
- Cara signorina, io la ringrazio - disse il notaio La Bella venendole incontro.
- Debbo ringraziarla io invece - rispose miss Elsa. - Ma non vi è un ospedale qui? Quella poveretta è malata gravemente; a casa manca di tutto; non ha chi l'assista. I suoi figliuoli sono troppo bambini.
- Sì, l'ospedale c'è; nessuno però vuole andarvi, neppure i più miserabili. Credono che medici e infermieri li lascino morire, per sbarazzarsene; ed è pregiudizio invincibile. Forse interamente non hanno torto. Quell'amministrazione è un caos!
- Ne parlerò a suo padre che è il Sindaco - disse miss Elsa.
- Inutilmente - rispose il giovane. - Bisognerebbe portar là i malati con la forza. Sarebbe peggio.
- O persuaderli col curarli bene.
- È inutile - replicò il notaio.
Il viso di miss Elsa si atteggiò a un doloroso stupore che la rendeva più bella.
- Il male di qui, di voialtri tutti - ella riprese - è questa rassegnazione mussulmana. Dite: - È inutile! - e non operate, non vi sforzate a vincere quel che vi sembra fatalità.
- È proprio così! - approvò il notaio.
- Eppure in molte altre cose avete tanta energia!
- Nel male - disse Paolo Jenco.
- Non è vero. Nel lavoro, per esempio, il vostro contadino è ammirabile. Così parco, così ubbidiente, quando è guidato bene! Così buono, quando non si vede maltrattato! I signori qui non capiscono che non dovrebbero comportarsi coi contadini come con schiavi da sfruttare. Mio padre dice che i contadini siciliani non hanno uguali.
- Li ha un po' viziati suo padre. Lo pensano tutti in paese.
- Ed io aggiungo - fece il notaio - che non gli sono molto grati.
- Sono ignoranti; è forse per questo. Ma non è colpa loro.
- E noi galantuomini siamo peggio. Certe volte, io mi vergogno di essere siciliano!
- Eccede! - lo ammonì miss Elsa.
Paolo Jenco scosse la testa, negando. - Riconoscere i propri difetti è già un bel passo - ella riprese. - Ma non basta. Lei che è giovane può far molto. Dia l'esempio di una vita nuova.
- Io? Ma io non posso niente. Mio padre non mi permette nessun'iniziativa. Ho ventitrè anni e mi stima ancora un bambino. Quando ne avrò quaranta, sarà lo stesso. La patria potestà è terribile tra noi, come presso gli antichi romani. Ribellarsi ad essa è atto pazzo quasi quanto sbattere la testa contro una parete di bronzo.
- È vero! È vero! - confermò il notaio.
- Educati a questo modo - riprese Paolo Jenco - noi perdiamo ogni energia. E quando, troppo tardi, siamo liberi di fare a modo nostro, continuiamo la tradizione. Ripetiamo, precisamente, quel che è stato fatto con noi. Ci vorranno secoli per mutarci.
- I secoli passano presto - disse miss Elsa, sorridendo.
Un ragazzino, coperto malamente da quattro stracci, si era avvicinato e stava ad ascoltare con le mani dietro alla schiena, gli occhi neri spalancati, intenti alla bella signorina, che l'osservava di sfuggita - se n'era accorto - e che parlava una lingua di cui egli capiva soltanto poche frasi.
- Vuoi venire, laggiù, da me? Ti farò il ritratto - gli disse miss Elsa. - Bel tipo arabo! - soggiunse rivolta a Paolo, senza attendere la risposta del ragazzino - Vuoi venire?
- Quando? - egli domandò.
- Domattina.
- Che ne farò del ritratto?
- Quello lo terrò io; ti regalerò un vestito; la tua mamma te lo adatterà. Hai la mamma?
- No.
- È morta?
- Chi lo sa?
- Sua madre è in carcere, per falsa testimonianza - spiegò il dottore vedendo lo stupore di miss Elsa a quella risposta.
- Poverino! Hai il padre però.
- È in prigione anche lui, per omicidio, e non ne uscirà vivo probabilmente - soggiunse il notaio.
- E gli altri parenti? domandò miss Elsa.
- Non ho nessuno - rispose il ragazzo.
- Come vivi?
- Cara signorina, - disse il notaio - ci vuol così poco per vivere nella sua condizione e alla sua età!
- Perchè non lo mettono in un asilo di orfani? Può essere calcolato per tale. Qualcuno dovrebbe occuparsene.
- Ma ce n'è venti, trenta, cinquanta nello stesso caso! Che vuol provvedere? Mancano i mezzi.
- Verrai domattina? - tornò a domandargli miss Elsa con voce intenerita dalla commozione.
- Eccellenza, sì.
- Perchè ti sei accostato a noi? Chi t'ha detto: - Va'ad ascoltare quel che dicono?
Afferrato improvvisamente per un braccio e colto alla sprovveduta da questa domanda di Paolo, il ragazzo si smarrì, e balbettò:
- Me l'ha detto... me l'ha detto... Nessuno me l'ha detto - poi si corresse, accigliato.
- Chi te l'ha detto, sì? Non esser bugiardo
- Il dottor Medulla... - confessò il ragazzo piagnucolando sotto la forte stretta della mano che lo aveva agguantato.
- Oh! - esclamò miss Elsa, indignata. - E perchè?
- Per niente signorina; perchè quel signore non ha altro da fare... e perchè...
- Il perchè lo so io, notaio - lo interruppe Paolo Jenco che si mordeva le labbra, fremente.
- Adoprare un ragazzino per un atto così vile!... Non avrei mai creduto che il dottor Medulla fosse capace di questo!
- È un imbecille presuntuoso e vigliacco!
- Non si arrabbi, signor Jenco! - disse miss Elsa aggiungendo alla gentilezza delle parole la dolcezza d'uno sguardo che pregava.
- Senti, - proseguì Paolo - va' a rapportargli: Don Paolino diceva che voscenza è un buffone.
- No, - intervenne il notaio. - Non gli dirai niente. Sarebbe troppa soddisfazione per quel pettegolo. E vi andrebbe di mezzo la signorina. Non gli dirai niente, hai capito? - continuò rivolto al ragazzo - se no, ti darò quattro scoppole e quattro calci io.
- Niente,eccellenza, sì; niente! Bella Madre Santissima!
- E domani andrai laggiù, dalla signorina Ti darà il vestito.
- Eccellenza, sì!
- Far fare la spia a un ragazzo!... Ma perchè?... Oh!
Il dolce viso di miss Elsa era diventato così severo e le sue rosee labbra si erano così scolorite, che il notaio sentì pietà di lei e stringendole una mano la confortava:
- Signorina, il mondo è cattivo!